di FULVIO SCAGLIONE (Paolo Romani)
Tira una brutta, anzi bruttissima aria nella Francia sconvolta dal Covid-19 e dall’incubo del terrorismo. Con la
pandemia che sembra fuori controllo, e mentre i francesi piangono le vittime dei fanatici islamisti, una terza minaccia si addensa sulla
République, quella di una crisi politico-diplomatica con i Paesi musulmani in generale e la Turchia di Erdogan in particolare. Una minaccia così grave di fronte alla quale il presidente
Emmanuel Macron ha preso un’iniziativa senza precedenti:
si è fatto intervistare dalla televisione araba
Al Jazeera, per tentare di spiegare ai musulmani che la libertà d’espressione e la laicità sono i capisaldi della Repubblica francese e anche per negare qualsiasi ostilità, qualsiasi velleità di discriminazione della Francia nei confronti dei musulmani.
Controllare la pandemia, ed evitare che
la seconda ondata del Covid-19 sia ancora più letale della prima: per questo il Governo ha decretato un nuovo
lockdown entrato in vigore il 30 ottobre e destinato a durare almeno quattro settimane (ma i pessimisti dicono che durerà fino a Natale, se non fino a gennaio). Altre misure restrittive, come la chiusura dei bar, ristoranti, musei, cinema, teatri, librerie e di tutti i negozi che non vendono generi di prima necessità, accompagnano il
lockdown. Ma le scuole primarie e medie restano aperte (restrizioni solo per le superiori e le Università) e i trasporti funzionano quasi normalmente. Le imprese sono invitate a organizzare lo
smartworking ovunque sia possibile.
Il giro di vite del Governo ha suscitato reazioni di rigetto, per ora meno violente rispetto ad altri paesi come la Spagna e l’Italia, ma cresce la rabbia (soprattutto quella dei commercianti e dei piccoli imprenditori) con il timore che scoppino manifestazioni di protesta e sommosse come quelle fomentate dai
gilet gialli due anni fa.
Si capisce che in
un’aria così gravida di minacce, l’incubo del terrorismo sia particolarmente devastante.
La Francia non si era ancora rimessa dal trauma dell’assassinio di un professore, Samuel Paty, sgozzato e decapitato il 16 ottobre da un fanatico islamista di origine cecena davanti alla scuola media dove insegnava a Conflans-Sainte Honorine (25 km a ovest di Parigi), quando il 29 ottobre (alla vigilia del
lockdown) un altro terrorista, un tunisino arrivato in Francia dal’Italia, ha ucciso a coltellate tre persone (una delle tre, una donna, è stata decapitata) nella cattedrale Notre Dame de l’Assomption a Nizza, gridando ripetutamente «Allah Akbar». Il fanatico di Conflans è stato ucciso dalla polizia e cinque suoi presunti complici sono stati arrestati. Quello di Nizza, ferito dalle pallottole dei poliziotti,
è stato ricoverato in condizioni gravissime e non ha ancora potuto essere interrogato: anche in questo caso un presunto complice è stato arrestato. Nel 2016 Nizza era già stata colpita da
un attacco terrorista realizzato con un camion che aveva provocato 86 morti e 458 feriti.
Nei giorni successivi all’attentato di Nizza si sono verificati
diversi altri episodi di violenza legati al terrorismo islamista: un uomo armato di un lungo coltello è stato arrestato a Lione dopo aver minacciato una pattuglia di poliziotti al grido di «Allah Akbar». Sempre a Lione sono scattate le manette per un altro musulmano che aveva aggredito un prete ortodosso.
E l’aria si è ulteriormente incupita in seguito all’attentato di Vienna, rivendicato dall’Isis, che è costato la vita a quattro persone. Il presidente Macron si è subito
recato all’ambasciata austriaca di Parigi per esprimere cordoglio e solidarietà. «L’Europa, ha dichiarato, è una famiglia solidale, determinata: nella gioia come nel dolore resteremo uniti ».
Il clima è rovente in una Francia che più di ogni altro Paese europeo è nel mirino del fondamentalismo islamico. Il Governo ha preso varie misure per tentare di spegnere l’incendio, sia sul piano della sicurezza (più polizia nelle strade, possibilità di mobilitare l’esercito) che su quello dell’azione psicologica e conciliatoria. In Francia ci sono quasi 6 milioni di musulmani, e i fondamentalisti sono particolarmente attivi: dall’inizio dell’anno le autorità hanno chiuso ben 73 moschee e scuole coraniche per estremismo accertato o sospettato. La comunità musulmana tende sempre più a essere ghettizzata, e reagisce isolandosi dalla vita politica e sociale. Contro questa tendenza, Macron ha annunciato una serie di disposizioni legislative destinate a lottare efficacemente contro il «separatismo». L’effetto, però è stato controproducente, molti musulmani si sono sentiti discriminati. E a inquinare l’aria è intervenuto un ospite sgradito, il presidente turco Erdogan che ha scagliato pesanti accuse contro Macron.
Il fondamentalismo islamico continua a essere un grosso problema per la Francia. La legge che proibisce il velo non è mai stata veramente accettata dalla frangia più “ortodossa” dei musulmani. Né si è placata l’eco delle vignette satiriche su Maometto pubblicate da Charlie Hebdo, il settimanale satirico di cui 16 tra collaboratori, disegnatori e redattori, morirono assassinati nel gennaio del 2015. Proprio per aver voluto documentare una lezione sulla libertà di espressione mostrando quei disegni, è stato sgozzato e decapitato il professore Samuel Paty. Ad assassinarlo è stato un giovane di origine cecena che poco prima di essere ucciso dalla polizia aveva avuto il tempo di scrivere sui social: «Da Abdullah servitore di Allah a Macron, dirigente degli infedeli. Ho giustiziato uno dei tuoi cani infernali che ha osato offendere Maometto. Calma i suoi simili prima che ti venga inflitto un duro castigo».
I motivi per cui la Francia è il numero uno fra i Paesi europei presi di mira dai terroristi sono tanti.
Il passato colonialista e la guerra d’Algeria, ma anche e soprattutto quella laicità di cui i francesi sono tanto orgogliosi. In nome della laicità sono state varate
le leggi che proibiscono l’ostentazione di simboli religiosi, e in primo luogo il velo islamico. Mentre le altre religioni hanno accettato queste leggi,
una parte dei musulmani le ha giudicate discriminatorie nei confronti dell’Islam. C’è insomma una profonda incomprensione, che riguarda anche la libertà d’espressione, caposaldo della democrazia, ma che agli occhi di una parte dei musulmani è un pretesto per lasciare che certe pubblicazioni (come
Charlie Hebdo) possano offendere la loro religione.
Nel corso dell’omaggio nazionale a Samuel Paty, il professore decapitato (omaggio organizzato all’Università della Sorbona di Parigi, definita da Macron «luogo dell’umanesimo e del sapere universale»),
il Presidente francese ha difeso la libertà d’espressione, in particolare la libertà di disegnare e pubblicare caricature del Profeta. Il primo a reagire è stato il presidente turco
Recep Tayyip Erdogan che senza precauzioni oratorie ha messo pubblicamente in discussione
la «salute mentale» di Emmanuel Macron e invitato i suoi concittadini a boicottare i prodotti a marchio francese. Quindi ha rincarato la dose affermando in una diretta televisiva che
«i musulmani in Francia sono trattati come gli ebrei in Europa prima della Seconda Guerra mondiale».
La Francia e la Turchia sono alleate in seno alla Nato, ma negli ultimi anni si sono trovate in disaccordo su questioni quali la Siria e la Libia, la giurisdizione marittima nel Mediterraneo orientale e il conflitto nel Nagorno Karabakh. L’estate scorsa si era addirittura rischiato un grave incidente al largo di Cipro quando una fregata francese battente bandiera della Nato aveva voluto controllare un mercantile turco sospettato di trasportare clandestinamente un carico di armi destinato alla Libia. Durante l’operazione la nave francese era stata per ben tre volte inquadrata dai radar a infrarossi di una nave da guerra turca.
L’aria è tornata a farsi incandescente martedì 27 ottobre quando Charlie Hebdo ha pubblicato online una copertina che raffigura Erdogan in mutande mentre solleva il velo di una donna. Il portavoce del Presidente turco ha accusato il giornale di «razzismo culturale» e annunciato che Erdogan sporgerà querela. Macron ha reagito agli attacchi richiamando da Ankara l’ambasciatore francese. Diversi leader europei, fra cui il premier olandese Rutte, la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente del Consiglio italiano Conte hanno espresso il loro sostegno al Presidente francese, senza insistere troppo. Intanto le parole di Erdogan hanno avuto l’effetto di mobilitare contro la Francia le opinioni pubbliche di vari Paesi musulmani. Un po’ dappertutto è scattato il boicottaggio dei prodotti francesi che sono scomparsi dagli scaffali dei supermercati in Giordania, nel Qatar e in altri Paesi mediorientali. Ci sono anche state manifestazioni, con bandiere e simboli francesi bruciati, in particolare in Pakistan e nel Bangladesh. A tal punto che il Quai d’Orsay, il ministero degli Esteri di Parigi, ha sconsigliato ai francesi di viaggiare nei Paesi musulmani se non per motivi imprescindibili.
Per tentare di spegnere l’incendio, Macron, con una mossa senza precedenti, si è fatto intervistare da Al Jazeera, il canale televisivo finanziato dal Qatar, che ha un’audience consistente, 35-40 milioni di telespettatori. «Capisco e rispetto i sentimenti di coloro che possono essere offesi dalle caricature», ha detto il presidente, «ma non accetterò mai che siano strumentalizzate per giustificare la violenza. Difenderò sempre, nel mio Paese, la libertà di parlare, di scrivere, di pensare, di disegnare». Ma ha anche aggiunto che i disegni pubblicati su Charlie Hebdo non sono né il progetto né l’opera del Governo francese o del presidente della Repubblica. Nella lunga intervista, Macron ha difeso il «modello repubblicano» francese imperniato sulla laicità, «quella parola così complicata che è la causa di tanti malintesi».
«Le società anglosassoni – ha proseguito – sono caratterizzate dal multiculturalismo, il contrario di ciò che vogliamo fare in Francia: per noi il multiculturalismo è una giustapposizione di comunità che non si integrano». Macron ha così risposto indirettamente ad alcuni dirigenti occidentali, per esempio il premier canadese Justin Trudeau, i quali hanno osservato che la libertà d’espressione non è senza limiti e che non bisogna ferire i sentimenti degli uni o degli altri in modo arbitrario e inutile.
Criticato per la gestione interna del Covid, attaccato sul territorio nazionale dal terrorismo islamista, boicottato nel mondo musulmano, troppo tiepidamente appoggiato dai dirigenti occidentali, Emmanuel Macron attraversa un momento difficile, anche se il suo indice di popolarità, attestato sul 38%, non é crollato rovinosamente come quelli dei suoi predecessori. Gli resta però da dimostrare la capacità di far fronte a una pericolosa sovrapposizione di emergenze, stretto com’è nella doppia morsa del terrorismo e di un’epidemia che sembra fuori controllo.
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