Necessità dello Stato sociale
1)LO STATO SOCIALE
Il modello promosso dalla nostra Costituzione è un modello caratterizzato dallo Stato Sociale. Lo Stato Sociale è lo Stato che si occupa prevalentemente e con una legislazione precisa e continuata delle persone che hanno necessità di recuperare un gap, cercando di affrancarle dal bisogno (intervenendo per garantirgli un lavoro, la previdenza sociale e la cura) e di elevarle materialmente e culturalmente (intervenendo per garantirgli la migliore istruzione possibile).
Se non partiamo da questi presupposti ogni discorso sfocia nell’elitarismo. Cosa che è successa puntualmente da quando abbiamo abbracciato i “valori europei”… che sono quelli ottocenteschi delle élite liberali che dominavano in quel tempo.
Sentiamo infatti cosa pensano i liberali del nostro modello Costituzionale:
Il concetto di giustizia sociale è basato sulla tesi che le disparità economiche e sociali fra gli individui derivino da differenti condizioni di partenza e che dunque sia necessario porvi rimedio da parte dello Stato, poiché non è “giusto”, appunto, che già dalla nascita alcuni individui siano avvantaggiati rispetto agli altri. Di conseguenza, sarà necessario fornire supporto economico o creare leggi che favoriscano determinate categorie di persone rispetto ad altre.
Ogni azione di questo genere finisce inevitabilmente per diminuire la libertà individuale e peggiorare le condizioni di tutti: quando si è obbligati a seguire il percorso deciso dall’autorità per la propria istruzione o per il modo di condurre un’azienda, quando si è oberati di tasse e regolamentazioni, non si è più completamente liberi; e si restringono allo stesso modo le possibilità per il singolo individuo di migliorare la propria condizione sociale.
“Dobbiamo accettare il fatto che la libertà individuale è incompatibile con la giustizia sociale.” – Friedrich Von Hayek –
PIERLUIGI BIANCO (FSI Lecce)
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2)SCAMBIO DI RUOLI
Oggi capitalisti e banche dicono allo Stato ciò che deve fare e ciò è profondamente sbagliato. Agli occhi dello Stato capitalisti e banche devono diventare degli impiegati da sfruttare per raggiungere gli scopi che esso si prefissa, nel nostro caso l’obiettivo primario è la piena occupazione. Non più padroni, ma dipendenti al servizio della collettività.
LUCA MANCINI (FSI Roma)
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3)”EH MA L’IRI ERA GIÀ FALLITA”: FALSO!
Quando si arriva al nocciolo della questione, non si può non affrontare il tema delle aziende pubbliche. L’Istituto per la Ricostruzione Industriale, appunto l’IRI, è stato fondamentale per la rinascita della nostra Nazione nell’immediato dopoguerra. La politica industriale italiana era prerogativa dello Stato che tramite le sue aziende, garantiva lavoro quindi reddito, beni, servizi e accesso al credito. Capita fin troppo spesso, che si arrivi a parlare dell’IRI come un “gruppo di aziende decotte giustamente svendute al settore privato”, come la propaganda liberale lo ha squisitamente definito negli ultimi decenni per giustificarne lo smantellamento.
Un’azienda pubblica, per definizione, deve garantire occupazione e non profitto, seppur lo stesso garantiva utili. La sua funzione è principalmente politica e non esclusivamente macroeconomica.
Un’azienda pubblica, per definizione, non può mai fallire.
L’IRI è stato smantellato non solo per regalare i suoi gioielli al capitale privato, ma perché lo stesso capitale, messo in competizione con lo Stato, non avrebbe avuto alcuna speranza.
CHRISTIAN DI MARCO (FSI Chieti)
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