La strategia della Germania
da TERMOMETRO GEOPOLITICO
(Dario Fabbri)
La Repubblica Federale vive un’inevitabile crisi di identità. Divenuta perno economico del continente contro la sua volontà, da tempo deve stabilire come affrontare tale condizione, se rendersi fulcro geopolitico dell’area per tenerla in vita oppure accontentarsi del ruolo di potenza economica.
L’emergenza provocata dal virus ha approfondito tale dilemma. Nello specifico, la parte renano-westfaliana della classe dirigente ritiene ormai inevitabile garantire per i membri più deboli del continente, onde mantenere in vita l’euro, moneta da cui dipendono le fortune della Germania, da cui Berlino non espellerebbe mai nessuna nazione (sebbene il nostrano analfabetismo strategico di matrice economica suggerisca il contrario).
Ma un’altra parte di origine soprattutto bavarese, sassone e brandeburghese rifiuta tanta responsabilità, respinge l’idea di farsi impero – anche perché consapevole dell’ostilità degli Stati Uniti nei confronti del progetto, ossessionati dall’idea che i tedeschi riacquistino la dimensione geopolitica. Mentre in queste ore i clientes della Repubblica Federale, ignari di cosa comporterebbe la formalizzazione della superiorità teutonica, Italia in testa, sono impegnati a chiedere aiuto a Berlino, rivolgendo le loro richieste più o meno ingenuamente a Bruxelles.
In tale contesto si inseriscono gli apparati dello Stato federale tedesco, creati nel secondo dopoguerra dagli americani affinché la Germania resti un soggetto convenzionale, dedito alla dimensione commerciale, estraneo alla strategia. Di qui la sentenza della corte costituzionale di Karlsruhe, per ispirazione e mestiere deputata a conservare i paletti entro cui deve muoversi il paese, contraria a sostenere a tempo indeterminato i membri dell’eurozona.
Probabilmente da questo complesso scenario emergerà una soluzione dimidiata, sottilmente illustrata da Angela Merkel, favorevole ai prestiti per le nazioni in crisi strutturale, con ridotta o nessuna condizionalità come emerso nelle ultime ore, forse anche a sussidi secchi di grandezza irrisoria, ma contraria a bond europei sine die e a concrete elargizioni a fondo perduto. Compromesso che dovrebbe preservare l’unità dello Stato tedesco, composto da ceppi in netto disaccordo sulla traiettoria da perseguire, e placare l’avversione degli apparati, soddisfatti di un approccio minore.
Via mediana che applicata all’Italia significherà salvare soprattutto il Settentrione, parte della catena produttiva tedesca, ma senza ristabilire il livello di benessere precedente al virus, anzi con la concreta possibilità di svendita delle aziende locali più ambite. Per il nostro paese – inconsapevolmente aggrappato all’(improbabile) eventualità che la Germania si faccia impero – l’ulteriore aggravarsi del declino.
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