La questione religiosa spacca Israele
di L’INTERFERENZA (Stefano Zecchinelli)
La questione religiosa sembra far esplodere lo Stato sionista: ‘’La Knesset è esplosa per la questione religiosa: il partito Israel Beitenu vuole che gli studenti degli istituti di teologia sottostiano alla norma generale e aveva presentato una proposta di legge in cui si definivano le condizioni di un periodo transitorio per obbligare al servizio militare gli studenti della Torah. La proposta era stata respinta dagli ultraortodossi’’ 1. Il primo ministro Netanyahu ha perso il sostegno del neo-nazionalista Lieberman, definito un ‘’killer’’ di governi. La maggior parte degli analisti – come anche il “moderato” Michele Giorgio de Il Manifesto – si muovono in questa direzione; Israele vede lo scontro fra religiosi e laici (tutto qui?). Leggiamo cosa scrive proprio Giorgio, su Il Manifesto:
‘’La ragione principale dello scontro si trascina da anni. Si tratta della riforma della leva obbligatoria, promossa da Lieberman, che vuole obbligare anche i giovani haredi, i religiosi ultraortodossi, a prestare il servizio militare. Fino a poco tempo fa gli studenti haredi per motivi religiosi erano esenti. Poi su pressione di Yisrael Beitenu e del partito centrista laico Yesh Atid sono state introdotte delle quote, tra le proteste di quei leader della comunità ultraortodosse che respingono con rabbia quella che ritengono una pratica volta unicamente ad integrare nel sistema sionista statale le nuove generazioni haredi. Ora Lieberman per entrare nella maggioranza vuole un’applicazione totale della leva obbligatoria, senza alcuno sconto, cosa che fa imbestialire i partiti haredi e ultranazionisti religiosi – Shas, Giudaismo unito nella Torah e l’Unione dei partiti di destra – che invece insistono affinché i giovani religiosi siano in gran parte esentati e si continui con il sistema delle quote’’ 2
Tutto giusto, ma il vero motivo dello scontro sta nella tripartizione del sionismo in quanto ideologia della borghesia imperialista del ventunesimo secolo. Di fronte al fallimento – prevedibile – dell’’’accordo’’ del secolo, il conflitto fra alcune delle fazioni della oligarchia americano-sionista era inevitabile. Chi è il nemico? Il sionismo, al momento, ha tre correnti interne.
- I jacksoniani: fa parte di questo gruppo il presidente Trump ed i suoi più stretti collaboratori. Secondo gli esponenti della borghesia USA è saggio rinunciare ai diritti in cambio di denaro. L’onore, valore sacro per arabi e persiani (e una volta anche europei), passa in secondo piano.
- I neoconservatori dell’Alt Right: ai vertici della piramide sciovinista troviamo Steve Bannon, Lieberman ed alcuni leader del populismo neoliberista. I neo-nazionalisti dell’Alt Right vorrebbero staccare Russia e Siria dall’Asse della Resistenza, dichiarando guerra al mondo musulmano compresa la Confraternita dei Fratelli Musulmani. Il nemico principale dell’Alt Right è l’Iran e, di riflesso, la Repubblica popolare cinese. Il guru Bannon, in polemica con Trump, non ha mai scartato l’ipotesi di una aggressione militare. Tutt’altro.
- I sionisti religiosi: è una corrente guidata dai fanatici religiosi (principalmente rabbini e predicatori evangelici), il clan Clinton, Netanyahu e lo Stato profondo americano-sionista. Il loro obiettivo è di trasformare la Palestina in una provincia israeliana. Il conflitto razziale e razzista fra arabi e persiani, secondo la cerchia di Netanyahu, sarebbe l’anticamera per una guerra contro la Federazione russa, obiettivo ultimo del clan Clinton. Al di là delle sconfitte elettorali, l’imperialismo cosmopolita rimane la fazione più aggressiva.
Per Trump e Kushner si tratta di affidare alle dinamiche del capitalismo il compito di strangolare Iran, Palestina e Cina. Lo ha capito benissimo il giornalista Israel Shamir: ‘’Per quanto mi riguarda, non sono contento di questa convergenza. Adoravo la vecchia Palestina dalle case in pietra circondate dai vigneti, i contadini palestinesi sempre impegnati a prendersi cura dei loro ulivi e delle loro fonti. Punto. A Dura al-karia, un incantevole villaggio dalle fontane meravigliose, i campi sono abbandonati. I figli dei contadini lavorano sodo negli uffici governativi di Ramallah, e non intendono ritornare al lavoro dei campi. I pozzi non sono più apprezzati come l’unica fonte di vita, sono solo conservati come ricordo di un passato ormai andato. Il neocapitalismo ha demolito ciò che il sionismo non aveva potuto uccidere’’ 3. Completa l’analisi, il grande scrittore e resistente palestinese Elias Sambar: ‘‘il sionismo produce l’assenza’’. Le due fazioni neo-cons vogliono tipologie di guerra tecnicamente diverse:
- Bannon e Lieberman, una guerra diretta di aggressione neocolonialista contro il mondo musulmano.
- L’imperialismo cosmopolita, una guerra di quarta generazione da ‘’esportare’’ fino ai confini della Federazione Russa. Entrambi i gruppi perseguono il perverso intento di globalizzare l’Eurasia ed annichilire socialmente il popolo arabo-palestinese. Il presidente Trump ed i jacksoniani sono pronti ad accodarsi ai vincitori.
Se il sionismo (come giustamente scrive Sambar) produce l’assenza (il vuoto), l’imperialismo sta pianificando la cancellazione di una porzione importante del pianeta.
https://www.voltairenet.org/article206635.html
https://comedonchisciotte.org/israel-shamir-e-il-neocapitalismo-che-distrugge-la-palestina/
Fonte: http://www.linterferenza.info/esteri/la-questione-religiosa-spacca-israele/
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