I pochi contagi frenano la sperimentazione del vaccino cubano. Che c’è
di STRISCIA ROSSA (Oreste Pivetta)
E se il vaccino arrivasse da Cuba? Già ci è capitato di vedere in opera, alla prima ondata di coronavirus, l’équipe medica giunta dall’Avana in soccorso del nostro paese. Perché escludere il vaccino cubano? Perché negare un filo d’attenzione anche al nuovo Cuba Libre anti-virus, dopo l’ansiosa attesa di Pfizer, Moderna, a quanto pare i più vicini a noi, AstraZeneca, Sputnik (russo, naturalmente), Sinovac, Coronavac, Bbibp e di molti altri, il cui numero sorprende chi vive lontano dai centri di ricerca e non legge le riviste scientifiche, miracolose preparazioni che si celano sotto sigle indecifrabili ai più, alcuni in “fase 3” di sperimentazione, quando cioè a migliaia di persone viene somministrata l’agognata fialetta per valutarne l’efficacia preventiva…
Il parere dell’oncologo Cavalli
Mi gira un amico una pagina del Corriere del Ticino, quotidiano della Svizzera italiana, che pubblica un’ampia e dettagliatissima intervista di Fabio Pontiggia al professor Franco Cavalli, appena rientrato da Cuba, dopo aver seguito alcune fasi della sperimentazione del nuovo farmaco caraibico. Cavalli è oncologo e membro di mediCubaEuropa, la rete di associazioni e di organizzazioni non governative di tredici paesi europei che collaborano in campo sanitario con l’isola centroamericana. Mi permetto di trascrivere alcuni passaggi della testimonianza.
Lunga esperienza di Cuba sui vaccini
Premessa. Cuba ha intanto una lunga esperienza nel settore dei vaccini: è lì che si è individuato per esempio un vaccino contro il meningococco. L’Istituto Finlay, uno dei trentadue istituti che compongono il polo scientifico dell’Avana (BioCubaFarma), dove lavorano più di ventimila persone, fu infatti tra i primi a identificare alcuni agenti della meningite… Proprio L’Istituto Finlay, insieme con il centro di immunologia molecolare dell’Università dell’Avana, sta sviluppando alcuni vaccini contro il Sars-Cov-2 di cui uno (Soberana 1) è già in valutazione clinica, l’altro (Soberana 2) dovrebbe essere iniettato nei prossimi giorni. “Il principio – spiega Cavalli – è quello di stimolare le resistenze immunologiche grazie alla somministrazione di una piccola parte degli spikes (aculei) del virus, quella parte che funziona da ‘chiave’, la chiave che permette al virus di aprire la ‘serratura’ (recettore) della cellula. In Soberana 2 la risposta da parte dell’armamentario immunologico umano viene ulteriormente stimolata dall’aggiunta di un potenziatore”.
Sperimentazione anche all’estero
Quando dalla sperimentazione si potrà passare alla pratica? I cubani sono un po’ in ritardo rispetto agli studi d’altri paesi, ma sperano comunque di concludere la fase 3 entro marzo e di disporre del vaccino per la popolazione dell’isola entro l’inizio dell’estate. Un freno, ironia della sorte, viene dalla scarsa incidenza della pandemia: trenta/ quaranta contagiati al giorno, quando ogni giorno vengono testate otto/novemila persone. Cioè, i numeri sono bassi e mancano quindi le condizioni per una sperimentazione efficace. I cubani potrebbero “rivolgersi” all’estero, in un altro paese sudamericano peggio colpito. Se il numero dei contagi è basso, lo si deve anche ad una rete di medicina territoriale molto forte. Ogni “medico condotto” tiene sotto controllo non più di ottocento pazienti e ha l’obbligo di verificarne le condizioni almeno due volte all’anno: se l’assistito non si presenta in ambulatorio, è il medico che deve raggiungerlo a casa. Non se ne può dimenticare…
“E’ un po’ troppo presto – secondo l’oncologo ticinese – per poterne valutare l’affidabilità. I ricercatori cubani sono molto ottimisti e lo sono anche i rappresentanti dell’Organizzazione mondiale della sanità, che hanno assistito alla ricerca…”. Comunque il vaccino cubano, anche se arriverà dopo altri, potrebbe godere di alcuni vantaggi: intanto del costo inferiore e poi della stabilità, perché si conserva inalterato a temperature superiori (di poco) allo zero, al contrario del prodotto Pfizer che chiede per essere immagazzinato climi polari, rendendo il suo uso assai difficile in buona parte del mondo.
Ricerca assieme a produzione
Cuba sarebbe in grado di produrre il suo vaccino in grande quantità? “Una delle caratteristiche degli istituti di ricerca cubani è di disporre sotto lo stesso tetto sia di laboratori di ricerca sia di strutture di produzione industriale. Le esportazioni biotecnologiche rappresentano oggi una delle fonti principali di entrata per lo stato cubano. Faccio uno dei molti esempi possibili: tutto il mercato in America latina della eritropoietina è coperto da Cuba. Non sono però sicuro che la capacità produttiva cubana potrebbe far fronte alla domanda se questo vaccino o questi vaccini si imponessero veramente a livello internazionale. Però, siccome BioCubaFarma ha tre filiali in Cina, la mia impressione è che una buona parte della produzione potrebbe finire là”.
L’Istituto Finlay, a pagina d’apertura del suo sito internet, ci spiega: “Este resultado demuestra el éxito dela la politica cientifica de Cuba fundata por Fidel...”. Cuba che salva l’Europa e, soprattutto, l’America (anzi, le Americhe). Non ci resta che attendere…
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