Escalation tra Russia e Ucraina e il pretesto della legge marziale
di IL MEDITERRANEO (Filippo Sardella)
Secondo stime ONU, il presidente della missione Fiona Frazer per il Donbass, ha dichiarato pochi mesi fa che “Durante il periodo di conflitto, dal 14 aprile 2014 al 15 maggio 2018, abbiamo registrato nel Donbass la morte di 3.023 civili, mentre altri 7-9 mila sono rimasti feriti”. Piuttosto che avviarsi ad una conclusione, lo scontro pare inasprirsi giorno dopo giorno, arrivando oggi al punto di schierare truppe ed invocare la legge marziale.
Ucraina e Russia, e nel mezzo due ferite sempre aperte: la Repubblica Popolare di Doneck e Repubblica Popolare di Lugansk .
Era pronosticabile del resto, che prima o poi sarebbe accaduto qualcosa che avrebbe portato la tensione tra i due stati alle stelle; complici forse i recenti anni di scontri in Siria e l’attenzione mondiale sul Medio Oriente, che la diplomazia internazionale sembrava aver dimenticato cosa stesse accadendo nel Donbass e nelle due repubbliche separatiste filo-russe.
L’insoluta situazione che si è creata al confine est ucraino, a fatto sì che in questi quattro anni di scontri, il governo di Kiev pur di piegare i ribelli non si è preoccupato di coinvolgere nel conflitto anche civili e obiettivi non militari, pur di far prevalere l’esercito ucraino sui separatisti. Secondo stime ONU, il presidente della missione Fiona Frazer per il Donbass, ha dichiarato pochi mesi fa che “Durante il periodo di conflitto, dal 14 aprile 2014 al 15 maggio 2018, abbiamo registrato nel Donbass la morte di 3.023 civili, mentre altri 7-9 mila sono rimasti feriti”.
Attualmente come spesso avviene in questi casi, nel gioco della parti ricostruire la vicenda con esattezza risulta impossibile, ovviamente i governi di Mosca e di Kiev cercheranno di imputare rispettivamente all’altro le colpe dell’incidente che è avvenuto la notte tra il 25 e il 26 novembre, anche se a prima analisi potrebbe risultare attendibile la versione dello sconfinamento ucraino.
Infatti, mentre da una parte Kiev ha denunciato che le navi da guerra russe hanno fatto fuoco su due imbarcazioni della propria Marina, al culmine di un’escalation che si è consumata intorno allo stretto di Kerch, che divide la penisola contesa dal territorio continentale della Federazione russa, i russi sostengono che le imbarcazioni ucraine abbiano sconfinato sul mar Nero.
Ma perché dovrebbero essere stati gli ucraini i possibili provocatori di una simile escalation? Le ragioni potrebbero essere riassunte come di seguito.
Innanzitutto, il mare di Azov, epicentro in cui è avvenuto il fatto, altro non è che una sezione settentrionale del Mar Nero, collegata ad esso solamente attraverso lo Stretto di Kerč. Il mare di Azov quindi risulta essere strategico per la difesa delle due Repubbliche separatiste di Lugansk e Donesk, in quanto il mare stesso bagna le coste dell’intera sezione occidentale dell’ucraina che reclama l’indipendenza; inoltre in quella sezione di mare si trova la base militare russa di Mariupol, che la Marina Militare del Cremlino reputa di fondamentale importanza per coordinare le intere operazioni sul mediterraneo.
Quindi, anche se lo sconfinamento di per sé è un atto provocatorio che non lascia gravi conseguenze tra due stati, basti pensare ai continui e (fortunatamente) impuniti sconfinamenti da parte di velivoli militari che si verificano quotidianamente nei cieli di tutto il mondo, in questo caso lo sconfinamento da parte della marina ucraina, come detto in precedenza, è avvenuta in una zona e di fondamentale importanza per i Russi e il Cremlino con l’arresto dei marinai ed il sequestro delle imbarcazioni ha voluto dare un segnale forte a chiunque pensasse che Mosca voglia desistere sulla questione relativa al Donbass.
Oltre a questo però, la condotta e la linea tenuta dal presidente Poroshenko sembra essere stata fin da subito quella di chi ha visto nell’escalation una propria opportunità politica, difatti non molte ore dopo, il governo ha deliberato di chiedere al Parlamento di dichiarare la legge marziale, come conseguenza dell’avvenuto incidente sullo stretto di Kerch.
Forse questo avvenimento potrebbe essere decisivo per poter finalmente completare il disegno secondo il quale si voglia fare dell’Ucraina uno stato militarizzato a guardia dell’Europa e del Mediterraneo pronto a levarsi contro la Russia. Ipotizzare che questa mossa da parte del presidente Poroshenko fosse stata premeditata in modo da annullare le prossime elezioni presidenziali, risulta essere un po’ troppo azzardata e fantasiosa, ma che egli voglia trarre il massimo vantaggio da una situazione di perenne conflitto con la Russia risulta essere un dato di fatto vista la celerità con il quale si è adoperato per voler dichiare la legge marziale.
Se bastasse però uno solo di questi avvenimenti per far precipitare le relazioni tra due Stati e voler imporre nel proprio paese il “governo dei militari”, cosa avrebbe dovuto fare la Russia quando lo scorso settembre Israele ha abbutto un aereo russo dentro lo spazio aereo siriano? O nel 2015 quando i militari turchi hanno abbattuto un altro aereo russo che bombardava i terroristi dell’ISIS? O come avrebbe dovuto agire il governo italiano nel caso dei due Marò, che furono reclusi ingiustamente per anni in India? O quando lo scorso 10 ottobre sono stati sequestrati dalle autorità libiche due pescherecci di Mazara del Vallo? O nei casi di sconfinamento da parte delle Gendarmeria Francese nel Nord Italia?
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