All’ultimo momento un sacrificio umano ha salvato il sistema Emilia, variante sempre meno diversa del sistema Italia, anzi per certi aspetti anche peggiore: i sondaggi non lasciavano altra via che sacrificare i Cinque Stelle sull’altare del Pd, cosa che Grillo e Casaleggio hanno fatto senza esitare imponendo a Di Maio la rinuncia alla guida politica del movimento pochi giorni prima della tornata elettorale dando così l’impressione agli ultimi fedeli di una imminente implosione e rafforzando perciò l’idea che un voto al candidato pentastellato in Emilia -Romagna non avrebbe avuto alcuna utilità, anzi avrebbe avuto lo stesso valore di una scheda bianca. Così grazie anche a questo improvvisato sacrificio di Isacco, il Pd è riuscito a conservare il suo tesoretto: al contrario di quanto ha detto il povero Zingaretti le Sardine non c’entrano poco o nulla perché se andiamo a guardare i voti di lista, il Pd nella “sua” regione è sceso dal 45 per cento delle scorse elezioni al 34,7 di oggi ( peggior risultato di sempre) che è appena superiore al 32 della Lega e mette in luce l’esiguità della vittoria che non mette affatto al riparo da Salvini, anzi ne sottolinea la forza, visto che tra l’altro ha di fatto ha assorbito Forza Italia ridotta al 2,6 %. Paradossalmente se l’ittica ha prodotto qualcosa, oltre a vistosi buchi di bilancio nelle coop, è stata la capacità di mettere in ombra quel po’ di vera sinistra residuale ancora esistente che oggi è confinata all’1 per cento.
Naturalmente non mi interessa fare lo spelling dei risultati elettorali, mi limiterò a qualche osservazione. Innanzitutto la catastrofe programmata dei Cinque Stelle che i suoi capi, ovvero il simbionte Grillo – Casaleggio, hanno deliberatamente portato a macello. Ho sempre avuto l’impressione che vi fosse una insanabile differenza ontologica tra l’elettorato e gli eletti, tra vertice e base, il primo alla ricerca di un cambiamento, il secondo invece concretamente interessato alla conservazione dello status quo: tutte le volte che il movimento è arrivato vicino ad aggredire qualche tema significativo è stato frenato e fermato dai suoi vertici fino al sacrificio pre elettorale di Di Maio in favore del Pd. E guarda caso, una volta affossato il movimento che raccoglieva in maniera plastica il malcontento sociale, nasce come riflesso padronale, come succedaneo completamente politicfree, il sardinismo che somiglia piuttosto a una specie di videogioco per liberare l’adrenalina della piazza, ma senza alcuna relazione col mondo reale e men che meno con un qualsiasi ideale: è un punto zero nel quale convergono due assenze che potremmo anche considerare come la dialettica negativa contemporanea. Alla fine queste elezioni, sia pure regionali, notificano la scomparsa del Movimento Cinque stelle la cui implosione è stata dimostrata anche in Calabria nonché di Forza Italia, ma anche il definitivo affossamento del guappo di Rignano, ovvero Renzi, che ha dimostrato di contare come il due di coppe sia che il Pd vinca, sia che perda. Naturalmente non poteva dirlo, ma per lui una vittoria di Salvini sarebbe stata come l’olio santo, mentre adesso è soltanto retrovia, pancia opaca della repubblica.
La cosa davvero sconcertante in tutto questo è che adesso si dica che il risultato elettorale rafforza il governo, come subito Conte si è affrettato a dichiarare. Va bene l’acefalia, ma a nessuno può sfuggire che la composizione del Parlamento è del tutto difforme da ciò che emerso dal voto: esiste una maggioranza formata da rappresentanti di un partito che di fatto è annientato e popolata di piddini renziani che non hanno più senso di esistere, mentre l’opposizione, parte della quale era al governo solo qualche mese fa, è largamente sotto rappresentata. A questo punto tanto varrebbe importare il Parlamento di Kabul che forse potrebbe risultare più rappresentativo: in una democrazia normale proprio il risultato delle regionali dovrebbe portare ad immediate elezioni politiche vita la distanza galattica tra istituzioni e Paese reale, ma il fatto è che le democrazie normali non esistono più, si governa completamente al di fuori del consenso cercando di metterci una pezza con continue revisioni della legge elettorale o magari favorendo il convogliamento del disagio su soggetti spuri ampiamente controllabili. D’altro canto se avessi davanti un avvocato del diavolo mi risponderebbe che è inutile preoccuparsi della rappresentatività del Parlamento perché tanto maggioranze e opposizioni esprimono le medesime opzioni di fondo e dunque è un po’ come sfidarsi a Monopoli, non ha molto senso se prevale l’uno o l’altro perché alla fine vince sempre chi fabbrica il gioco e i soldi falsi.
Fonte: https://ilsimplicissimus2.com/2020/01/27/elezioni-sacrifici-umani-e-altre-amenita/
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