Patrimoniale? Meglio la Paperoniale
da SOLDI E POTERE BLOG (Carlo Clericetti)
Il richiamo a Paperon de’ Paperoni non poteva essere più esplicito. Un gruppo di accademici piemontesi ha lanciato la proposta di una imposta sulla ricchezza finanziaria e l’ha chiamata “paperoniale”, che è anche un modo di sdrammatizzare la tanto temuta patrimoniale che ogni tanto riemerge nel discorso pubblico. Ora è appunto riemersa, a stretto giro dopo la proposta dei piemontesi, con un emendamento alla manovra economica i cui primi firmatari sono Nicola Fratoianni di LeU e Matteo Orfini del Pd. Una firma particolarmente significativa quest’ultima: Orfini, fino all’anno scorso presidente del partito, si muoveva di conserva con Matteo Renzi durante la sua segreteria è non si è mai distinto per posizioni di sinistra. Segno che l’idea della patrimoniale si sta facendo strada anche in settori politici moderati.
Le due proposte sono piuttosto diverse. Quella Fratoianni-Orfini prende in considerazione sia immobili che ricchezza finanziaria e fa partire il prelievo da una base imponibile di 500.000 euro calcolata al netto di eventuali mutui. Assorbirebbe sia l’Imu – che però ora sulla prima casa non si paga – che l’imposta di bollo sui conti correnti, e prevede aliquote progressive dallo 0,2% fino al 2% per patrimoni oltre i 50 milioni, e per il 2021 del 3% per quelli superiori al miliardo.
La proposta dei piemontesi, che ha la forma di una petizione rivolta al Parlamento e quindi aperta alle adesioni dei cittadini (si può firmare su questo sito appositamente predisposto), punta invece sulla sola ricchezza finanziaria, escludendo tutti gli immobili. Escluderebbe anche la metà delle famiglie a più basso reddito e le aliquote sarebbero inferiori: l’ipotesi è di un’aliquota media dello 0,15% per arrivare allo 0,8% per il decimo più ricco. “Siccome la ricchezza finanziaria è molto concentrata – spiega l’economista Guido Ortona, uno dei promotori – il gettito dovrebbe essere superiore ai 20 miliardi”.
Secondo stime Bankitalia, a fine 2019 la ricchezza finanziaria era di 4400 miliardi, circa il doppio del debito pubblico. Viene in mente una delle frasi fulminanti del politico socialista Rino Formica: “Il convento è povero, ma i frati sono ricchi”. E’ quello che ci hanno più volte rimproverato vari esponenti dei paesi del nord, tedeschi e olandesi in testa, che hanno – come molti economisti – la fissazione che i pericoli per la stabilità vengano dai debiti pubblici e non da quelli privati (che in Italia sono bassi rispetto al Pil, al contrario, per esempio, che in Olanda). Eppure le recenti gravi crisi sono state generate dai debiti privati, come quella del 2007-2008 in Usa, ma poi anche Spagna e Irlanda che avevano debiti pubblici molto bassi. Come che sia, i nordici ci rimproverano di chiedere la solidarietà europea e non attingere invece alla ricchezza all’interno del paese. Da questo punto di vista non hanno tutti i torti.
C’è da dire che la necessità di una imposta patrimoniale è un segno di sconfitta. Sconfitta del sistema politico che non è stato capace di dosare correttamente entrate e uscite e sconfitta del fisco, che non riesce a tassare tutti i redditi nello stesso modo (e con alcuni non ci riesce proprio), e che ha via via ridotto la progressività che colpisce ormai solo i redditi da lavoro e da pensione e scompare per i redditi più alti. Questo ha generato una elevata concentrazione della ricchezza: la patrimoniale è una sorta di tentativo di rimediare a posteriori, e non è una bella cosa perché colpisce anche chi di tasse ne ha già pagate tante. E però, in un momento di grave crisi come questo, chi ne ha la possibilità dovrebbe avvertire il dovere morale di dare un contributo a vantaggio di chi ha serie difficoltà a tirare avanti.
Ciò detto, la “paperoniale” dei piemontesi appare una soluzione migliore dell’emendamento Fratoianni-Orfini. Considerare la casa ai fini del patrimonio imponibile, in un paese dove i proprietari di case sono circa l’80%, significa prender dentro quasi tutti, compreso magari chi ha ereditato un immobile di un certo valore ma per il resto non è affatto ricco. Invece un prelievo sulla ricchezza mobiliare, con esenzione dei meno abbienti e aliquote modeste, di certo non metterebbe in difficoltà nessuno. Chi ha risparmi per 20.000 euro, con un’aliquota dello 0,15%, dovrebbe pagare 30 euro l’anno, il conto di una cena in pizzeria. La Banca d’Italia ci dice che (al 2016) il 53% della ricchezza finanziaria è detenuto dal 10% più ricco e che il 5% al top detiene in media 220.000 euro di attività mobiliari. Con un’aliquota dello 0,8%, la tassa sarebbe di 1762 euro l’anno, che non è certo una cifra da esproprio.
La proposta dei professori piemontesi è comunque soprattutto un invito al Parlamento a prendere in considerazione questa misura, i cui dettagli possono ovviamente essere modificati. Non risolverebbe tutti i nostri problemi, ma sarebbe un segnale che chi può si fa carico delle difficoltà del momento.
FONTE:https://clericetti.blogautore.repubblica.it/
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