5 libri per capire l’ascesa cinese
di WIRED ITALIA (Raffaele Alberto Ventura)
Soldati al Museo della rivoluzione di Pechino. (foto: China Photos/Getty Images)
Dopo il tour europeo per siglare la Belt and Road Initiative, Xi Jinping e il suo paese sembrano non avere più limiti: ma come sono arrivati fin qui? Qualche titolo per comprenderlo
Xi Jinping ha appena terminato il suo tour europeo, accolto trionfalmente tanto da Giuseppe Conte quanto, oltralpe, da Emmanuel Macron. La Cina, a cominciare dal progetto della Nuova via della seta, sembra conoscere un momento di particolare ribalta globale: da dove nasce tutto questo? Rispondiamo – o proviamo a rispondere – con la seconda puntata della specie di rubrica settimanale di Raffaele Alberto Ventura, che ci indica 5 cose da leggere per capire meglio la riscossa della Terra di Mezzo.
Ignazio Musu, Eredi di Mao (Donzelli)
Sotto qualsiasi indicatore la si guardi – crescita del Pil, flussi navali, utilizzo di cemento, salari che hanno superato quelli di molti paesi occidentali – l’ascesa cinese appare colossale. Il fatto che l’opinione pubblica europea se ne sia resa conto così tardi è forse il primo sintomo della sua incapacità di capire dove sta andando il mondo: da un’altra parte. Capitalismo o socialismo? Al di là di ogni sterile discussione nominalistica, la Cina di oggi sembra avere compiutamente realizzato la rivoluzione burocratica che appare come unico inesorabile destino della civiltà industriale. Ignazio Musu racconta gli straordinari risultati ottenuti dall’economia cinese concentrandosi sui processi decisionali che l’hanno pilotata negli ultimi anni e dunque all’ascesa del primo tra i suoi fedeli burocrati, il presidente Xi Jinping. Salito al potere con una reputazione da uomo integerrimo e visionario, è stato l’artefice di innumerevoli riforme che sono andate a colpire precisamente il nodo centrale della corruzione.
Gloria Origgi, La reputazione (Egea)
Ultimamente si è parlato molto del progetto noto come sistema di credito sociale che associa un punteggio a ogni cittadino e a ogni azienda, in funzione della condizione economica, della fedina giudiziaria e di altri parametri, con il triplice scopo di combattere l’endemica corruzione, incitare comportamenti socialmente utili e controllare la popolazione. Più che la trama di una certa serie televisiva inglese che non vedete l’ora di citare pur essendo passata di moda circa cinque anni fa, questo programma sembra realizzare i sogni più spinti della sociologia novecentesca, che aveva appunto teorizzato concetti come quello di capitale sociale (di cui uno dei più grandi specialisti mondiali è il cinese Nan Lin), di status, di prestigio o più generalmente di reputazione. Il libro della filosofa Gloria Origgi è l’introduzione più chiara e completa a questo campo di studi, e ci mostra in che modo l’accumulazione e lo scambio d’informazioni su quello che siamo, o sembriamo essere, strutturi l’intero spazio sociale. Da meccanismo spontaneo e informale, nonché antichissimo poiché lo si trova fin dal kudos degli antichi greci, oggi sta diventando un perfetto strumento di ingegneria sociale.
Xi Jinping, Governare la Cina (Giunti)
Prima di acquistare questo volumone che raccoglie vent’anni di discorsi del presidente cinese, mi sono rivolto alla venditrice anch’essa cinese per informarmi sul contenuto. La sua risposta è stata una risata incontrollata e la domanda: “Ma lei lo vuole leggere davvero?”. Era evidentemente convinta che si trattasse di un libro da esposizione, utile per accumulare credito sociale con un superiore o con un cliente; ma accorgendosi presto del suo sbaglio (o intuendo che a quel gioco ipocrita bisognava giocare fino alla fine) ha iniziato a bofonchiare qualche osservazione di circostanza, tentando nel frattempo di capire con chi avesse a che fare: un sinologo, un imprenditore, una spia? Alla fine quel libro non solo l’ho comprato, non solo l’ho esposto nella mia biblioteca, ma l’ho anche letto.
Si tratta di una raccolta concepita direttamente dal Partito per essere tradotta in varie lingue occidentali, ed è dunque ovvio che non ci dice tutto: eppure ci dice molto. Quello che non racconta sono gli aspetti distopici del controllo sociale e della repressione delle minoranze. Quello che invece racconta è l’ambizione di leadership globale della Cina, che rivendica il progetto di costituire una gigantesca classe media — la società della “prosperità moderata” o “media agiatezza”, in cinese Xiaokang — dopo avere tirato fuori un miliardo di persone dalla povertà. Xi Jinping insiste sulla consapevolezza delle sfide ecologiche planetarie e rivendica l’operatività dei modelli teorici di matrice marxista-leninista a fronte di un Occidente sballottato tra i fallimenti del modello mainstream e le promesse sfavillanti del nuovo keynesismo. Perché la Cina, oggi, non è più soltanto una potenza economica, ma una potenza convinta di avere una missione storica da realizzare. Il tono, fermo e benevolo, vorremmo dire confuciano, è quello di chi non avendo più nulla da dimostrare intende finalmente presentarsi come guida e modello per un sistema-mondo uscito fuori dai cardini.
Giovanni Arrighi, Adam Smith a Pechino (Feltrinelli)
Non si può capire l’ascesa cinese se non la si inserisce in una comprensione più vasta dei cicli dell’economia mondiale. Dopo avere annunciato la fine del secolo americano fin dagli anni Ottanta e Novanta assieme ai suoi sodali del Fernand Braudel Center, nel suo ultimo libro Arrighi annunciava l’inizio di una nuova era. Non a caso si tratta di uno storico dell’economia formato sulla lettura dei classici del marxismo: un arsenale di ferri vecchi che si è dimostrato particolarmente efficace per prevedere che il nostro modello di sviluppo si stava incartando. Arrighi sostiene che l’esperienza del cosiddetto “socialismo con caratteristiche cinesi” sembra realizzare la visione formulata da Adam Smith nella La ricchezza delle nazioni, testo fondatore dell’economia politica: un mercato irreggimentato dallo stato, una forma nuova e più sostenibile di capitalismo. Una lettura ottimistica, forse troppo?
René Girard, Portando Clausewitz all’estremo (Adelphi)
Dopo aver teorizzato per tutta la vita la rivalità prodotta dalla somiglianza, dai classici della letteratura agli antichi miti, nel suo ultimo libro René Girard accennava al mimetismo tra cinesi e americani. Perché nell’inseguire lo sviluppo occidentale presto la Cina finirà per essere un’immagine speculare degli Stati Uniti. Così il filosofo azzardava una profezia che l’elezione di Trump ha in qualche modo reso plausibile: “Il conflitto avrà luogo. Avverrà nel momento in cui l’indifferenziazione tra i due avversari avrà raggiunto un punto di non ritorno”.
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