Nella tana del lupo
di A. R.
In questi giorni sto seguendo un corso di aggiornamento sulla “Spending review” alla Luiss; nella “tana del lupo”. Il docente è ovviamente un liberale, altrimenti non potrebbe insegnare in quell’Università. Ieri, durante la prima lezione, ho ingoiato, molto pazientemente, diversi rospi senza fiatare. Oggi, dopo la terza volta che il Prof. ripeteva il vecchio mantra liberista: “lo Stato è come una famiglia”, dopo aver ossessivamente ed impropriamente tessuto le lodi di Einaudi e Guido Carli, dopo aver affermato che il debito pubblico è stato causato dalle cosiddette “finanziarie ominibus” e soprattutto che per farlo scendere occorre fare avanzo primario, sono esploso.
Ho posto al docente due semplici domande tra loro interconnesse: “Perché in Italia il debito pubblico è aumentato anziché diminuire, nonostante questa stia realizzando avanzi primari da più di vent’anni? Non è che per caso il debito pubblico sia cominciato a salire dal 1981, anno in cui la BC è diventata indipendente dal Tesoro, e quest’ultimo ha ceduto ai mercati la prerogativa di stabilire il tasso di interesse sui Bot? Lo stato, fino al 1981, si era sempre indebitato a tassi di interesse reali negativi potendosi permettere deficit a due cifre, al contrario i mercati hanno sempre preteso tassi d’interesse superiori all’inflazione, facendo esplodere il debito pubblico, il quale non scende nonostante anni ed anni di avanzi primari realizzati”.
Il docente a quel punto ha ammesso che l’unico modo che uno Stato ha per abbassare il debito pubblico è quello di indebitarsi a tassi d’interesse inferiori all’inflazione, anzi ha perfino mostrato una slide contenente la formula matematica che dimostra in modo scientifico perché questo accade; ma poi ha immediatamente toccato il fondo facendo emergere in maniera palese tutta la malafede dei liberisti: secondo lui, infatti, lo Stato dovrebbe “ingannare” i mercati vendendo i bot sulla base di una previsione (errata) di inflazione. In altri termini si fa credere ai mercati che l’inflazione attesa è ad esempio dell’1% e si vendono di conseguenza i bot al 2%, quando poi in realtà l’inflazione è al 3%.
Gli ho ribattuto: ma non sarebbe meglio che lo Stato decidesse direttamente il tasso ponendolo al di sotto dell’inflazione? A quel punto sono riuscito a farlo inalberare: “lo Stato non può decidere nulla, è chi compra che decide il prezzo in base alla legge dell’offerta e la domanda”, ha tuonato! Mi sono semplicemente limitato a ribattere che prima non era così: lo Stato attraverso la Banca Centrale dipendente dal Tesoro era in grado di far scendere la domanda attraverso diversi strumenti (riserva monetaria imposta alle banche, acquisto diretto della BC di eventuali bot invenduti), influenzando il tasso o addirittura fissandolo per Legge (come avveniva con lo scoperto di Tesoreria). Sono finito sul libro nero; e ne sono orgoglioso!
Durante la pausa pranzo un altro discente (uno solo su circa quaranta corsisti) è venuto a manifestarmi il suo apprezzamento per i miei interventi; ne è scaturita una bella conversazione durante la quale abbiamo spaziato dall’economia mista al trentennio glorioso, dall’IRI al turbocapitalismo, dalla concorrenza alla Costituzione pluriclasse soppiantata dai trattati liberisti europei, mentre dei giovani studenti colpiti dai nostri “inusuali” discorsi (abbiamo pranzato nel bar interno della Luiss) ci guardavano alquanto perplessi e stupiti: “da dove sono usciti ‘sti due”, avranno pensato.
Dopo aver riscontrato una convergenza pressoché totale su queste tematiche, mi sono lanciato rendendo edotto il mio interlocutore circa l’esistenza del Fronte Sovranista Italiano ed invitandolo a leggere i nostri documenti programmatici. Mi ha detto che lo farà. Anche se ho capito che lui è una persona molto sfiduciata e purtroppo rassegnata. Come dargli torto…
Una volta rincasato, ho ripensato alla giornata di oggi elaborando la seguente riflessione:
– l’80% degli italiani è stato istupidito da giornali, dalla televisione e, più in generale, da trent’anni di pensiero unico liberista ed è completamente ignaro di quello che sta succedendo, o peggio ha una percezione completamente distorta della realtà. Vivacchia alla giornata, chiuso nel proprio individualismo, guardando soltanto l’orticello personale ed è privo di qualsiasi visione sociale, storica e men che meno politico-economica.
– Un 15% della popolazione è consapevole, ma al contempo sfiduciato, privo di stimoli reattivi e rassegnato.
– Infine c’è un 5% che non è solo consapevole, ma anche romantico.
Già, romantico! Perché soltanto un romantico può scegliere di dedicare una vita intiera ad una battaglia soltanto perché la ritiene giusta, pur sapendo che non ne trarrà alcun vantaggio personale (ma forse solo svantaggi). Una battaglia i cui frutti li vedranno, forse, i figli o, più probabilmente, i nipoti o, addirittura, i pro nipoti.
Eppure se non ci fossero i romantici non avremmo mai avuto i moti del 1820, quelli del ’48, il 1861, né uomini del calibro di Mazzini e, oggi, non ci sarebbe il FSI!
“Solo era un romantico, non un sognatore. Un sognatore è colui che spera per ottenere qualcosa. Un romantico è colui che spera contro ogni possibilità”. (David Trueba)
Una risposta
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