Recovery Fund, uno stivaletto malese
di TELEBORSA (Guido Salerno Aletta)
Come prima, peggio di prima: anche la Solidarietà europea è “severamente condizionata”
“Ad ogni giro di vite, le ossa dei piedi del prigioniero venivano ancor più stritolate. Non gli si procurava solo un dolore insopportabile, perché il vero obiettivo della tortura era quello di rendergli impossibile la fuga: non avrebbe mai più camminato, se non appoggiandosi alle stampelle“. sembra un brano di Salgari, in una delle tante avventure ambientate nelle Indie lontane, che narra delle atroci sofferenza inflitte dai Pirati che applicavano una morsa di legno ai malcapitati che cadevano nelle loro mani.
Chi si era illuso sulla generosità della NGUE, che si trattasse di una Europa finalmente solidale, si deve ricredere.
Chi firma oggi si vincola per sempre: il Recovery Fund è un passaggio storico per l’Unione, così come lo fu ai suoi tempi il Trattato di Maastricht.
E’ in atto un processo di verticalizzazione del potere da parte di Bruxelles, che indirizzerà strategicamente e condizionerà politicamente ed amministrativamente una somma ingente e decisiva, perché è aggiuntiva rispetto ai bilanci statali ordinari.
Chi chiederà i Fondi europei del Recovery Fund non potrà più tornare indietro, perché i nuovi vincoli previsti per avere accesso si aggiungono a quelli già previsti dal Fiscal Compact: è chiarissimo in proposito il disposto dell’articolo 13, comma 3 della Proposal for a Regulation of the European Parliament and of the Council establishing a Recovery and Resilience Facility.
La Commissione verificherà che i piani di investimento e le riforme previste nel PNR di ciascun Paese siano coerenti sia con le condizioni poste dalla medesima Regolamentazione istitutiva del Recovery Fund, sia con le Raccomandazioni espresse dalla Commissione stessa in sede di esame dei bilanci ai fini del rispetto dei vincoli posti dal Fiscal Compact.
Tra l’altro, per ottenere l’accesso ai prestiti (loan) previsti dl Recovery Fund, che sono opzionali ed aggiuntivi rispetto ai trasferimenti (grant), si dovranno specificare in quali termini queste risorse aggiuntive che vengono richieste siano destinate a finanziare gli “ulteriori investimenti e le ulteriori riforme” rispetto a quelle già previste per ottenere i grant.
Ci sono poi le sanzioni: sono previste nel caso di non corrispondenza dei risultati ottenuti rispetto alle prospettazioni indicate nel PNR, e vanno dalla sospensione dei rimborsi sulle spese già anticipate dagli Stati al blocco dei nuovi stanziamenti. Sono sanzioni che si aggiungono a quelle pecuniarie che si applicano agli Stati che non rispettano i vincoli del Fiscal Compact.
La ragnatela delle condizioni da rispettare è impressionante, visto che occorre assicurare la coerenza dei Piani nazionali anche con gli obiettivi indicati nel:
- Documento sul Semestre europeo
- Strategia Annuale della Crescita Sostenibile
- European Green Deal – Action Plan
Mai in passato le politiche nazionali erano state così vincolate al rispetto delle strategie decise a Bruxelles, dietro alle quali ci sono i consueti interessi dei grandi gruppi industriali.
La transizione ecologica come quella digitale, dal Green Deal alla Smart Economy, sono un sistema per finanziare, in un modo o nell’altro, i soliti noti.
Come il MES, peggio del MES: ogni richiesta per il Recovery Fund, è un giro di vite.
Fonte: https://www.teleborsa.it/Editoriali/2021/02/02/recovery-fund-uno-stivaletto-malese-1.html
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