Molta economia, poca geopolitica: l’agenda di Di Maio all’Expo di Shanghai
di LIMESONLINE.COM (Giorgio Cuscito)
BOLLETTINO IMPERIALE L’Italia ospite d’onore all’Esposizione internazionale per le importazioni della Repubblica Popolare. Le mosse di Huawei nella Penisola, in Portogallo e Regno Unito. Via libera alla ferrovia cinese in Pakistan. La rompighiaccio Xuelong 2 verso l’Antartico. Un mese lungo le nuove vie della seta.
Carta di Laura Canali
Il Bollettino Imperiale è l’osservatorio settimanale di Limes dedicato all’analisi geopolitica della Cina e alle nuove vie della seta. Grazie al sostegno di TELT. Puoi seguirci su Facebook e Twitter.
Indicatore geopolitico: 3
Un sondaggio pubblicato dal governo cinese afferma che l’Italia è terza al mondo per “conoscenza” riguardo la Bri. La prima in questa classifica sarebbe l’India, seguita dal Giappone. Pechino si serve di tali dati per esaltare l’immagine del suo progetto geopolitico, omettendo il fatto che essere a “conoscenza” non significa necessariamente avere un’opinione positiva a riguardo. Se si tralascia lo zelo italiano per le potenziali opportunità economiche derivanti dalle nuove vie della seta, India e Giappone sono del resto due tra i paesi più preoccupati dai rischi per la propria sicurezza nazionale derivanti dall’ascesa economica e militare cinese.
DI MAIO AL CIIE, HUAWEI A ROMA
L’Italia è uno dei 15 ospiti d’onore della seconda edizione dell’Esposizione internazionale per le importazioni della Cina (Ciie, Shanghai 5-10 novembre). La presenza del ministro degli Esteri Luigi Di Maio al Ciie conferma l’importanza attribuita da Roma ai rapporti con Pechino a seguito dell’adesione nostrana alla Belt and Road Initiative (Bri o nuove vie della seta). Le imprese italiane presenti all’evento di Shanghai sono circa 160, desiderose di espandere le attività commerciali nella Repubblica Popolare.
La promozione del Made in Italy è evidentemente la priorità della missione nostrana a Shanghai. Difficilmente Di Maio affronterà con la leadership cinese la finalizzazione degli agognati grandi progetti infrastrutturali nei porti delle Penisola. A poco più di sei mesi dalla firma del memorandum sulle nuove vie della seta, il lavorio degli scali marittimi nostrani prosegue. Lo conferma la firma di una dichiarazione d’intenti da parte di Assoporti per rafforzare la collaborazione con gli scali marittimi cinesi in merito alle catene logistiche, la tutela ambientale, l’impiego dell’internet delle cose. La sottoscrizione è avvenuta durante la Fiera della logistica internazionale di Shenzhen (10-12 ottobre). Eppure su questo fronte l’unica novità concreta riguarda il porto di Vado Ligure, dove a breve sarà completato il Vado Reefer Terminal, controllato al 40% dalla Cosco.
Di Maio non intavolerà con Pechino il rapporto con gli Usa e lo spinoso dossier Huawei, che continua a espandere le sue attività in Italia. A Roma, il gigante tecnologico ha inaugurato un nuovo centro per l’innovazione in zona Eur. L’installazione si somma a quelle già presenti nella Penisola (tra cui spiccano quelle di Pula e Milano) ed evidenzia due dinamiche. Primo, In Italia, Pechino nutre degli interessi con implicazioni strategiche, che vanno oltre la pura questione economica. Piuttosto sono legate alla nostra posizione geografica al centro del Mediterraneo e all’alleanza con gli Usa. Ciò spiega anche perché Di Maio sia stato invitato da Xi alla cena dei capi di Stato e di governo pur essendo ministro degli Esteri. Secondo, il governo italiano intende proseguire la collaborazione con Huawei nello sviluppo della rete 5G. Tuttavia, l’attivazione del golden power avvenuta a settembre indica che Roma non prende sottogamba la tutela delle infrastrutture critiche e che non è immune alle pressioni e alle ritorsioni degli Usa riguardo la collaborazione nostrana con aziende tecnologiche cinesi. In tale contesto rileva il fatto che Washington abbia inserito lo scorso agosto della sede milanese di Huawei nella lista nera degli enti con cui le imprese a stelle e strisce non devono intrattenere rapporti commerciali, a meno che non vi sia un’autorizzazione esplicita.
HUAWEI IN PORTOGALLO E NEL REGNO UNITO
Huawei e l’operatore portoghese NOS hanno trasformato il comune di Matosinhos (distretto di Porto) nel primo centro urbano del paese interamente coperto dalla rete 5G. Dalla crisi economica del 2008, Lisbona ha accolto gli investimenti cinesi per rilanciare l’economia nazionale e lo scorso anno ha aderito alle nuove vie della seta. Pechino ha colto la palla al balzo per espandere i suoi affari nell’Europa meridionale.
A differenza di Lisbona, Londra non ha ancora deciso se approvare l’impiego della tecnologica cinese nello sviluppo della rete di quinta generazione. Il Regno Unito farà le sue scelte solo dopo le elezioni generali del 12 dicembre. Dalla prospettiva cinese, il Brexit ha reso Londra meno testa di ponte verso l’Europa e più partner finanziario globale. I britannici non vogliono rinunciare alla collaborazione economica con la Repubblica Popolare, ma la campagna anti-Huawei attuata dagli Usa li spinge a temporeggiare, in attesa almeno di superare la questione dell’uscita dall’Unione Europea.
L’INVIATO DELLA CINA PER L’UE
Per la prima volta, la Repubblica Popolare ha nominato un inviato speciale per l’Ue. Si tratta di Wu Hongbo, diplomatico di lungo corso, che nella sua carriera è stato sottosegretario per le questioni economiche e sociali presso l’Onu, ambasciatore in Germania (2009-2012) ed ha partecipato ai negoziati per la restituzione di Hong Kong alla Repubblica Popolare nell’ambito del Gruppo di collegamento congiunto sino-britannico. Pechino si impegnerà maggiormente per superare la crescente perplessità dei paesi europei in merito alla penetrazione cinese nel Vecchio Continente. Queste non riguardano solo gli investimenti infrastrutturali nell’Europa centrorientale, ma anche quelli nel 5G e l’influenza cinese tout court. A tal proposito rileva che a fine ottobre, il professore Song Xinning, capo dell’Istituto Confucio di Bruxelles, è stato bandito dall’area Schengen dopo esser stato accusato dal Belgio di spionaggio.
QUARTO PLENUM: MOLTO PARTITO, POCA ECONOMIA
Chi pensava che il quarto plenum del 19° comitato centrale del Partito comunista cinese (Pcc) si sarebbe concentrato sulle riforme economiche o su un ampliamento del comitato permanente del politburo è rimasto deluso. In base ai comunicati ufficiali, la riunione presieduta da Xi Jinping si è focalizzata sul rafforzamento della leadership del Pcc (e dello stesso Xi) sullo Stato, l’economia e le Forze armate. Nulla è emerso in merito al vociferato aumento del numero dei membri dell’organo apicale del Partito da 7 a 9. L’innesto di Hu Chunhua (vicepremier) e Chen Min’er (capo del Partito a Chongqing) avrebbe dato qualche indizio sulla durata della presidenza di Xi e sul suo potenziale successore. L’ipotesi che il “nucleo” della leadership governi anche dopo il secondo mandato (che finirà nel 2022) resta ancora plausibile. Al quarto plenum, si è parlato anche delle proteste in corso a Hong Kong. Pechino non è disposta a fare concessioni ai manifestanti pro-democrazia. Piuttosto, intende raddoppiare gli sforzi propagandistici nel Porto Profumato, “rafforzando l’educazione”. In più, intende “migliorare il sistema legale e la sua applicazione per tutelare la sicurezza nazionale”, nella Regione ad amministrazione speciale. Quest’ultima affermazione lascia intendere che il governo cinese introdurrà nuovi provvedimenti normativi per controllare maggiormente Hong Kong. Tale mossa potrebbe alimentare il malumore locale.
LA FERROVIA DEL CARBONE
Da fine settembre è attiva in Cina una rete ferroviaria per trasportare il carbone dalla Cina settentrionale verso le regioni interne e meridionali dell paese. Il percorso, lungo 1.800 chilometri, inizia dalla località di Haolebaoji (Ordos, Mongolia Interna) e giunge a Ji’an (nello Jianxi) passando per sette provincie, incluse lo Shaanxi, lo Henan, lo Hunan e lo Hubei. Malgrado Pechino stia valorizzando le energie “più pulite” (petrolio, gas naturale e rinnovabili) e riducendo l’utilizzo del carbone per abbattere gli alti tassi d’inquinamento, quest’ultima risorsa rappresenta ancora il 60% del paniere energetico cinese.
OK AI BINARI PAKISTANI
Islamabad ha dato il via libera al finanziamento cinese di 9 miliardi di dollari per lo sviluppo della ferrovia Karachi-Peshawar passante per Lahore. Il progetto è essenziale per lo sviluppo del Corridoio economico Cina-Pakistan, arteria meridionale delle nuove vie della seta su cui Pechino punta per aggirare lo Stretto di Malacca e integrare maggiormente l’instabile Xinjiang nelle rotte della Bri. L’ok del Pakistan è arrivato a seguito dell’incontro tra il suo primo ministro Imran Khan e Xi Jinping. Il vertice è avvenuto poco prima che Xi si recasse in India, rivale di Islamabad. Qui, il leader della Repubblica Popolare ha ottenuto quello che voleva: schivare i dossier sensibili (dispute territoriali e Bri) ed espandere le attività cinesi in Asia Meridionale.
LA PRIMA ROMPIGHIACCIO MADE IN CHINA SALPA PER IL POLO SUD
La Xuelong 2, prima rompighiaccio fabbricata nella Repubblica Popolare, ha fatto rotta per l’Antartico. Qui, la Cina dispone della base permanente di Zhongshan, verso la quale è diretta la nave. Negli ultimi anni, Pechino ha incrementato le attività di esplorazione al Polo Nord e al Polo Sud per sviluppare nuove rotte marittime a scopo commerciale e militare e accaparrarsi nuove risorse naturali.
LA CINA A TULAGI
L’apertura dei rapporti diplomatici tra Pechino e le Isole Salomone ci ha messo poco a dare i primissimi frutti. Secondo il New York Times, l’azienda statale cinese China Sam Enterprise Group avrebbe firmato un accordo di “cooperazione strategica” con il governo provinciale di Tulagi per lo sviluppo di alcune infrastrutture, tra cui un aeroporto e una zona economica speciale. L’isola in questione ha ospitato in passato installazioni militari di Regno Unito e Giappone. Se confermato, non è escluso che la recente intesa consenta alla Repubblica Popolare di fare lo stesso. Pechino ha dichiarato in diverse occasioni di voler sviluppare nuove basi militari all’estero. Paesi del Pacifico meridionale come Vanuatu, le Isole Salomone e Kiribati (piccoli, bisognosi di investimenti e non così lontani dalle isole rivenvadicate da Pechino nel Mar Cinese Meridionale) sono dei punti di attracco ideali per l’espansione delle attività cinesi oltre la prima catena di isole. Di qui le preoccupazioni dell’Australia, che non vuole rinunciare alla propria influenza su questi paesi.
GLI USA CONTRO TIK TOK
Reuters afferma che il Comitato per gli investimenti stranieri negli Usa (Cfius) ha avviato un’indagine contro l’acquisizione della statunitense Musical.ly da parte di Beijing ByteDance Technology, proprietaria del popolare social media Tik Tok. L’operazione economica dal valore di 1 miliardo di dollari è stata conclusa due anni fa, ma il Cfius vuole verificare che Tik Tok non censuri i dati politicamente sensibili e soprattutto che non raccolga i dati degli utenti statunitensi. Questi sono 26,5 milioni su base mensile. L’andamento apparentemente positivo dei negoziati commerciali in corso tra Usa e Cina non deve ingannare: la competizione tecnologica tra le prime due potenze al mondo prosegue senza sosta.
Fonte: http://www.limesonline.com/rubrica/di-maio-expo-shanghai-ottobre-italia-cina-nuove-vie-della-seta
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