Bergoglio, un elefante in una cristalleria
di LA CITTA’ FUTURA (Renato Caputo)
La condanna per pedofilia del cardinale George Pell, numero tre della gerarchia vaticana, non è un caso isolato, ma conferma il paradosso enunciato da F. Martel per cui la chiesa è una “delle più grandi comunità omosessuali al mondo” “è allo stesso tempo un’istituzione omofoba”.
Frédéric Martel, insigne sociologo e giornalista francese, ha da poco pubblicato un’opera molto significativa per far luce su uno dei diversi aspetti del cattolicesimo reale su cui generalmente si preferisce tacere. Anche perché, pure in questo caso, l’autore ha potuto verificare – intervistando mille e cinquecento prelati di oltre trenta paesi, fra cui quasi cento fra vescovi e cardinali – che, nonostante il suo scetticismo iniziale, la realtà superava ampiamente i più malevoli pregiudizi.
L’inchiesta sociologica, intitolata “Sodoma” e già pubblicata in venti paesi, in italiano dalla Feltrinelli, intende far luce sul vero e proprio paradosso per cui la chiesa cattolica, pur rappresentando una “delle più grandi comunità omosessuali al mondo”. è al contempo “un’istituzione omofoba” [1]. Tanto che Martel nega, acutamente, il pregiudizio che in Vaticano operi una lobby gay, in quanto “degli individui che insieme operano per una causa sono una lobby. Nella Chiesa accade il contrario: non c’è un piccolo gruppo che agisce, ma un grande gruppo che non agisce, una maggioranza silenziosa, il cui primo obiettivo è nascondere agli altri la propria omosessualità”.
Questo secondo e più profondo paradosso dipende dal fatto che, come ha ricostruito sapientemente da un punto di vista storico Martel, “quando l’omosessualità era proibita”, in molti paesi cattolici, “la Chiesa era un rifugio per gli omosessuali. Man mano che la società si è liberata e l’omosessualità è stata accettata, la Chiesa è diventata sempre più omofoba, per nascondere la propria omosessualità”. Quindi, dopo la rivoluzione sessuale realizzata grazie ai portentosi movimenti sociali della fine degli anni sessanta, anche nella chiesa “sotto Paolo VI c’è una diffusa omofilia, ma non praticata, la castità viene sostanzialmente mantenuta. Con Giovanni Paolo II c’è il degrado. Anche se, secondo Martel, quest’ultimo papa era a tal punto “assorbito dalla crociata contro il comunismo”, che “guardava altrove. Il vero responsabile, per esempio delle coperture nei confronti dei preti pedofili, è stato il cardinal Sodano, segretario di Stato vaticano. E monsignor Dziwisz, segretario particolare di Wojyla”.
Infine, “Con Benedetto XVI le cose impazziscono e contribuiscono alla sua decisione di dimettersi” e di ritirarsi a vita privata con il suo segretario personale padre Georg – che ha tra l’altro nominato prelato d’onore di Sua Santità e prefetto della Casa Pontificia – dapprima presso il Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo e, in seguito, nel Monastero Mater Ecclesiae [2].
Infine, l’attuale papa gesuita ha, naturalmente, “ereditato tutto ciò” e, secondo l’opinione piuttosto discutibile e assolutoria di Martel, “è intrappolato in un’organizzazione omosessualizzata e attaccato da cardinali conservatori omofobi, che vogliono nascondere la propria omosessualità”. Opinione alquanto assurda, in quanto non glielo ha certo ordinato il medico, né è stato il prodotto di uno oscuro destino il divenire e far di tutto per mantenersi sovrano assoluto e infallibile di una tale istituzione in cui sarebbe “intrappolato”.
Del resto, lo stesso Martel non può che constatare che il suo pontificato non ha prodotto cambiamenti degni di nota, tanto che la stessa famosa frase ad effetto pronunciata da sua santità “chi sono io per giudicare un gay?” non può che essere considerata dal sociologo “una formidabile formula gesuitica”, in quanto “risponde ad una domanda con un’altra domanda”. Ciò porta Martel a definire l’attuale pontefice “un papa ‘gorbacioviano’” in quanto “non vuole distruggere il sistema, ma ha capito che qualcosa va cambiato. E i ‘brezneviani’ – ovvero i conservatori – non lo lasciano fare”. Perciò, come osserva a ragione l’intervistatore vaticanologo, i “preti gay criticano Francesco e rimpiangono Ratzinger”. Anche questa è considerata a ragione da Martel una contraddizione solo apparente, in quanto mentre “con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI il sistema era organizzato e il codice chiaro: si è omofobi all’esterno, ma all’interno si fa quello che si vuole. Francesco è un elefante in una cristalleria, smuove tutto, un giorno è filo-gay e un giorno è anti-gay, a volte li vuole in seminario e a volte no. Questa condotta disordinata spaventa molti omosessuali alla ricerca di stabilità”. Del resto, la politica del nuovo papa mirante a una autoriforma del sistema, in definitiva, non appare credibile neanche a Martel, in quanto, come fa notare, la “Chiesa si trova in una situazione di morte cerebrale” e, perciò, “un aggiornamento integrale sarà necessario”.
Dall’inchiesta di Martel emerge che, a causa della quanto mai anacronistica regola del celibato e dell’assurdo e assolutamente innaturale voto di castità, i prelati debbano condurre una “doppia vita”, esponendosi a “ricatti” di ogni tipo, per mantenere le proprie relazioni omosessuali. Martel non sì è limitato ad analizzare le contraddizioni dei preti di provincia, che considera “le vittime (…) di un sistema che contribuiscono a mantenere”. Essi costituiscono la moltitudine che accetta le sofferenze di una doppia vita e non lascia la Chiesa in quanto o “non hanno alternative. Oppure perché questa situazione è conveniente”.
D’altra parte, a Martel non “interessano i singoli casi, ma il sistema, le fragilità e le sofferenze legate al celibato forzato”. Perciò, ha mirato a colpire il cuore del sistema, che definisce “Sodoma”, ovvero le alte gerarchie vaticane che si ostinano a difendere a spada tratta una dottrina sulla sessualità, come abbiamo visto, decisamente anacronistica e contraria alla stessa natura umana. Anzi, in modo ancora più ipocrita e paradossale, proprio nel settore più retrivo e reazionario del clero “ci sono stati sempre molti omosessuali”. Tanto che, come fa notare acutamente Martel, si tratta di una contraddizione non reale, ma apparente, in quanto in una tale istituzione retta da concezioni così assurde e contro natura, “più si è omosessuali, più si è omofobi, per cercare di nascondersi”.
Quindi, nonostante il numero sempre crescente di scandali che emergono e mettono sempre più in cattiva luce l’intera chiesa, la curia si ostina a difendere una concezione che letteralmente capovolge la realtà, considerando ciò che è naturale, ovvero l’omosessualità, innaturale, e ciò che è invece del tutto contro natura, ovvero la castità, naturale. In tal modo è impossibile, nonostante tutti i buoni, o più spesso ipocriti, propositi uscire da questa paradossale contraddizione.
Tanto più che è proprio questa concezione distorta di una “omosessualità non assunta, non riconosciuta” e, perciò, “repressa e sublimata”, che costringe non solo, come abbiamo visto, un significativo numero di prelati omosessuali a dover condurre una “doppia vita”, che non può che produrre “ipocrisia e schizofrenia”, ma fa sì che “l’80% degli abusi” sessuali di cui si sono macchiati membri della chiesa “è di natura omosessuale”.
La traduzione italiana del libro di Martel è uscita in una data emblematica, ovvero quando cominciava l’incontro in Vaticano promosso dal papa con i vescovi di tutto il mondo per discutere la questione pedofilia che, oltre allo scandalo e al discredito, rischia di mettere in discussione l’intero sistema colpendolo nel suo tallone d’Achille, ovvero l’aspetto economico. Le cause per risarcimento verso le migliaia di abusi regolarmente coperti dalle alte gerarchie ha portato, per non far fronte a pagamenti troppo ingenti, intere diocesi a dichiararsi fallite.
Quello che è certo è che il gran clamore suscitato da questo dibattito interno alla chiesa, ha prodotto un’autoassoluzione del sistema nel corso di una solenne celebrazione penitenziale, ma non solo non ha sciolto il nodo dell’obbligo di denunciare alla giustizia i colpevoli, ma non si è nemmeno lontanamente posto il problema di aggiornare l’assurda e innaturale concezione dell’obbligo di castità per tutti i membri del clero.
D’altra parte, uno dei più geniali intellettuali del nostro tempo, il filosofo Slavoj Zizek ha sostenuto, in un suo celebre saggio pubblicato in italiano da Mimesis con il titolo Il segreto sessuale della chiesa, che la pedofilia non è una disgrazia che ha colpito anche la chiesa cattolica, ma è qualcosa di intrinseco allo stesso cattolicesimo. Qualcosa di interno alla sua organizzazione ecclesiale e, ancora prima, connaturato al suo stesso apparato simbolico. Al punto che la tesi di Zizek è che la pederastia costituisca il reale grande mistero della Chiesa, uno di quei segreti il cui funzionamento spietato e implacabile è consentito proprio dal fatto di essere, in realtà, visibile a tutti. Tanto che Zizek sostiene che “la pedofilia dei preti (…) è iscritta in modo molto più profondo nell’identità stessa della chiesa come istituzione” (10) [3].
Zizek nel suo saggio mira a far emergere il “potere veramente pericoloso dell’ideologia cattolica: lungi dall’essere la religione del sacrificio, della rinuncia ai piaceri terreni, il cristianesimo offre un contorto stratagemma per indulgere nei nostri desideri senza doverne pagare il prezzo, per goderci la vita senza il timore che alla fine ci attendano la decadenza e il dolore”. Tanto che Zizek fa notare come “i preti (e, più spesso le suore), come mediatori e fornitori di servizi sessuali sono un elemento importante della mitologia cattolica sotterranea” (9).
A tale proposito, Zizek cita il cattolico critico Gary Willis che riporta l’attenzione su “‘una combinazione della rigidissima educazione sessuale della Chiesa (ad esempio sul fatto che la masturbazione è un peccato mortale di cui anche un singolo episodio, se non confessato, può spedire la persona all’inferno) e di una guida che può liberare la persona da un insegnamento inesplicabilmente oscuro grazie ad eccezioni inesplicabilmente sacre’”. Tale paradosso è così sviluppato da Zizek: “i preti pedofili non sono dei liberal, non seducono i ragazzi pretendendo che la sessualità gay sia salutare e consentita. Essi sostengono dapprima che il peccato confessato dal ragazzo (la masturbazione) è davvero mortale e poi, come procedimento in grado di ‘guarire’ propongono atti gay (ad esempio la masturbazione reciproca). (…) L’unico modo per vincere il peccato è attraverso un peccato più grande” (11).
In conclusione, si domanda retoricamente Zizek: “che cosa, dunque, ci consente di concludere che queste oscenità, questi crimini sessuali fanno parte dell’identità stessa della chiesa come istituzione? Non gli atti in se stessi, ma il modo in cui la chiesa reagisce quando vengono scoperti, il suo atteggiamento difensivo, il suo lottare per ogni centimetro che le tocca concedere” (12). In altri termini, “la chiesa come tale, come istituzione, deve anche essere indagata quanto al modo in cui crea sistematicamente le condizioni perché tali crimini avvengano” (13).
Note
[1] Questa e le seguenti citazioni sono tratte dall’interessantissima intervista rilasciata all’insigne vaticanologo Luca Kocci dall’autore di “Sodoma”, Martel, dal titolo “Il cortocircuito della Chiesa cattolica che vieta l’amore”, pubblicata ne “Il manifesto” del 22/02/2019.
[2] Notizie desunte da Wikipedia, cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Georg_G%C3%A4nswein .
[3] Questa e le successive citazioni sono tratte da Slavoj Zizek, Il segreto sessuale della chiesa, Mimesis, Milano-Udine 2010, che citeremo indicando la pagina fra parentesi tonde nel testo.
Fonte: https://www.lacittafutura.it/interni/bergoglio-un-elefante-in-una-cristalleria
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