Operazione riuscita: c’è un nuovo Saddam Hussein in Sudamerica con tanto di sanzioni petrolifere e finanziarie.
Manca solo una risoluzione Onu «oil for food», cibo contro petrolio, per sfamare quei disgraziati dei venezuelani. Premesso che a decidere la vicenda non saranno le sanzioni occidentali ma forse le stesse forze armate, sulla stampa italiana e internazionale si scrive che a volere Maduro in sella è un fronte costituito da Russia, Cina e Turchia che difendono un dittatore e un modello illiberale di governo.
Vero ma non a caso: sono stati i clamorosi flop occidentali a spingere in questa direzione. Il più comico come spesso accade è il Corriere della Sera che si ritiene investito del compito di portabandiera della democrazia e dei liberal ma che in politica estera da anni non ne imbrocca mai una, dall’Iraq, alla Siria, alla Libia (ricordate gli articoli di Bernard Henry Levy?) perché sistematicamente difende le iniziative americane e occidentali in Medio Oriente, anche quando provocano il dissesto nazionale e internazionale come è avvenuto sulle sponde libiche e in Medio Oriente.
In un articolo si afferma che la Russia vuole legittimare e proteggere Maduro come Assad. Forse chi scrive non è mai stato in Siria e nella regione neppure una volta in questi anni. La guerra siriana, all’inizio una legittima rivolta contro un regime brutale, è presto diventata una guerra per procura contro l’Iran e i suoi alleati che Usa, Gran Bretagna, Francia hanno tentato di abbattere insieme alla Turchia e alle monarchie del Golfo favorendo l’afflusso di migliaia di jihadisti oltre il confine siriano.
Come modello di democrazia non sembra che i gruppi affiliati ad Al Qaida e poi all’Isis si siano dimostrati migliori di Maduro o di Assad. Il 6 luglio del 2011 l’ambasciatore americano Robert Ford passeggiava a Hama tra i ribelli dando il via alla fase internazionale del conflitto. Lo stesso ambasciatore Ford anni dopo si è amaramente pentito di averlo fatto per compiacere la signora Clinton, allora segretario di Stato. Per anni gli Usa e anche la nostra diplomazia hanno tentato di convincerci che quelli della Siria erano i ribelli «moderati»: come è andata finire lo sappiamo tutti, al punto che quei ribelli «moderati», oltre ai massacri in Siria, hanno ispirato gli attentati in Europa.
I liberal europei sono davvero dei fenomeni di lungimiranza. Oggi vorrebbero riaprire l’ambasciata a Damasco perché si sono accorti che il mondo arabo non solo ha accettato Assad ma ha fatto in patria contro i Fratelli Musulmani più o meno le stesse cose, come il generale Al Sisi del caso Regeni, che ha condotto un golpe al Cairo nel 2013 massacrando i Fratelli Musulmani, un tempo amati dall’amministrazione Usa di Obama. Eppure a questo generale che da anni ci mente spudoratamente su Regeni tutti oggi vendono armi a raffica e ora è stato persino “blindato” da Israele che lo sostiene in Sinai con l’aviazione.
Chiedetevi perché il premier Benjamin Netanyahu si è schierato contro Maduro e non avremo mai la verità su Regeni? Dobbiamo fare la guerra all’Iran e il Venezuela è stato troppo amico di Teheran in questi anni. Il fronte deve essere compatto contro gli ayatollah in vista della riunione anti-Iran del 13 febbraio in Polonia convocata dal segretario di Stato Mike Pompeo. Perché cito l’ambasciatore Robert Ford che in Siria nel 2011 incitava i ribelli alla rivolta?
Adesso gli Usa hanno ripescato dagli armadi degli orrori latino-americani Elias Abrams, nuovo inviato Usa per il Venezuela, un tempo assistente segretario di stato dell’amministrazione Reagan per i diritti umani negli anni ’80. Abrams appoggiava i dittatori degli Usa in Guatemala, El Salvador e Honduras nelle loro campagne di repressione, inclusi gli squadroni della morte. È stato anche coinvolto con l’Iran nell’operazione per armare i ribelli filo-americani in Nicaragua, il famigerato scandalo Iran-Contra. Per falsa testimonianza al Congresso venne pure condannato e poi graziato dal presidente Bush senior.
È con gente come questa che i liberal occidentali intendono portare la democrazia in Venezuela e magari, un giorno, pure in Iran.
Ma è noto che la democrazia dei liberal è a geometria assai variabile. Prendiamo Erdogan, citato dal Corriere come un dittatore. Ci accorgiamo di lui adesso che sostiene Maduro ma facciamo finta di nulla sui 50mila turchi in carcere, tra giornalisti, intellettuali, curdi e oppositori. In realtà qui in Europa su di lui siamo muti come pesci perché in cambio dei soldi dell’Ue si tiene in casa 3 milioni di profughi siriani.
E diciamo forse qualche cosa all’ineffabile principe Mohammed bin Salman, mandante secondo la Cia dell’assassinio di Jamal Khashoggi e massacratore, anche con le nostre bombe dalla Sardegna, di migliaia di civili in Yemen? Ma no, in Arabia Saudita si va a giocare la Supercoppa di calcio. È cosi glamour e liberal tifare con le donne saudite allo stadio. Tipi curiosi i nostri liberal. Vorrebbero intervenire in Venezuela ma non fanno nulla per far fuori i trafficanti di essere umani sulle coste libiche come del resto prevede la missione europea Sophia sotto comando italiano. Non sia mai che ci facciamo davvero male. Preferiamo pagare le milizie e litigare tra di noi se salvare o meno dei disgraziati in mare.
Sono singolari i nostri liberal. Tirano un sospiro di sollievo per l’accordo appena raggiunto tra Usa e Talebani che, ricordo, mozzavano le teste allo stadio di Kabul ma per loro oggi Maduro è peggio di Saddam Hussein. Non mi ricordo però di avere visto nessuno di questi presunti liberal nei conflitti devastanti che ho attraversato in 35 anni da inviato di guerra. E spero di non vederli mai.
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