Le filodrammatiche dell’assistenzialismo per ricchi
di COMIDAD
Dopo i numerosi assist a Matteo Salvini, i media si sono decisi a dare una mano anche a Luigi di Maio, montando un caso su dichiarazioni “confidenziali” del portavoce del Presidente del Consiglio. Gli scontati attacchi al governo si sono espressi con le consuete sfide al buonsenso. Il presidente del parlamento europeo, Antonio Tajani, è arrivato a parlare di “purghe staliniane”, come se le eventuali rappresaglie contro i burocrati del Tesoro prospettate dal portavoce consistessero in deportazioni in Siberia e non in semplici trasferimenti ad altri uffici. Esagerazioni che hanno ancora una volta giovato al governo, che ormai lucra da mesi su questa massiccia propaganda ostile per accreditarsi come assoluta novità.
Che la dichiarazione contro i burocrati del Ministero dell’Economia e Finanze sia stata effettivamente diffusa violando gli accordi, oppure che il portavoce l’abbia “affidata” apposta confidando nella malafede di Lucia Annunziata, non è molto rilevante. È da notare invece che questo scontro tra governo e burocrazie corrisponde ad una certa narrazione “colta” sugli eventi contemporanei. I redattori della rivista “Limes” ci stanno intrattenendo sullo scontro tra gli eletti dal popolo e lo “Stato profondo”, il “Deep State”, con particolare riguardo alle sempre più tumultuose vicende dell’Amministrazione del cialtrone Trump.
Anche se, ovviamente, la rappresentazione offerta da “Limes” è suggestiva, qualche dubbio potrebbe sorgere. C’è infatti anche la possibilità che alla fine più delle divisioni e della sceneggiata degli scontri, funzionino i legami lobbistici, soprattutto della lobby della mobilità dei capitali. Le lobby non sono sette granitiche e centralizzate, ma cordate affaristiche che funzionano come fluidi vischiosi che permeano tutto, perciò si possono scorgervi le confluenze di interessi più inaspettate.
Tra le altre cose, oggi CialTrump è sotto tiro mediatico per il sospetto di aver attuato riciclaggio di denaro (gli Anglosassoni dicono: “lavaggio di denaro”) a favore di oligarchi russi. Ma per uno speculatore edile come CialTrump il riciclaggio è pane quotidiano da sempre. Per un riciclatore le sanzioni economiche e finanziarie costituiscono una manna dal cielo, poiché rendono indispensabile e particolarmente remunerativa la sua funzione. La contrarietà di CialTrump alle sanzioni contro la Russia potrebbe quindi essere solo di facciata, un atteggiamento da amicone su cui imbastire rapporti personali e di affari senza violare la sostanza dello statu quo sanzionatorio.
Di conseguenza anche lo scontro in Italia tra “rigoristi” e “spendaccioni” potrebbe essere un gioco delle parti. Non c’è bisogno di pensare a complotti, ci basta Pirandello. Se non ci fosse il costante ricatto dell’accusa di complottismo, chiunque si accorgerebbe che qualcosa non torna. Davvero i media sono così sprovveduti da pensare di poter screditare il governo opponendogli le icone desolanti di Tobias Piller e Carlo Cottarelli? E perché gli stessi media, se veramente vogliono far cadere il governo, non danno una manina al PD a liberarsi di Matteo Renzi? Perché anzi i media continuano a trattare Renzi come se fosse il padrone per diritto naturale del PD? Possibile che non si rendano conto di compiere in tal modo una pressione in un ambiente politico così influenzabile dal mainstream?
Potrebbe quindi darsi che la permanenza di un governo che faccia da capro espiatorio per l’aumento dello spread, non sia una prospettiva che dispiaccia a tutti gli operatori finanziari. Vi sono dei precedenti. Tra il 2010 ed il 2011 venne tenuto in piedi da Napolitano il governo di un Buffone di Arcore ormai in stato di avanzata decomposizione, solo per poterlo poi incolpare della schizzata in alto dello spread.
Per i semplici cittadini italiani il percorso all’acquisto di BTP è pieno di ostacoli, mentre il banchetto degli alti interessi è riservato soprattutto agli “investitori istituzionali”, cioè le banche, le assicurazioni ed i fondi di investimento, che mediano anche gruppi industriali. Tra gli investitori istituzionali in debito pubblico, il primato va a BancoPosta, come a dire Cassa Depositi e Prestiti, cioè lo stesso Tesoro, che di CDP è il principale azionista. L’ipotesi che le manovre sullo spread ed i relativi guadagni siano del tutto estranee ad un lobbying italiano, trasversale tra soggetti privati e soggetti istituzionali, non appare perciò molto realistica.
La balla che ci viene propinata da decenni è che il debito pubblico si sia gonfiato per pagare i costi del welfare. In realtà la lievitazione del debito pubblico e dei relativi interessi costituisce uno strumento per trasferire ai ricchi i proventi fiscali estorti dai redditi dei poveri. Si dice spesso che anche il ceto medio partecipa ai vantaggi del debito ed è in parte vero, ma gli alti interessi si lucrano solo sui titoli a lunga scadenza, che rimangono appannaggio degli “investitori istituzionali”.
La musica cambierebbe se il debito pubblico diventasse un prestito forzoso, un mezzo per pagare i fornitori della Pubblica Amministrazione, offrendo ovviamente in cambio la reciprocità di poter pagare le tasse con quei titoli ricevuti. La polemica antigovernativa invece continua ad accentrarsi sulla questione delle risorse che mancano, mentre invece bisognerebbe chiedersi che fine fanno le risorse che ci sono. Il famoso Decreto “Dignità” si è concretizzato in un miliardo di sgravi fiscali e contributivi alle imprese: un ulteriore esempio di assistenzialismo per ricchi. Che questi sgravi si risolvano in maggiori investimenti e maggiori assunzioni, costituisce pura illusione o pura propaganda. È più probabile infatti che gli imprenditori investano in finanza ciò che risparmiano sul fisco.
Fonte: http://www.comidad.org/dblog/articolo.asp?articolo=860
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