SCENARIO CORONAVIRUS/ Dove collocare l’Italia? A Conte piace molto l’ipotesi Giappone
di IL SUSSIDIARIO (Marco Pugliese)
Conte ha sul tavolo varie opzioni su dove collocare l’Italia, perché il coronavirus sta rimodellando tutta la geopolitica mondiale. Eccole
Giuseppe Conte, presidente del Consiglio, con Rocco Casalino (LaPresse)
Caro direttore,
partiamo dai numeri. L’aumento dei malati di coronavirus è pressoché stabile: siamo ancora sulla “cresta” di quell’onda che dovrebbe portarci a numeri più bassi, ma non in tempi brevi. I decessi sono in calo, avanzano i guariti.
Con questa premessa analizziamo ciò che sta accadendo in ambito geopolitico da ormai inizio 2020. Dopo i colpi di mano Usa in Iraq in chiave anti-Iran e qualche scaramuccia con la Cina, tutto sembrava andar sui soliti binari. Ma a gennaio esplode l’epidemia a Wuhan, nello Hubei. Un evento che pare lontano e viene minimizzato da molti leader, in primis Trump che bolla tutto come frutto dell’incapacità cinese. “Saremo fuori ad aprile” dice, in realtà ad aprile i contagi negli Stati Uniti sono esplosi a quasi 560mila, facendo degli Usa il primo paese al mondo colpito dal coronavirus e a Trump non resta che dar retta ad Anthony Fauci.
Mentre in Italia l’onda rallenta, l’opinione pubblica si spacca sul fronte della “fase 2”: aprire, chiudere, come e quanto. È a questo punto che Giuseppe Conte appare in mezzo al guado, con un problema non da poco: dove collocare l’Italia?
Un primo partito è quello della “Via della Seta”, ovvero di chi vede una collaborazione geopolitica con Pechino; una strategia rischiosa, visto che Berlino e Parigi già sono avanti a noi e anche senza inchini.
Il secondo partito è quello “atlantico”: è per una più stretta collaborazione con gli Usa, in primis con quella Fed che potrebbe garantirci liquidità e libertà d’azione.
Il terzo partito, ma non meno influente, quello europeista, intende consegnarci mani e piedi alla Ue tramite il Mes. La strada più semplice, che però porta diritta al nostro commissariamento.
Vediamo ora cosa c’è sul tavolo del nostro presidente del Consiglio.
Prima una premessa. Le riserve auree italiane ufficiali conservate in Banca d’Italia ci vedono al quarto posto in classifica contando il Fmi e al terzo posto Paese (dopo Stati Uniti e Germania) con 2.451,8 tonnellate di oro. Inoltre il debito pubblico italiano è per due terzi in mano nostra: quello posseduto da mani straniere è solo circa un terzo (32,3%). La stragrande parte di Btp, Bot e Cct è nei portafogli di investitori istituzionali interni, cioè banche e finanziarie nazionali e solo una piccolissima parte del debito pubblico italiano è in mano a famiglie e imprese.
Scenario Via della Seta
Pro: l’Italia entra in un accordo bilaterale con Pechino, militare e soprattutto commerciale; Bank of China copre eventuali uscite da sistemi “occidentali”, l’Italia diventa lo sbocco privilegiato della Cina in Europa con possibilità di far da ago della bilancia nelle transazioni commerciali. Fine dello spread: non essendo più in regime Ue, il titolo di riferimento non è più quello tedesco.
Contro: la guerra commerciale degli Usa è scontata. Il rischio di rimanere in posizione subordinata nei confronti di Berlino e soprattutto di Parigi, vera porta cinese in Europa, è forte. Oltre a ciò, si può aggiungere che Bank of China non è pronta a un salto “macro” come la Fed, soprattutto a livello di transazioni su materie prime e petrolio.
Scenario atlantico
Pro: l’Italia è il punto di riferimento Usa in Europa. Ha libertà d’azione in Libia con possibilità di gestire da protagonista il nuovo assetto (in chiave anti- Mosca). La copertura da parte della Fed in campo finanziario è totale, con asset in sicurezza (le agenzie di rating sono made in Usa). Fine dello spread anche in questo caso. Possibilità di penetrazione economica in varie aree del globo in cui gli Usa cercano alleati. Possibilità di fare transazioni in dollari senza “scottature di cambio”.
Contro: interventi militari continui, soprattutto complementari a quelli americani. Scarse possibilità di decisione autonoma, a causa del legame con la Fed e le agenzie di rating. Totale chiusura nei confronti del mercato cinese, con in più eventuali serrate europee verso prodotti italiani in chiave anti-Usa. Poca autonomia in campo internazionale a livello commerciale. Rapporti deteriorati con paesi arabi.
Scenario Unione Europea
Pro: un Mes non invasivo, cioè simile ad una banca di sviluppo che garantisce investimenti (ad esempio quelli anitari). Possibilità di commerciare in area euro senza dogane e costi aggiuntivi. Possibilità di vendita di prodotti extra-Ue senza mediazione nazionale, con una sicura fetta di mercato. Spread azzerato, perché un vero mercato federale non lo contempla. Sviluppo di una vera confederazione comune in cui i guadagni sono ripartiti tra Stati membri. Creazione di un consorzio industriale europeo.
Contro: Mes come obbligo di debito e successiva “austerità imposta” su modello greco. Europa a trazione franco-tedesca con interessi italiani in subordine, soprattutto a livello industriale. Difesa europea suddivisa tra Berlino (industria) e Parigi (comando). Spread sempre più incisivo con una Bce fotocopia della Bundesbank. Poca autonomia, riforme nazionali comprese.
Scenario giapponese
Pro: completa autonomia commerciale nel rispetto dei vincoli Nato (nella parte militare). Possibilità di accordi bilaterali con Russia (energia), Usa (finanza), Cina (commercio e produzione). Banca d’Italia che torna all’origine, stampa moneta e nazionalizza le aziende di Stato su modello giapponese. Corporate bond per Pmi e libertà di bilancio con debito autofinanziato (come fino al 1981). Possibilità di tagli lineari alla burocrazia. Possibilità di permanenza nell’euro, che diventa moneta-valore legata alla Banca d’Italia e non più alla Bce. Possibilità di accordo simil Cee con la Ue e creazione di “unioni economiche strategiche”, su acciaio o energia con Stati ricchi di materie prime (che l’Italia poi trasformerebbe come prima del 1992). Totale libertà di riforme e di potenziamento massimo di turismo e cultura. Accordi diretti con paesi arabi per forniture di petrolio.
Contro: aumento delle spese militari, rischio concreto di non essere competitivi a livello globale con certi settori “troppo provinciali” anche se di qualità. Revisione obbligata della politica energetica, anche quella nucleare. Necessità di ingenti infrastrutture che rischierebbero blocchi in caso di mancata sburocratizzazione. Speculazione finanziaria da parte di soggetti esterni, con rischio di isolamento in caso di crisi internazionali.
Sono questi gli scenari sul tavolo del nostro premier, che si trova davanti una parte di governo convintamente pro Ue, una fedele agli Usa (le strizzate d’occhio di Trump sono sempre più frequenti) ed una filocinese.
La Francia intanto gioca su due tavoli: a parole supporta la Ue, nei fatti ha un piano B: appoggiarsi alla Fed come garante d’investimenti.
Trump ha fatto capire molto chiaramente che preferirebbe puntare sull’Italia, che però, senza le dovute precauzioni, si troverebbe nello scenario atlantico. Gli Usa, del resto, tramite JP Morgan (lo dice un rapporto del 2018) garantiscono (per ora) affidabilità sul lungo termine ai titoli italiani. Molto dipenderà dalle decisioni Ue riguardanti eurobond e Mes, con in mezzo una curva contagi che costa economicamente moltissimo.
Attualmente il governo italiano si trova in stallo, all’interno le varie anime dibattono e non è un mistero che l’ipotesi “Giappone” piaccia molto a Conte e Di Maio. Il sogno di un’Italia indipendente e sana, del resto, è nel programma pentastellato (in questo caso abbastanza vicino a livello economico a quello della Lega) insieme a un rilancio vero del paese, fuori dai parametri Ue. A ben vedere, un cavallo di battaglia datato 2013. Giuseppe Conte, con i suoi “no” decisi al Mes e soprattutto essendo molto vicino a M5s, sta riflettendo sul da farsi. Gli interessa essere ricordato come colui che ha traghettato l’ Italia in una nuova era economica, che l’ha rilanciata nel dopo Covid. Le opzioni sono sul tavolo.
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