La religione del debito
di COMIDAD
Secondo la religione cristiana ogni bambino nasce con la macchia del peccato originale. Questa dottrina è stata aggiornata, infatti oggi in Italia, secondo la comunicazione mainstream, ciascun bambino nascerebbe sotto il peso di 3,5 milioni di euro di debito.
Il peccato è stato sostituito dal debito, mentre la parte di Dio è svolta dai “Mercati” (gli “investitori istituzionali”), i quali possono comprarti il debito solo se ti poni sulla retta via della penitenza e dei sacrifici umani, concetti riattualizzati come “risanamento dei conti pubblici” e “riforme strutturali”. È il “sentiero stretto” di Pier Carlo Padoan, che, non a caso, riecheggia l’immagine della “porta stretta” del Vangelo di Matteo (l’evangelista, non quegli altri).
Come ogni religione, anche quella del debito ha i suoi blasfemi ed i suoi bestemmiatori che, però, non cessano per questo di rimanere devoti. È un po’ la sorte dell’attuale governo “sovranista” che mentre mugugna, strepita e impreca contro la schiavitù del debito, non esita a vantarsi del fatto che i “Mercati” continuano ad avere fiducia in lui, visto che le ultime aste di titoli pubblici sarebbero andate benino.
La divinizzazione dei rapporti di dominio non rappresenta un mero accessorio subliminale della suggestione propagandistica; anzi, per l’attuale potere delle multinazionali del credito rappresenta una tendenza inevitabile. Una spiegazione parziale potrebbe essere che l’affermazione crescente della finanza ha condotto ad una crescente “de-territorializzazione” delle oligarchie attualmente dominanti.
Non si tratta neppure di oligarchie in senso tradizionale, ma di lobby che si aggregano attorno ad un business; lobby che “galleggiano” sull’economia dei vari Stati razziando privilegi e che hanno bisogno di un surplus di mistificazione per dissimulare la loro natura.
La conformazione sradicata, a ”bolle”, delle attuali oligarchie viene spesso sintetizzata con l’appellativo di “finanza apolide”, un potere finanziario cosmopolita in contrapposizione ad un potere nazionale e patriottico. Non si tratta di una visione nuova e neppure specifica della destra, dato che era riscontrabile nell’ambito del marxismo-leninismo dell’era staliniana.
Sarebbe interessante capire però se sia possibile che esista un potere che si caratterizzi davvero per il suo radicamento territoriale e popolare, Chi nei mitici anni ’60 e ’70 avesse detto che la DC e il PCI avrebbero potuto dissolversi al mutare degli equilibri internazionali, sarebbe stato preso per scemo. Alla DC ed al PCI si riservavano spesso critiche feroci e si contestavano colpe gravissime, ma nessuno avrebbe dubitato della profondità del loro radicamento territoriale e della solidità del loro apparato di potere. Poi invece l’inverosimile si è rivelato vero, come diceva Pirandello.
La DC è stata spazzata via ed in gran parte assorbita nei residui del PCI, a sua volta riconvertiti come burattini del lobbying sovranazionale, perciò il “radicamento” se ne è andato a quel paese. A conti fatti persino i gruppi dirigenti della DC e del PCI si sono dimostrati delle semplici bolle oligarchiche de-territorializzate. Negli anni ’70 quelle stesse bolle oligarchiche si erano largamente giovate di una suggestione religiosa attraverso l’enfatizzazione dei “martiri” del terrorismo, un martirio che, secondo il mainstream dell’epoca, rinsaldava col sacrificio di sangue la fede nella democrazia.
Sradicamento e autodivinizzazione sono quindi riflessi condizionati di ogni oligarchia, non solo di quelle sovranazionali. Certi meccanismi sacrificali di autoriconferma del potere si mettono in moto automaticamente, come si è visto in questi giorni col caso di una professoressa palermitana, letteralmente “messa in mezzo” in base ad un episodio irrilevante in cui, peraltro, la stessa professoressa non aveva svolto alcun ruolo. L’anno scorso anche l’altro Matteo aveva preteso il sacrificio di una insegnante alla propria maestà, mentre ora Matteo Salvini, forse per il timore di coprirsi definitivamente di ridicolo, sembra voler fare marcia indietro. D’altra parte l’artificiosità dell’emergenza migranti necessita dell’alone di drammatizzazioni altrettanto artificiose.
Se non esistono poteri davvero “laici” e davvero radicati nel loro popolo, allora le differenze tra i vari poteri non vanno ricercate sul piano qualitativo, ma quantitativo. Tutti i poteri mentono, ma il grado di menzogna necessaria al potere aumenta proporzionalmente alla diminuzione del reddito distribuito. Tutti i poteri tendono a divinizzarsi, ma l’alone sacrale sarà tanto più spesso quanto più artificiosa è l’emergenza su cui un potere si fonda.
La religione del debito è l’ovvia conseguenza della surreale artificiosità della situazione su cui si fonda lo strapotere della finanza, cioè la “scarsità di denaro”, una scarsità fondata sui tabù. Che senso hanno infatti banche centrali che non possono garantire il debito del proprio Stato?
Analogamente non ha senso che un governo cerchi di piazzare i suoi titoli pubblici presso gli investitori ad interessi crescenti e non decida invece usare quei titoli come mezzo di pagamento interno per i fornitori della Pubblica Amministrazione, salvo accettarli anche come mezzo di pagamento delle tasse. Una gestione razionale del debito pubblico è quindi bloccata da dei tabù che, in quanto tali, possono reggersi solo imponendo pratiche sacrificali.
Ci si è raccontato che i Maya e gli Aztechi compivano sacrifici umani per nutrire col sangue un sole che minacciava di estinguersi. Forse questa narrazione va presa “cum grano salis”, poiché i Conquistadores, che ce l’hanno propinata per primi, avevano tutto l’interesse a spacciarsi per i libertadores delle loro vittime. Certo è che questo Dio Debito che va nutrito col sangue dei sacrifici per non farlo esplodere, ricorda molto quella narrazione.
Fonte: http://www.comidad.org/dblog/articolo.asp?articolo=901
Commenti recenti