Superare Deng: Xi Jinping e il fiume delle Perle
di LIMES – BOLLETTINO IMPERIALE (Giorgio Cuscito)
L’area comprendente il Guangdong, Hong Kong e Macao è stata fondamentale per il lancio della politica di riforma e apertura nel 1978. Oggi la sua narrazione viene riscritta per marcare il legame tra il presidente e lo sviluppo economico della Cina.
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Questa analisi dà inizio a “Cina-Cine”, un ciclo mensile (interno al Bollettino Imperiale) di articoli dedicato alle aree geopoliticamente più rilevanti dell’Impero del Centro.
Il delta del Fiume delle Perle, che comprende la provincia del Guangdong e le regioni ad amministrazione speciale di Hong Kong (Hksar) e Macao (Msar), ha un ruolo essenziale nella geopolitica cinese.
Per almeno tre ragioni. Primo, è una delle zone economicamente più dinamiche della Repubblica Popolare. Un giorno diventerà un enorme agglomerato urbano, con il nome di “Baia allargata”. Secondo, comprende l’ex colonia britannica, che Pechino vuole inglobare nell’economia nazionale, smorzandone allo stesso tempo le pretese democratiche. Terzo, si affaccia sull’instabile Mar Cinese Meridionale, tappa obbligata dei flussi commerciali mondiali e possibile teatro di scontro tra Esercito popolare di liberazione (Epl) e Forze armate Usa.
Lo scorso ottobre, il presidente Xi Jinping ha ispezionato il Guangdong per convincere cittadini e imprese private che l’economia cinese si aprirà ulteriormente al mondo. Il suo viaggio ha ricordato quello realizzato qui da Deng Xiaoping nel 1992. In quell’occasione, il piccolo timoniere aveva promesso alla Cina e al mondo che la politica di riforma e apertura da lui lanciata nel 1978 sarebbe proseguita, malgrado la battuta d’arresto subita con gli eventi di piazza Tiananmen. Non poteva esserci luogo migliore per un simile discorso. Deng infatti usò il Guangdong come laboratorio di tutte le misure di sviluppo economico applicate poi al resto della Repubblica Popolare. Per questo, da trent’anni è la provincia che contribuisce di più alla crescita dell’economia cinese. Entro la fine dell’anno, il suo pil potrebbe superare quello della Spagna e della Russia.
A dicembre, la Repubblica Popolare celebrerà il 40° anniversario dall’inizio di quel cammino, che ha determinato l’impetuosa crescita del paese. Xi ha detto che, seguendo il percorso promosso da Deng, la Cina potrà compiere “miracoli più grandi”. Eppure, l’attuale presidente non ha ancora introdotto riforme tali da paragonarlo al piccolo timoniere, complici il rallentamento della crescita domestica, la guerra commerciale mossa dagli Usa e le resistenze interne al Partito comunista. Inoltre, Pechino non rinuncerà totalmente al controllo dell’economia, come si augurano in Occidente. Malgrado le rassicurazioni alle aziende private, Xi ha più volte ribadito la centralità delle imprese di Stato. La loro riforma, avviata lentamente lo scorso anno, predilige la partecipazione mista e non la liberalizzazione in stile occidentale. La Cina di Xi non è quella di Deng.
A prescindere dalla forma che assumerà la sua economia, il delta del Fiume delle Perle resterà uno snodo strategico della Repubblica Popolare.
Il Fiume delle Perle è uno dei tre più importanti corsi d’acqua della Cina insieme allo Yangtze e al Fiume Giallo. Il suo delta sfocia a Sud, nel Mar Cinese Meridionale, a metà tra l’isola di Hainan e Taiwan. I mercanti portoghesi e britannici approdarono sull’estuario via mare a partire dal XVI secolo. Da quel momento, la zona divenne un punto di contatto privilegiato tra l’impero cinese e il resto del mondo, con Guangzhou come porto di attracco preferenziale. Tre secoli dopo, la città divenne il fulcro delle Guerre dell’Oppio (1839–1842, 1856–1860), che diedero inizio alle invasioni delle potenze occidentali nell’impero. Queste obbligarono la dinastia Qing a cedere Hong Kong ai britannici e Macao ai portoghesi e ad aprire i porti cinesi all’Occidente. Complice l’influenza europea, il Guangdong divenne anche il centro dell’attività anti-imperialista alla fine del 1800, pochi anni prima del declino della dinastia Qing.
Sun Yat-sen, che fondò la Repubblica di Cina nel 1912, è nato in questa provincia, poi diventata la base del Kuomintang durante la guerra civile.
Negli anni Settanta, il delta del Fiume delle Perle era una zona prevalentemente rurale. Shenzhen era un villaggio di pescatori e Hong Kong era ancora una colonia britannica. Quando Deng lanciò la politica di riforma e apertura, il destino del delta cambiò. Furono create tre zone economiche speciali (zes) nel Guangdong (Shantou, Shenzhen e Zhuhai) e una nel Fujian (a Xiamen), poco più a Nord.
Le fonti ufficiali affermano che fu Xi Zhongxun – padre di Xi Jinping, epurato da Mao – a proporre lo sviluppo delle zes per stimolare la crescita e scoraggiare i cinesi a fuggire a Hong Kong. Tale elemento ha un ruolo chiave nell’attuale narrazione del Partito comunista. La scorsa estate, nell’esibizione realizzata al museo di arte nazionale a Pechino per i quarant’anni dell’anniversario della politica di riforma e apertura, spiccava un grande quadro di Xi padre mentre spiegava a Deng il progetto della zes di Shenzhen. Il dipinto, poi rimosso, faceva parte delle attività condotte dal Partito per ridimensionare il contributo del piccolo timoniere rispetto a quello di Xi padre e per determinare una connessione diretta tra il figlio e il percorso di sviluppo economico del paese.
Shenzhen è oggi il 3° porto per trasporto di container al mondo (Hong Kong e Guangzhou sono rispettivamente il 6° e il 7°) ed è considerata la Silicon Valley cinese. La città ospita uno dei poli tecnologici più importanti del paese, la sede dei giganti tecnologici Huawei e Tencent e un centro di ricerca e sviluppo della Apple. Per questa ragione, il delta del fiume delle Perle ha un ruolo fondamentale per la trasformazione della Cina in una superpotenza manifatturiera e nella competizione con gli Usa nel campo dell’intelligenza artificiale.
La restituzione di Hong Kong dal Regno Unito alla Repubblica Popolare nel 1997 ha certamente contribuito allo sviluppo del delta, ma lo ha anche reso essenziale per la tutela della stabilità interna. Sulla base del principio “un paese, due sistemi”, l’ex colonia britannica preserva alcune libertà politiche, economiche e sociali, ma una parte dei suoi abitanti pretende un vero e proprio sistema democratico in stile occidentale. Una richiesta inaccettabile per Pechino, timorosa che tale misura alimenti richieste simili nel resto del paese.
Il governo cinese ha le idee chiare su come ridimensionare le aspirazioni democratiche hongkonghesi. Bisogna inserire l’ex colonia negli ingranaggi economici della Repubblica Popolare, preservandone il ruolo di centro finanziario internazionale. Ciò spiega lo sviluppo della cosiddetta “Baia allargata”. Nell’agglomerato comprendente la Hksar, la Msar e nove città del Guangdong (Guangzhou, Shenzhen, Zhuhai, Dongguan, Huizhou, Zhongshan, Foshan, Zhaoqing e Jiangmen) scorreranno capitale umano, risorse e servizi. In tale ambito, rileva la costruzione del ponte Hong Kong-Macao-Zhuhai (il più lungo al mondo), inaugurato da Xi in persona a Zhuhai a ottobre. Pechino spera che un giorno la “baia allargata” costituisca un modello per l’auspicata riunificazione con Taiwan entro il 2050. L’obiettivo è arduo da raggiungere sia con la diplomazia sia con la forza: i taiwanesi non vogliono rinunciare alle proprie libertà e gli Usa non intendono permettere a Pechino di prendere il controllo di una risorsa così strategica nel Mar Cinese Meridionale.
Il Sud è una delle più importanti direttrici strategiche della Repubblica popolare e il Guangdong e Hong Kong sono il fulcro del Teatro di guerra meridionale dell’Epl. Questo, oltre a monitorare i confini con il Vietnam e il Myanmar, conduce le operazioni militari nel conteso Mar Cinese Meridionale, dove gli incroci pericolosi con le navi statunitensi sono sempre più frequenti. A ciò si aggiunga che questo Teatro è prossimo a Taiwan, anche se le attività concernenti l’isola sono sotto il controllo di quello orientale.
A ottobre, nel Guangdong Xi ha detto alle truppe di “prepararsi alla guerra”, intendendo che devono essere pronte ai potenziali conflitti del futuro. Pechino del resto vorrebbe coinvolgere maggiormente Hong Kong nelle attività dell’Epl. In tal senso, rileva il transito di truppe cinesi dirette sul suolo hongkonghese prima di partecipare a dei giochi di guerra. È probabile che, al netto del suo ruolo economico, la “baia allargata” svolga in futuro un ruolo sempre più importante anche in termini di sicurezza nazionale.
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