L’euro demolisce ponti e strade (con o senza i Benetton). Povera G…
di PAOLO BARNARD
Era esattamente un anno fa, l’agosto del 2017, e un prestigioso editorialista denunciava chiaro che “ponti e strade si stanno sbriciolando mentre le amministrazioni usano i fondi destinati alla manutenzione per, invece, tagliare i deficit”. Bruxelles richiedeva, insaziabile, di pareggiare i bilanci anche a livello locale.
Un ingegnere intervistato dal grande quotidiano addirittura tuonava: “Questa è una sirena d’allarme per l’intero Paese”, e il cronista aggiungeva “ed è anche un monumento alla crisi delle sue infrastrutture”.
Sì, esatto, si parlava proprio di G…………. no, non di Genova, di Germania, dove “una vastità di strade, ponti e palazzi pubblici sono in uno stato di degrado scioccante”. La parola usata fu “scioccante”.
E che non ci siano equivoci in partenza. Il più prestigioso istituto di studi economici tedesco, il Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung di Berlino, lo scrive nero su bianco: la Germania ha voluto l’euro per arricchire smisuratamente le sue elite, lasciando però nel degrado vaste porzioni del Paese. Fra cui proprio le infrastrutture ‘corrose’ dai tagli ai budget nazionali e locali. Lascia increduli leggere fra le pagine dell’istituto che “la Germania non solo vede un terribile abbandono delle infrastrutture dei trasporti e di quelle pubbliche, ma anche in quelle scolastiche”.
E, di novo, che non ci siano equivoci sul fatto che sono le regole dell’Eurozona a imporre i tagli più sciagurati alle infrastrutture tedesche. Sempre dagli studi del Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung di Berlino: “Il governo di Angela Merkel ha imposto nel 2007 il Pareggio di Bilancio per legge a tutte le amministrazioni pubbliche statali e municipali. Esse non possono più spendere a deficit in nessun caso… Ma questo è stato fatto ignorando totalmente la salute economica delle comunità tedesche, che devono obbedire a questa regola severissima anche se prive di mezzi, o addirittura in crisi nera”. E infatti il prestigioso quotidiano di cui all’inizio, che è il Financial Times, titolava così il pezzo: “Sempre più crepe nelle infrastrutture affamate di fondi in Germania”.
Pausa. Prima di continuare è doveroso però dar conto di una differenza fondamentale e, dopo il Morandi, da far accapponare la pelle, fra Berlino e Roma. Cioè: abbiamo detto che anche da loro le regole di Bruxelles stanno sbriciolando ponti, strade e muri, ma almeno da loro si agisce in tempo per la pubblica sicurezza. Il grande ponte di Leverkusen sul Reno, in uno dei centri industriali più produttivi della Germania, iniziò a mostrare crepe nel 2012 sotto il peso di un flusso enorme di Tir, 14.000 al giorno. Fu chiuso all’istante al traffico dei camion senza riguardo per il caos industriale che la disposizione causò. Riaprirà nel 2020. Lo stesso per un altro ponte enorme, sempre sul Reno, il Neuenkamp, che iniziò con crepe mentre si sorbiva almeno 100.000 veicoli al giorno: chiuso, con relativo panico per le aziende della Ruhr, ma chiuso. Mostrava “danni ai tiranti”… Vengono i brividi a leggere quella frase.
Ma l’Europa non perdona, e anche Angela Merkel deve imporre tagli selvaggi e ‘chemioterapia’ di qualsiasi spesa pubblica sul territorio, quando essa sia in eccesso di un deficit del… 0,35%, mentre oltre la metà del Paese ha infrastrutture scandalose. Il KfW, che all’incirca equivale alla nostra Cassa Depositi e Prestiti, stima che la Germania avrebbe bisogno urgente e come minimo di 126 miliardi di euro per strade, ponti e palazzi, ma c’è il veto firmato euro. Il partito SPD di centro-sinistra ha scritto in campagna elettorale: “Per troppo tempo la Germania si è fissata sul Pareggio di Bilancio e sulla riduzione dei deficit invece che sugli investimenti necessari, e questo è il risultato”.
Il meccanismo perverso è identico in Germania come in Italia: si vive nel terrore del debito, spiega ancora il Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung, e quindi “appena ci sono anche solo due soldi in cassa, gli amministratori tedeschi a tutti i livelli corrono a ridurre i deficit invece che a riparare le infrastrutture”. E’ per questo che io ho denunciato come disgustoso il gran proclama di Juncker dove l’UE tentava di discolparsi per la tragedia di Genova dicendo che stiamo ricevendo 2,5 miliardi di fondi europei per le infrastrutture dal 2014, e che abbiamo avuto da loro un ‘permesso’ di spendere 8,5 miliardi sulle autostrade. Certo, Juncker e UE versano 5 gocce d’acqua nel nostro lago mentre ci obbligano a prosciugarlo con un’idrovora, e poi ci dicono “Dove l’avete messa tutta l’acqua che vi abbiamo dato?”. Ipocriti criminali.
E intanto i bravi tedeschi del nord, che in termini relativi sono come il nostro meridione in Germania, soffrono disagi gravi in tutto, perché strade e ferrovie sono “in uno stato di degrado scioccante” e nessuno può spendere nulla. Nella Westphalia ci sono almeno 300 ponti a rischio, stanno andando in pezzi. Se poi si parla delle regioni meno industrializzate il quadro è disastroso, sembra che dagli anni ’70 nulla sia stato toccato, dicono all’istituto di Berlino.
Naturalmente sia Merkel (CDU) che Schulz (SPD), a fronte dell’insostenibilità di questo degrado infrastrutturale, ammettono che la spesa in effetti dovrebbe aumentare, ma… solo quando le amministrazioni hanno fatto bene i loro compiti ‘Eurozona’ a casa, cioè solo quando avranno dei surplus di bilancio… il che significa pagare le infrastrutture coi soldi di cittadini e aziende invece che usando l’investimento dello Stato (surplus di bilancio = gov. ti tassa più di quanto ti dà in spesa, e quindi spende i tuoi soldi invece che i suoi). Un trucco contabile indegno perché anche la Germania ha perso sovranità monetaria con l’euro, mica può fare come il Giappone che al momento del bisogno con case e strade devastate dallo Tsunami del 2011 ha stampato di sana pianta e a deficit 148 miliardi di dollari. Il ragionamento dei due leader tedeschi tenta di nascondere la verità: e cioè che l’ossessione imposta dalle regole dell’Eurozona sul dogma dei Pareggi di Bilancio ovunque è precisamente la causa del drammatico dissesto delle infrastrutture in Germania, la quale infatti, come scrisse il Wall Street Journal nel 2013, “si vanta di essere il modello per l’Europa come ordine nei conti, dimenticando però di dire che quell’ordine è venuto al costo di emorragie negli investimenti per le infrastrutture”.
E qui si chiude il cerchio. Ve l’aspettavate? G…, no, non di Genova, di Germania, con ponti e strade in pezzi. Il fatto che la loro encomiabile vigilanza abbia finora impedito tragedie come quella del Morandi non toglie assolutamente nulla alla scioccante realtà: nelle criminali regole economiche dell’Eurozona ci si deve svenare per un insensato libro di bilancio dove appaia la scritta “– 10 + 10 = 0”. Poi se palazzi, scuole, strade e ponti si disfano e la gente e le aziende della parte sfigata del Paese soffrono, o muoiono, chissenefrega. Anche in Germania, non solo a Genova.
Fonte: http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=2102
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