Con la caduta di Baghouz finisce il Califfato ma non l’Isis
di GLI OCCHI DELLA GUERRA (Paolo Mauri)
Sono le ultime ore di vita del Califfato dopo che le Sdf, le cosiddette Syrian Democratic Forces, supportate dall’appoggio aereo della Coalizione a guida Usa, stanno portando a termine l’offensiva sull’ultima roccaforte di quello che un tempo era un vero e proprio Stato che si estendeva tra la Siria e l’Iraq su una superficie, alla sua massima espansione nel 2015, di 270mila chilometri quadrati (quasi quanto l’Italia) e vedeva assoggettata una popolazione di 11 milioni di abitanti.
L’ultima resistenza dei terroristi islamici che hanno insanguinato il Medio Oriente – e non solo – negli ultimi 15 anni si sta consumando nel villaggio di al-Baghouz, nella regione di Deir Ezzor.
Lo scontro finale
La battaglia è cominciata nella notte tra venerdì e sabato scorsi quando le forze dell’Sdf hanno cominciato a stringere nella propria tenaglia gli ultimi combattenti dell’Isis – stimati tra le 1000 e 1500 unità secondo fonti curde – nel villaggio di al-Baghouz circondandolo da cinque direttrici diverse.
Le milizie sono state supportate negli aspri combattimenti porta a porta dall’aviazione della Coalizione che ha effettuato alcune operazioni di bombardamento sul villaggio. Sebbene il portavoce dell’Us Army, colonnello Sean Ryan non abbia detto nulla sulla natura e sul numero delle incursioni aeree effettuate, i media libanesi vicini ad Hezbollah riferiscono che gli aerei alleati avrebbero usato anche munizionamento al fosforo bianco.
Al-Manar Tv, citando l’agenzia siriana Sana, riferisce che nella giornata di sabato è stato effettuato almeno un attacco con questo tipo di munizionamento su di una fattoria nei sobborghi di al-Baghouz.
Dopo quindi sei mesi dal lancio dell’offensiva finale delle forze della Coalizione sull’ultimo fazzoletto di terra raccolto intorno al fiume Eufrate, il sedicente Califfato Islamico sembra essere consegnato ai libri di storia.
L’attacco finale ha rischiato però di trasformarsi in un massacro: i report che giungono dal fronte indicano infatti che nell’area di Baghouz siano stati radunati circa 10mila civili che sono stati usati dai terroristi come scudi umani. Negli ultimi 38 giorni, come riportato dal Jerusalem Post, convogli umanitari hanno permesso alla maggior parte di essi di abbandonare il territorio ma gli ultimi terroristi rimasti hanno trattenuto almeno 24 ostaggi tra cui figurerebbero anche occidentali.
Nelle ultime ore, infatti, del migliaio di combattenti e fiancheggiatori ancora presenti a Baghouz, circa 800 si sono arresi, compresi 150 jihadisti. Attualmente sembra siano in corso trattative tra le Sdf e i terroristi per il rilascio degli ostaggi tra cui, secondo fonti libanesi non confermate, potrebbe esserci anche Padre Dall’Oglio, il gesuita scomparso in Siria nel 2013, ed il giornalista inglese John Cantlie.
Finisce il Califfato ma non l’Isis
Non bisogna però illudersi che il terrorismo di matrice islamica sia stato eradicato dalla Siria e dall’Iraq: il Califfato ha solo cessato di esistere come entità territoriale ma i suoi membri si sono semplicemente dati alla macchia quando non sono rientrati in Europa attraverso la “via del terrore” che passa dalla Turchia e dal Kosovo.
Dove non esiste più un fronte ma continuano ad esistere i combattenti si passa infatti a situazioni di guerriglia.
Proprio mentre le Sdf conducevano l’ultimo decisivo attacco contro al-Baghouz, i jihadisti hanno colpito, sabato all’alba, posizioni dell’Esercito Siriano ad al-Masasneh, a nord di Hama, partendo dai territori soggetti all’accordo di de-escalation firmato tra Russia, Turchia e Iran ad Astana a maggio del 2017.
Nell’attacco sono state riportate alcune vittime tra l’Esercito Siriano che ha risposto con vigore infliggendo numerose perdite ai miliziani dell’Isis sempre secondo il media libanese al-Manar Tv.
Quello che ci aspetta nei prossimi mesi, quindi, sarà un lungo confronto che vedrà coinvolte le milizie dell’Sdf e l’Esercito Siriano in una difficile e sicuramente dispendiosa campagna di pacificazione, che potrebbe anche portare ad uno stillicidio di uomini e mezzi se i terroristi dell’Isis riuscissero a continuare ad ottenere rifornimenti di armi da parte di entità statuali che vedono di buon occhio una guerriglia continua in Siria che tenga impegnate Damasco, Teheran e Mosca in un confronto asimmetrico di non facile risoluzione.
Gli Stati Uniti in questo oscuro futuro potrebbero avere ancora una parte non del tutto secondaria, considerato che il Presidente Trump ha sì annunciato il ritiro delle truppe dalla Siria ma nello stesso tempo ha riferito l’intenzione di voler lasciare un contingente che varia tra le 200 e le 500 unità – presumibilmente composte da forze speciali come i Ranger – appunto per le operazioni di peacekeeping.
Operazioni che però, potrebbero essere del tutto inefficienti senza che si risolva il vero problema della Siria, ovvero la ri-definizione di una o più entità territoriali sovrane – non necessariamente sotto Damasco – che possano fungere da catalizzatore del malcontento popolare dopo anni di guerra per metabolizzarlo e conquistare “i cuori e le menti” di coloro che hanno supportato non solo l’Isis ma la ribellione anti Assad. Un problema sottovalutato in Afghanistan dove il ritiro americano e alleato, e la decisione di trattare coi Talebani, rappresenta una disfatta dei piani di Washington e dei suoi alleati.
Fonte: http://www.occhidellaguerra.it/baghouz-califfato-guerra-siria/
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