Storia di Aramco, il colosso petrolifero saudita
di AGI.IT (Alessandro Galiani)
La compagnia energetica pronta al debutto in borsa conta sulle seconde riserve di greggio del mondo dopo il Venezuela
Prossimo al debutto in borsa, Saudi Aramco è un colosso petrolifero con quasi un secolo di storia alle spalle. Nasce da un accordo di concessione del 1933 firmato dal governo saudita con la Standard Oil Company della California. Le perforazioni iniziarono nel deserto nel 1935, ma il primo olio iniziò a scorrere solo tre anni dopo.
La società prende la denominazione di Aramco alla fine degli anni ’40 dalla contrazione del nome della compagnia petrolifera americana Arabian American Oil Company. Nel 1949, la produzione di petrolio raggiunge il traguardo di 500.000 barili al giorno e l’anno successivo costruisce il metanodotto Trans-Arabian, lungo 1.212 chilometri per esportare il petrolio saudita in Europa attraverso il Mar Mediterraneo.
La produzione è cresciuta rapidamente dopo la scoperta di grandi giacimenti petroliferi offshore e onshore, tra cui quello di Ghawar, il più grande del mondo, con riserve stimate di circa 60 miliardi di barili di petrolio. Safaniya è invece il più grande giacimento offshore con riserve per 35 miliardi di barili.
La nazionalizzazione e l’espansione
Con l’embargo deciso dai Paesi arabi nel 1973, il prezzo del petrolio sale alle stelle e lo Stato saudita acquista il 25% di Aramco, facendo così salire la sua quota azionaria al 60% e diventando così azionista di maggioranza. Sette anni dopo, nel 1980, Aramco viane nazionalizzata e nel 1988 diventa la Saudi Arabian Oil Company, o Saudi Aramco. Dagli anni ’90, Aramco ha investito centinaia di miliardi di dollari in enormi progetti di espansione, aumentando la sua capacità di produzione di petrolio a oltre 12 milioni di barili al giorno e realizzando numerose joint venture.
Le seconde riserve del mondo
Lo scorso settembre, anche in vista delle procedure internazionali necessarie per lanciare la mega-Ipo, Saudi Aramco ha certificato un totale di 300.000 miliardi di metri cubi di riserve di gas e di circa 250 miliardi di barili di riserve petrolifere accertatate, pari al 15,7% delle riserve mondiali di petrolio. Questo pone il Regno dell’Arabia Saudita al secondo posto nel mondo dietro ai 303,2 miliardi di barili di riserve petrolifere del Venezuela.
La sede di Saudi Aramco è a Dhahran, nell’est del Paese, ma ha diramazioni petrolifere negli Stati Uniti, in Cina, India, Corea del Sud e in diverse nazioni europee e asiatiche. Aramco ha anche costruito una rete di condutture e di raffinerie all’interno e all’esterno del Regno e ha ampliato la sua presenza nel settore petrolchimico.
All’inizio di quest’anno, per la prima volta nella sua storia, Aramco, sempre in ottemperanza alle disposizioni internazionali necessarie in vista dell’Ipo, ha aperto i suoi libri contabili. Per il 2028 ha annunciato un utile netto di 111 miliardi di dollari, in crescita del 46% rispetto all’anno precedente e ha generato ricavi per 356 miliardi di dollari.
I progetti di bin Salman
L’Ipo ha anche aperto la strada ai piani di riforma “Vision 2030”. Si tratta di un programma voluto dal principe ereditario dell’Arabia Saudita, Mohammad bin Salman, che raggruppa oltre 80 progetti imprenditoriali in settori nevralgici e che punta a ridurre la dipendenza del paese dal petrolio, diversificare l’economia, e sviluppare servizi pubblici quali l’istruzione, le infrastrutture e il turismo.
L’idea del principe ereditario è quella di fare dell’Arabia saudita entro il 2030 la decima economia mondiale, non tanto attraverso pubblici diretti ma attirando investimenti esteri nel settore privato per 427 miliardi di dollari nel prossimo decennio.
Fonte: https://mail.google.com/mail/u/0/?tab=wm#inbox/FMfcgxwDrvJCzZgGFNQfhnnKjzvPXzDs
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