Ciò che colpisce in questi giorni successivi alle elezioni in Emilia e Calabria,è il clima di sospensione, non saprei come altro definirla, che regna nella nostra ineffabile politica, ma anche nell’altrettanto ineffabile giornalismo italiano, oramai tutto concentrato sul coronavirus, che ovviamente è arrivato anche in Italia, e sul quale quel ‘poveraccio’ di Matteo Salvini specula, visto che non sa più dove aggrapparsi.
Quando uno sente Meb dire di essere lieta della vittoria di Stefano Bonaccini, usando la prima persona plurale, quando notoriamente non solo non hanno mosso un dito per la campagna in Emilia, ma chiaramente … remavano contro e, col Governo, non fanno altro. Mah, tanto più che, purtroppo sottolinea, non è stata cambiata la Costituzione per favorire governi forti … di Renzi o di Salvini?.
Tutti sembrano camminare sulle uova o sullo strutto: attenti a non dire, attenti a non fare, attenti a non spostare … troppo.
Forse ho capito male io, che certamente sono un pessimo osservatore politico, non sono un giornalista, non conduco trasmissioni televisive più o meno ‘di successo’ e più o meno autoreferenziali, ma a me sembra che ciò che è accaduto in queste ultime due settimane o poco più sia semplicemente‘epocale’ per usare una espressione insensata ma molto ‘in’.
Nella politica interna -sì d’accordo, roba da pollaio- il referendum su Salvini ha sconfitto Salvini, un ragazzo tunisino (che pare sia una colpa) ha la vita rovinata da un tale che gli citofona in favore di telecamera accusandolo di essere uno spacciatore (e non viene cacciato a calcio dall’Italia, il citofonatore, intendo), il PD ha incredibilmente dimostrato di esistere, gli stellini stanno crollando dappertutto, il reddito di cittadinanza è un fallimento colossale, sorvolando su quota 100, l’ILVA sta per mettere in cassa integrazione migliaia di lavoratori, la Whirlpool chiude, sia pure al rallentatore, e potrei continuare e che cosa accade nel nostro ‘mondo politico’? Nulla.
Ah, dimenticavo, sono proprio imperdonabile: no, non nulla, la cosa più importante anzi fondamentale la ho dimenticata, ‘appena finito con l’Iran’ Dibba torna. Immagino il sollievo dell’Ayatollah Kamenei, per non parlare di Rohani, mi domando a noi che ce ne … !
I ‘capidelegazione’ dei partiti si riuniscono da pochette, che arriva naturalmente in ritardo, per discutere di che? del cronoprogramma. Proprio così: del ‘cronoprogramma’, cioè di niente o se preferite di quello che faranno se ci riusciranno e quando ne avranno voglia. Però, beninteso, ognuno ha una sua pretesa: Renzi non vuole la prescrizione, ma con cautela; Zingaretti (o meglio Franceschini) vuole parlare dei decreti sicurezza, ma con calma; Bonafede il neo-capo delegazione stellino, vuole che si parli di conflitto di interessi, ma senza fretta; Speranza vuole modificare il ‘job’s act’, cioè rimettere l’art. 18 dello statuto dei lavoratori, ma senza insistere troppo. Cosa ne sia uscito dalla riunione non si sa.
Come ho detto all’inizio, non capisco nulla, ma la mia convinzione è che costoro certamente non hanno capito assolutamente nulla.
Tutti parlano delle sardine con il sorrisetto gentile che si riserva ad un simpatico deficiente ma tanto amico e tanto simpatico, ma le sardine hanno innescato una rivoluzione, sotto forma di reazione a catena. La gente, il popolo, quello vero, non quello finto e rimbambito (per altri potrei parlare di indottrinamento, ma c’è un limite a tutto!) da Salvini o da Grillo, ha capito, ha visto che se scende in piazza può determinare risultati, anche se, attenzione, anche se non è ‘guidata’ da un ‘politico’ di maggiore o minore vaglia. Per capirci: l’esatto contrario di ciò che ha detto Franceschini nel gelido convento dove, con condiscendenza, ha spiegato al colto e all’inclita come si fa politica, la vera politica, salvo a non farla.
E non è certo il solo a non averlo capito. Zingaretti non sembra minimamente intenzionato a sbattere i pugni sul tavolo per dire agli scalpitanti ‘alleati’ che se non la smettono di fare le ‘zite contegnose’ sarà lui a chiudere la bottega, perché su certe cose in politica, anzi, per tutte, ci si batte, si combatte, se no che si pensano a fare? E fin qui, sia pure con molta difficoltà e moltissimi dubbi, potrei anche capire che non si voglia rovesciare l’unica maggioranza possibile. Ma ciò non vuol dire rinunciare a ciò che le sardine hanno detto. Badate, le sardine non significa quei quattro giovani che le hanno organizzate e coordinate operativamente, quei signori (e basta con ‘ragazzi’, ‘giovani’: sono persone mature e colte, molto più mature e colte della stragrande maggioranza dei nostri politicanti), quei signori hanno permesso di vedere che esiste il modo di portare un sacco di gente a ragionare, proporre, chiedere, pretendere. Lo ricordate il primo messaggio ‘ufficiale’ dei quattro? ‘noi pretendiamo …”. Pretendiamo, cioè vogliamo, perché siamo noi il popolo e a dimostrarlo siamo qui in piazza, tutti destra e sinistra. E cosa pretendono? Buona politica, competenza, rispetto delle funzioni, discrezione e educazione verbale e fisica.
La risposta dei nostri politicanti è quella indicata sopra: sommessa, ambigua, cauta …
Solo un esempio che mi ha sempre colpito e mi colpisce, forse perché sono particolarmente sensibile al tema, e non ne posso più di certe ambiguità: in particolare quella che tutti vogliamo che si paghino le tasse da parte degli altri. Una delle ‘proposte’ del PD (immediatamente ripresa dagli stellini) è ‘abbassare le tasse’. L’unica differenza rispetto a Salvini e Grillo, ecc., è che i piddiini aggiungono ‘ai ceti più deboli’. Premesso che è una solenne sciocchezza, perché tutte le tasse vanno ridotte, se non altro per permettere alle nostre imprese di concorrere con le altre. Ma ciò che, ad esempio il 30 sera il senatore Antonio Misiani, non dice, per pudore immagino, è che per abbassare le tasse, occorre che chi non le paga invece le paghi (e a ciò servirebbe abolire la moneta). Ma dire così le cose fa perdere voti, o, almeno, così pensano loro. E siccome per loro politica significa trovare voti e basta, le cose che te li tolgono non le dici mai. Ma uno del PD dovrebbe avere ben chiaro in mente, e se non lo avesse sono mesi che le indagini sociologiche lo mettono in chiara luce, che non ricordare che le tasse le devono pagare tutti se fa guadagnare qualche voto nei quartieri alti, ne fa perdere a migliaia negli altri, per cui accade la cosa assurda per cui i ceti più deboli non votano il PD ma la Lega o addirittura gli stellini.
In altre parole è urgente, urgentissimo porsi problemi con chiarezza e porseli seriamente. Ormai il PD è l’unico partito vero a disposizione in Italia, almeno a sinistra, non al centrosinistra, a sinistra. E quindi deve acquisire una identità chiara e riconoscibile. Se vuole aprirsi, si apra, ma non per aprire un bordello, ma per un centro di ricerca vero, un centro di proposte chiare, uno strumento di realizzazione delle ricerche e delle proposte. Cioè, in una sola ma pesantissima parola: un congresso, senza aggettivi, cioè un congresso vero.
Il popolo del quale parlavo prima non aspetta, non può e non vuole più aspettare. Abbiamo delle esigenze, abbiamo dei bisogni, vogliamo una vita serena, vogliamo guardare chi ci sta vicino con fiducia e non con paura. Vogliamo politica e politici seri, proposte e soluzioni serie, gente che si occupi di noi non di sé.
Povere sardine!
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