Segnalibro. Il calo delle nascite e la scomparsa degli Italiani nel saggio della Coccia
di BARBADILLO (Manlio Triggiani)
E’ il problema principale dell’Italia e dell’Europa, ma è un tema affrontato solo di tanto in tanto. E così pochi ne parlano, come se si trattasse di un fatto accidentale e secondario. Lo fanno sporadicamente, come se la cosa non riguardasse l’Italia e l’Europa e soprattutto il nostro futuro. Nel mese scorso la notizia ha fatto scalpore solo per qualche giorno e poi, silenzio. Di che si tratta? Gli Italiani si avviano a scomparire, se non ci sarà un’inversione di tendenza. Al loro posto i “nuovi italiani”, cioè gli stranieri provenienti da ogni parte del mondo, soprattutto dall’Africa (come emerge dalle statistiche). Lo dimostrano i recenti dati dell’Istat: le famiglie italiane sono microfamiglie: un terzo è composto da single, un altro terzo da due persone (coppia senza figli o un genitore e un figlio/a), l’ultimo terzo scarso è formato da quattro persone.
Più del 60 per cento degli italiani fra i 18 e i 34 anni vive con i genitori. Ma il dato dell’invecchiamento della popolazione è tragico: i nati nel 2017 erano 458.151, nel 2018 sono 439.747, il dato più basso in assoluto dall’Unità d’Italia. L’Italia è il secondo paese più vecchio al mondo (dopo il Giappone) e con meno figli. Fra i commenti e le analisi, Giuseppe De Rita, presidente del Censis (Centro studi investimenti sociali) sostiene che tutto ciò è il frutto della mentalità degli ultimi anni: si è diventati egoisti, narcisisti, si frantumano le relazioni sociali e si punta tutto sul breve periodo, con una vita vissuta come una vacanza, da dedicare solo a se stessi. Si annuncia la fine. Dopo il crollo dei valori, quello del popolo e della sua identità.
Cristina Coccia, esperta di biodiversità, etnozoologia ed ecologia, biologa e studiosa di genetica e demografia, ha recentemente pubblicato un volume: L’anemia demografica (Edizioni di Ar). Nel volume si analizza il netto e progressivo calo demografico delle popolazioni in Italia e in Europa. Un calo che rende la nazione sempre più anziana, con gente sempre meno propensa a scommettere sul futuro. Coccia, giustamente, considera questa situazione il problema politico prioritario, sul quale si giocherà il futuro delle civiltà italiana ed europea.
La biologa analizza, nel suo breve ma denso saggio, con dati e scenari, i sintomi e le cause di questa decadenza. Ci sono concause fra cui quella biologica. Così nel libro si parla delle malattie ormai diffuse del “sangue” italiano che vanno di pari passo con uno “scadimento” e indebolimento del carattere e della volontà con il risultato di avere un popolo per nulla unito, senza un comune senso di appartenenza.
A questo si aggiuga – rimarca Coccia – una continua emigrazione di italiani, soprattutto giovani, verso l’estero, fenomeni che si accompagnano a un decremento di individui in età fertile (il baby boom è storia vecchia) e l’invecchiamento della popolazione è realtà. Non solo: l’autrice sottolinea, che gli italiani in età riproduttiva sono persone che pensano prevalentemente alla realizzazione economica, professionale e affettiva al di fuori dei confini nazionali. Fuggire, andar via, non pensano a realizzarsi nella propria comunità. A ciò si aggiunga che lo Stato italiano non vara politiche per aiutare la famiglia e neppure per la crescita e il rilancio del lavoro. Insomma, i giovani italiani non sono diventati egoisti, come sostiene De Rita, sono solo l’esito della mentalità globalizzante e delle esigenze del mercato globale.
Coccia spiega bene che i grafici della nascite in Italia, dagli anni Cinquanta a oggi, mostrano che, sino al 1965, la media di figli per donna era di 3, specie nel Sud e che l’età media della prima gravidanza, per una donna, era sempre al di sotto dei 30 anni. Ora supera i 32 anni. Il valore del tasso di fecondità è di 1,27 anziché almeno il 2,1 (minimo necessario per sostituire una generazione con un’altra). “Ancora più allarmante – dice Coccia – è il fatto che il numero medio di componenti per una famiglia sia di 2,3, quindi non viene rispettato neanche il numero minimo del nucleo riproduttivo, cioè 3: un padre, una madre e un figlio”.
Infatti, il 50 per cento di donne in età fertile non ha figli e la maggior parte delle giovani italiane percepisce come un fastidio la nascita di un bambino, ché ostacolerebbe i sogni di carriera e la realizzazione personale. Per invertire questa tendenza negativa, si dovrebbero avviare politiche di sostegno strutturali per la famiglia come già fatto negli anni scorsi in Germania e in Francia (bonus bebè, sgravi fiscali, incentivi dal terzo figlio in poi, asili gratis, tempi più lunghi per le aspettativi dal luogo di lavoro ecc.). Ma si dovrebbe anche avviare una politica complessiva per disincentivare l’emigrazione giovanile, lo spopolamento di intere aree regionali. Non a caso in appendice Coccia riporta due progetti per migliorare le condizioni ambientali, la salute e la fertilità degli italiani, e indicazioni per creare posti di lavoro. Un libro che è un grido d’allarme ma anche una bussola per poter risalire la china della decadenza che sempre più si profila.
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