Santa Sede-Cina. Francesco Sisci (sinologo), “Pechino ha ammesso l’ambito religioso del Papa in Cina”
di MARX XXI (M. Chiara Biagioni)
Ringrazio Pasquale Cicalese per la segnalazione
24 settembre 2018
“L’essenza dell’accordo è una questione di principio su cui Pechino ha aperto le porte. Pechino ha ammesso l’ambito religioso del Papa in Cina. È una concessione che gli imperatori ai tempi dei gesuiti non avevano fatto, quindi è importantissima”. Francesco Sisci, uno dei maggiori sinologi, autori ed esperti di Cina, spiega così, in questa intervista al Sir, l’accordo provvisorio stipulato a Pechino sulla nomina dei vescovi. E a chi lo critica perché consegna la Chiesa al potere politico e disconosce il martirio di tanti cattolici cinesi fedeli a Roma risponde: “Non è vero”.
“Pechino ha aperto le porte”. l’accordo firmato con la Santa Sede è una “concessione che gli imperatori ai tempi dei gesuiti non avevano fatto”.Francesco Sisci è uno dei maggiori sinologi, autori ed esperti di Cina. Attualmente è professore all’Università del popolo della Cina. In questi giorni è difficile parlare con lui, travolto dalle notizie che arrivano dalla Cina e dalle richieste d’interviste e commenti. D’altronde è uno dei massimi esperti della storia dei rapporti tra Santa Sede e Cina. Nel 2016, Papa Francesco gli rilascia un’intervista, proprio sulla Cina, che uscì sul quotidiano on-line di Hong Kong, “Asia Times”. “Per me la Cina – disse il Papa in quella occasione – è sempre stata un punto di riferimento di grandezza. Un grande Paese. Ma più che un Paese, una grande cultura con una saggezza inesauribile”.
“Da bambino, quando leggevo qualcosa sulla Cina, questo fatto aveva la capacità di ispirarmi ammirazione. Provo ammirazione per la Cina”.
L’accordo “provvisorio” firmato a Pechino nel corso di un incontro tra monsignor Antoine Camilleri, sottosegretario per i rapporti della Santa Sede con gli Stati, e Wang Chao, viceministro degli Affari Esteri della Repubblica Popolare Cinese, punta dritto su una questione che da moltissimo tempo era al centro di faticose e sofferte trattative: la nomina dei vescovi, nel difficile rapporto tra Chiesa “ufficiale” e Chiesa “clandestina”. L’obiettivo della Santa Sede è chiaro: “Sostenere l’annuncio del Vangelo in Cina”. Francesco decide di riammettere nella piena comunione ecclesiale i rimanenti vescovi “ufficiali” ordinati senza mandato pontificio. Nella lista c’è anche un vescovo deceduto il 4 gennaio 2017, che prima di morire aveva espresso il desiderio di essere riconciliato con la Sede Apostolica.
È un annuncio storico. Un accordo che fino a pochi anni fa sembrava impossibile ma che oggi è diventato realtà grazie – così recita il bollettino della sala stampa vaticana – ad “un graduale e reciproco avvicinamento” tra le due parti. È il frutto di una storia lunga avviata nel 2007 da Benedetto XVI che preoccupato per la sorte dei cattolici cinesi inviò loro una “Lettera” esortando la piena comunione e il superamento attraverso “perdono e riconciliazione” delle divisioni. Con l’elezione di Papa Francesco, gesuita come Matteo Ricci e la mediazione del cardinale Pietro Parolin, i contatti si riattivano in maniera vivace e inaspettata. La Cina diventa per Francesco una priorità del suo Pontificato, spinto unicamente dal suo amore per i cattolici cinesi. È il Papa stesso a spiegare a Francesco Sisci come intende il processo di dialogo con la Cina: “Il dialogo non significa che finiamo con un compromesso, metà della torta per te e l’altra metà per me. Questo è quello che è accaduto a Yalta e abbiamo visto i risultati. No, il dialogo vuol dire: guarda, siamo arrivati a questo punto, posso o non posso essere d’accordo, ma camminiamo insieme; questo è quello che vuol dire costruire. E la torta rimane intera, se si cammina insieme”.
Professor Sisci, perché adesso? L’obiettivo pastorale della Santa Sede è chiaro. Ma cosa ha spinto la Cina ad un accordo con Roma?
Perché anche con Papa Francesco, la Cina si è resa conto che la Santa Sede è la super potenza soffice globale, quindi se Pechino ha ambizioni nel mondo, non può ignorare Roma.
Come rispondere alle critiche di chi dice che questo accordo consegna la Chiesa al potere politico e disconosce il martirio di tanti cattolici cinesi fedeli a Roma?
Che non è vero. L’essenza dell’accordo è una questione di principio su cui Pechino ha aperto le porte. Pechino ha ammesso l’ambito religioso del Papa in Cina. È una concessione che gli imperatori ai tempi dei gesuiti non avevano fatto, quindi è importantissima.
La Cina è un Paese fortemente messo sotto accusa dalle organizzazioni internazionali per le violazioni della libertà religiosa. Quali prospettive apre l’accordo per la libertà religiosa in Cina?
Questo apre a una maggiore libertà religiosa in Cina, naturalmente le sfide sono molte, le difficoltà pure. Dovremo vedere.
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