Whirpool Napoli. Caro ministro Di Maio, per fare politica industriale ci vuole una nuova IRI, ed un po’ di coraggio…
di SCENARI ECONOMICI (Guido da Landriano)
Whirpool, una multinazionale americana dell’elettrodomestico, cede e chiude l’impianto produttivo di Napoli con 430 esuberi diretti ed un altro migliaio nell’indotto, il tutto nonostante nello scorso ottobre la stessa società avesse firmato un protocollo al MISE per investimenti in Italia pari a 250 milioni e nessun taglio nella forza lavoro. Invece è successo l’esatto contrario: cessioni e chiusure.
La Whirpool non è nuova a queste mosse e solo nello scorso ottobre aveva licenziato altri 500 dipendenti chiudendo l’impianto di None. Tutta questa produzione, con puro spirito predatorio che contraddistingue queste multinazionali, viene spostato in altri paesi europei dove, anche grazie ai contributi comunitari pagati dai cittadini italiani, possono trovare minore costo del lavoro ed incentivi agli investimenti. Un problema di concorrenza fra fratelli che è il vero grosso problema di un’Unione che è solo una sorta di gabbia di belve sempre pronte a divorarsi fra di loro a favore della multinazionale di turno.
Per fermare Whirpool non serve fare dei patti o delle trattative: queste si concluderanno in un documento che il giorno dopo varrà meno della carta su cui è stato scritto. Per trattare con questi rapaci bisogna avere una politica di trattativa industriale precisa e quindi una politica commerciale. La prima serve a concludere accordi che abbiano senso e vengano rispettati nella coscienza che, nel caso vengano violati, vi saranno sanzioni a punire le trasgressioni. Quindi una politica industriale seria che, nei casi come quello delle Whirpool, possa far subentrare il pubblico al privato non solo per conservare i posti di lavoro diretti e nell’indotto, ma anche per conquistare quote di mercato interne proprio ai danni di chi ha violato i patti. Se domani a fianco della lavatrice Whirpool nei punti vendita vi fosse, ad esempio WN, identica alla precedente perchè costruita, alla fine, dagli stessi impianti, magari con un prezzo inferiore, secondo voi Whirpool sarebbe in grado di conservare le quote di mercato? Se la nuova WN partisse magari con commesse sicure In House per la fornitura della case popolari?
Una scelta di questo genere non richiederebbe solo mezzi finanziari, ma soprattutto una visione industriale dei settori che si ritiene necessario presidiare per le ricadute occupazionali, strategiche e tecnologiche, oltre che un certo grado di coraggio e di intraprendenza. Perchè ci vuole ben poco coraggio per rispettare, pedissequamente, i vincoli esterni, il 3%, o gli ordini che calano dall’alto: alla fine pagano sempre gli altri. Ci vuole invece coraggio per mettersi in gioco, soprattutto quando ad essere in gioco sono i posti di lavoro degli stessi concittadini.
Caro ministro Di Maio, lei è uno che prende gli ordini e rispetta solo il tre per cento, oppure è uno che vuole veramente fare politica industriale? Ora è il momento della verità e le parole stanno a zero.
Commenti recenti