La rivoluzione del nostro tempo. L’economia sociale di mercato in Bielorussia
La storia lo testimonia in modo convincente: la Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre, il cui principale obiettivo era la costruzione di una società di giustizia sociale, libera dalla disuguaglianza e dall’oppressione, era dotata di un’enorme forza creatrice. L’energia dell’Ottobre ha ispirato la vittoria nella Grande Guerra Patriottica, la conquista del cosmo, le realizzazioni del lavoro del popolo sovietico, fatti riconosciuti in tutto il mondo. La rivoluzione d’Ottobre ha cambiato il destino della Bielorussia, ha dato un potente impulso alla rinascita sociale e spirituale del nostro popolo.
I bielorussi hanno ottenuto il loro stato, hanno creato un’industria ad alta tecnologia, un’agricoltura moderna, una cultura e una scienza d’avanguardia. La repubblica di Bielorussia è uno stato sovrano che gode di stima e di prestigio nella comunità internazionale. I tratti distintivi della Bielorussia moderna sono la stabilità politica ed economica, la concordia civile e la preoccupazione per la gente. Il nostro paese marcia in modo deciso sulla strada dello sviluppo scelta dal popolo, alla cui base si trovano gli ideali di pace, libertà, uguaglianza e giustizia dell’Ottobre»
Aleksander Lukashenko (“Sovietskaya Belorussija”, 6 novembre 2005)
Se una rivoluzione c’è stata in Bielorussia chi l’ha fatta è proprio Aleksander Lukashenko in continuità magari con l’Ottobre. Un Ottobre adeguato al nuovo secolo. Egli ha respinto le ricette del FMI anche ottenendo notevoli risultati, almeno nei primi anni. La Bielorussia di Lukashenko sembra indirizzata sulla strada di una “economia sociale di mercato» sul modello cinese.
Lukashenko è stato tra i pochi deputati sovietici contrari allo scioglimento dell’Urss, è salito al potere battendo i suoi oppositori con un programma preciso: limitare le privatizzazioni in economia e protezione del sistema di sicurezza sociale. La Bielorussia attua una politica diversa da quella degli altri paesi dell’Est. Le principali imprese restano nelle mani dello Stato, e la libertà di movimento dei capitali è limitata. Niente regole dettate dal FMI.
La Bielorussia ha respinto la «terapia d’urto economica» imposta dall’Occidente che saccheggiava la ricchezza pubblica di molte delle altre ex repubbliche sovietiche. Dopo il 1994, Lukashenko, lanciò l’idea della «economia sociale di mercato», in opposizione a quello che considerava il «capitalismo selvaggio» che imperversava nelle altre repubbliche post-sovietiche. Di conseguenza i punti strategici dell’economia rimangono saldamente nelle mani del governo.
Egli ha tenuto il suo Paese al riparo dalla “transizione al capitalismo” scaturita dall’implosione del socialismo reale, evitando per un verso di svendere le risorse nazionali e imponendo vincoli al mercato, preservando per altro verso il già vigente sistema di sicurezza sociale, dove il neo-liberista Yushenko ha immediatamente inaugurato il suo mandato presidenziale procedendo ad oltre 3 mila passaggi di proprietà pubbliche ai privati, vendendo beni pubblici di portata strategica quale il colosso metallurgico Krorizhstal.
Lukashenko ha costituito un intralcio sulla strada del liberismo trionfante. Una flagrante violazione al principio recitato dal finanziere George Soros nel corso di una visita a Kiev: «È necessario affermare con forza il diritto di proprietà, presupposto imprescindibile per la crescita» (“Liberazione”, 27-11-05).
La Bielorussia, contro ogni parere del FMI e della Banca Mondiale, non ha adottato alcuna terapia shock. Il passaggio dal sistema socialista sovietico ad un modello sostenibile di economia sociale di mercato è avvenuto con molta gradualità.
I suoi avversari, al contrario, sono stati conquistati dalle ipotesi di occidentalizzazione del paese. Si tratta di una rilevante minoranza, ma non ci sono dubbi che la maggioranza del paese rimanga fedele alla politica di Lukashenko.
Se l’anzidetta ispirazione politico-ideologica ha consentito per un certo periodo alla Bielorussia di mantenere un alto tenore di vita interno rispetto alle realtà circostanti con un tasso di disoccupazione azzerato, l’ha però anche resa un pericoloso corpo estraneo in un contesto regionale strategicamente delicato, una sorta di ingombro sulla strada del liberismo trionfante.
L’analista politico russo Sergey Kara Murza ha affermato che il sistema bielorusso potrebbe servire da modello per la resurrezione dello Stato socialista. La lezione per i vicini è particolarmente valida (Shamir 2010).
Il modello è socialismo di (più o meno) libero mercato che significa alto tasso di dirigismo statale (in modo che l’economia sia in mani nazionali e non della finanza internazionale) e un alto tasso di libero mercato (che significa merci e servizi con costi minimi). L’economia di mercato socialista evita l’instabilità macroeconomica del capitalismo, mentre sfrutta l’efficienza microeconomica del mercato (Cadoppi 2018).
Lukashenko pensa al modello cinese per lo sviluppo dell’economia e sono state avviate zone speciali come in Cina (modello ormai imitato anche dalla Russia di Putin), questo vuol dire che se le multinazionali vengono a portare lavoro e prosperità sono bene accette. se vogliono portare colonialismo vengono rispedite a casa. Le joint-ventures sono frequenti in Bielorussia con aziende del nord Europa.
Israel Shamir scrive che in Bielorussia non ci sono oligarchi. Il socialismo è limitato ai principali datori di lavoro; la proprietà privata e le imprese private sono assolutamente rispettate. «Gli imprenditori locali mi hanno detto che c’è poca corruzione, molto meno che nei paesi vicini. Ci sono molte persone benestanti ma nessun super-ricco; ci sono molte belle macchine per le strade di Minsk, ma molto meno e molto più elaborate sono le macchine a Mosca, dove si potrebbe dire che o sei in una Bentley o vai a piedi. La stragrande maggioranza delle auto a Minsk sono veicoli economici moderni europei e giapponesi. Le vecchie auto sovietiche sono praticamente sparite» (Shamir 2010).
Lukashenko, nei limiti del possibile, utilizza strumenti caratteristici dell’Unione Sovietica. Ad esempio, si svolgono regolarmente Congressi Popolari, che riuniscono fino a 3 mila delegati dei collettivi di lavoro, delle organizzazioni sociali e dei partiti, dove si decidono gli orientamenti di fondo per il successivo piano quinquennale. In molti settori è conservata la pianificazione almeno per grandi linee.
La Bielorussia ha un’economia in crescita dal 1996, un debito quasi nullo, una disoccupazione all’1,4% ed ha conservato una elevata spesa sociale. In Bielorussia non si sono avute privatizzazioni selvagge, a differenza delle altre repubbliche ex sovietiche, per cui l’80% delle imprese sono rimaste pubbliche e nei settori privatizzati lo Stato si è riservato la “golden share”. In base all’ultimo rapporto dell’ONU la Bielorussia fa parte dei paesi meno corrotti al mondo.
Dopo il 1994, si è riusciti non solo a preservare, ma anche ad aumentare il tenore di vita. Nonostante tutto il PIL pro capite a parità di capacità d’acquisto è più del doppio di quello ucraino.
I prezzi dei prodotti in Bielorussia sono ancora oggi controllati dallo Stato, così come la gestione di aziende, che – seppur private – devono lasciare spazio al Governo in alcune attività. Le “imprese repubblicane” (aziende interamente sotto il controllo pubblico) producono tutti i prodotti strategici: dai fili elettrici agli esplosivi, passando per libri e riviste. Ottanta di queste sono registrate come monopoliste dal governo.
In Bielorussia non esistono oligarchi, grandi uomini d’affari né sono presenti grandi corporazioni private (Aslund). Bloomberg sottolinea che Lukashenko ha impedito l’emergere dell’oligarchia. D’altra parte, nei paesi di lingua russa esistono gli stessi oligarchi che in quelli di lingua anglosassone vengono chiamati benefattori dell’umanità: Bill Gates, Rockfeller & Co.
La forma di agricoltura della “fattoria collettiva” è stata preservata, molte tradizioni sovietiche come i subbotnik sono rimaste, mentre le garanzie sociali sono state salvaguardate e il paese nel suo insieme sembra molto prospero e ben organizzato.
Roy Medvedev vecchio dissidente del Comitato dei diritti umani al tempo dell’URSS assieme a Sacharov ma poi oppositore di Eltsin e della deriva liberista, scrive:
«Alla fine dell’anno 2005 più dell’80 per cento delle attività, nelle città e nelle campagne di Bielorussia, facevano riferimento alla proprietà statale e cooperativa. Le imprese bielorusse, i kolchoz e i sovchoz, funzionano, in generale, meglio che nell’epoca sovietica, poiché oggi devono competere nel mercato russo e mondiale. Nell’economia bielorussa sono mantenute, in sostanza, le forme di organizzazione economica (di direzione amministrativa) sovietiche, e lo stato sostiene anche molte imprese deficitarie. Aleksandr Lukashenko ha dato in molte occasioni la sua definizione del modello bielorusso che consisterebbe nel creare uno stato per il popolo: “Costruiamo uno stato orientato al sociale. Non abbiamo percorso la strada della distruzione, e abbiamo anche rinunciato alla parola ‘riforma’, che ha intimorito le nostre genti, in Russia come in Bielorussia. Noi non parliamo di riforma, ma di perfezionamento. Non percorriamo la precedente strada della distruzione. Partiamo da quello che abbiamo, mettiamo in piedi ciò che veramente vale la pena, e iniziamo a perfezionare tutto questo. E fondamentalmente ci appoggiamo alle fondamenta che sono state create in Unione Sovietica, qui, in questa terra, e innalziamo un edificio economico normale, che oggi ci fa conseguire il risultato definito. Costruiamo un modello che tiene conto, prima di tutto, dell’essere umano. E unicamente in questo si trova la base della forza del presidente e del nostro stato, nel fatto che mai perderemo di vista gli interessi del cittadino”» (Medvedev 2006).
La Bielorussia è dunque una economia di mercato orientata al sociale. In un documento ufficiale si può leggere: «Lo Stato svolge un ruolo attivo nella formazione dei rapporti di mercato» (Ambasciata 2007). L’opposizione critica in modo risoluto queste modalità di «costruzione del socialismo di mercato su basi sovietiche» (“Narodnaya volia”, 5/01/2005). È stata mantenuta la proprietà pubblica nei settori produttivi strategici come pure i piani quinquennali anche se molto flessibili e generici, insomma linee guida a breve e lungo termine analogamente a quelli cinesi.
Lukashenko afferma che la mancanza di una pianificazione rigida è ciò che rende la Bielorussia diversa dai vecchi stati socialisti sebbene non abbia rifiutato la pianificazione nel suo insieme. La Bielorussia adotta bilanci per un anno e 12 principali indicatori di sviluppo sociale ed economico. «Ma non è quel tipo di pianificazione che aveva l’Unione Sovietica», ha sottolineato il presidente. In effetti assomiglia più a quella cinese.
Il presidente ha anche menzionato la concorrenza tra le principali differenze. «La concorrenza è ciò che accetto senza ripensamenti nei rapporti di mercato. Se la concorrenza è leale, non ci sarà stagnazione nella società e nell’economia». Secondo lui, lo stato dovrebbe creare le condizioni affinché le persone possano mostrare le loro migliori qualità e questo andrà sempre a vantaggio di qualsiasi stato. La Bielorussia è in testa agli stati della CSI nella classifica Doing Business, ovvero sulla facilità di fare affari il che non significa, beninteso, il liberismo della Banca Mondiale.
Come scrive l’economista americano David Schweickart, il teorico della democrazia economica, il socialismo di mercato «è la sola forma di socialismo, al presente stadio di sviluppo umano, che sia attuabile e desiderabile. E forme di socialismo senza mercato sono o economicamente non attuabili o normativamente non desiderabili, spesso sia l’uno che l’altro» (Ollman, 1998: 10).
Scrive un analista: «Lukashenko ha adottato, sin dal suo insediamento, una serie di politiche che hanno dato vita ad un’economia “socialista di mercato”. Lo Stato continua ad esercitare un ruolo importante in molte aree, il settore privato produce appena il 30 per cento del Prodotto Interno Lordo ma, al tempo stesso, il tasso di disoccupazione è sempre stato piuttosto basso, i servizi sanitari gratuiti e accessibili, il tasso di corruzione moderato e lo stato delle infrastrutture decisamente buono. La crisi economica della Federazione Russa del 2014 ha però portato ad una certa stagnazione che ha posto fine all’impressionante crescita registrata tra il 2003 ed il 2013. In quegli anni si è registrato un deciso calo del livello di povertà ed un incremento del reddito medio delle famiglie meno ricche» (Walton 2020).
Naturalmente esiste la proprietà privata è ciò la rende diversa dall’Unione Sovietica ma più simile alla Cina. «La proprietà privata è necessaria. Ma deve essere creata in modo trasparente e onesto», ha sostenuto Alexander Lukashenko.
Lukashenko ha affermato che è stata assunta la decisione che prevede che un dirigente di azienda non debba percepire uno stipendio superiore di quattro volte a quello medio. Le aziende statali, come del resto quelle cinesi, spesso sono state trasformate in Società per azioni e ai dirigenti come ai dipendenti viene offerta parte del pacchetto azionario.
La Bielorussia ha conservato molti aspetti positivi degli stati socialisti, ad esempio, istruzione e assistenza sanitaria gratuite (Social state 2013).
“Bloomberg”, sostiene che il rifiuto delle privatizzazioni negli anni Novanta ha impedito l’emergere dell’oligarchia e sottolinea che il livello di disuguaglianza sociale in Bielorussia è inferiore a quello di qualsiasi paese dell’UE (Carapinha 2020).
Anders Aslund dichiara: «Chi visita la Bielorussia è sorpreso: questa è l’ultima economia sovietica, ma in realtà funziona. La sua economia altamente industrializzata è dominata da circa 40 aziende statali, in particolare nell’industria pesante. Producono ancora prodotti sovietici, ma sono i migliori prodotti sovietici che abbiate mai visto. I problemi macroeconomici sono irrisori. L’inflazione è sotto controllo, intorno al 5%. Il disavanzo di bilancio ufficiale è minuscolo e il debito pubblico totale è limitato al 35% del PIL. In generale, l’amministrazione statale gode di buona salute, probabilmente la migliore dell’ex Unione Sovietica. La Bielorussia non ha grandi uomini d’affari o oligarchi privati. Finora la corruzione è stata sorprendentemente limitata».
Anders Aslund non è uno qualsiasi ma tra gli artefici della “terapia d’urto” in Russia dopo il crollo dell’URSS:
«In un decennio, il PIL russo è diminuito di quasi la metà (data.worldbank.org). L’aspettativa di vita dei russi è scesa a 59,8 anni (UNDP Human Development Report, 2000) e il paese si è trovato sull’orlo del collasso. Ma il saccheggio non ha creato solo miseria e morte: ha creato milionari russi e riempito i conti degli oligarchi demo-occidentali: tra il 1992 e il 1998 la fuga di capitali dalla Russia verso le banche occidentali ha raggiunto i 210 miliardi di dollari (“Financial Times”, 27.8.99)».
Il presidente Lukashenko è nel mirino dei “rivoluzionari colorati” per la difesa dell’economia bielorussa dai voraci appetiti del grande capitale globalista e anche dagli oligarchi russi, mantenendo «i tre quarti dell’economia nel settore pubblico». Se scegliesse diversamente, come Guaidó, potrebbe essere considerato un presidente legittimo anche senza fastidiose votazioni che, come in Bolivia, potrebbero riportare al potere i “dittatori” rovesciati. Avrebbe il trattamento mediatico delle democraticissime petromonarchie arabe, e apprezzato dal campione dei diritti umani in Palestina: Israele (Cadima 2020).
Il direttore per il lavoro ideologico presso la fabbrica di trattori di Minsk mostrava con orgoglio a un giornalista i vantaggi che la sua azienda offre: «a costi bassi o nulli, a più di 30.000 lavoratori e pensionati. Nella clinica sanitaria dello stabilimento, 560 medici e il personale utilizzano eleganti apparecchiature occidentali per fornire assistenza dai controlli di routine alla chirurgia, inclusa la correzione della vista laser» (Signorelli 2019).
Intanto il palazzo della cultura ospitava un concerto in onore del “Giorno dei costruttori di macchine”. «Fuori dalla capitale, un sanatorio nel bosco fornisce cure, vacanze e campi estivi per i bambini di 300 dipendenti alla volta» (Signorelli 2019).
Al posto delle strade piene di buche, degli edifici fatiscenti e dello spopolamento riscontrato in alcune altre nazioni ex sovietiche in difficoltà, Lukashenko ha trasformato Minsk in una sorta di parco a tema sovietico: «Le statue di Lenin e di altri eroi bolscevichi dominano ancora i paesaggi urbani. Gli edifici e i viali dell’era di Stalin sono mantenuti e dipinti in modo impeccabile; i parchi sono ben curati e i marciapiedi puliti. Dopo che Lukashenko ha visitato la fabbrica di trattori nel 2015, i manager hanno restaurato i fregi dell’era comunista rimossi durante la campagna contro gli “eccessi architettonici” che seguì la morte di Stalin, nel 1953».
La Bielorussia ha avuto un percorso unico nel mondo ex sovietico che ha condiviso con la Russia dopo l’avvento di Putin ovvero quello della stabilità (Signorelli 2019).
Georgia, Moldova o Ucraina hanno la metà del reddito pro capite della Bielorussia o forse meno. Erano economie che dipendevano dall’integrazione con la Russia. La rottura con essa ha portato instabilità interna e secessione di minoranze che non vogliono separarsi da quella che comunque ritengono sia la loro madrepatria. Invece di energia a basso costo come la Bielorussia sanzioni economiche da parte della Russia. Da questo punto di vista Lukashenko ha gestito molto meglio i rapporti con la Russia salvando il mercato russo e ottenendo addirittura notevoli vantaggi.
Bielorussia nella geopolitica: Cina ed Eurasia
A parte la Russia i rapporti più importanti sono quelli con la Cina e l’Eurasia. Lukashenko è stato attento ad instaurare buoni rapporti anche con India e Vietnam.
I risultati economici e politici della visita del leader bielorusso in Cina nel 2005 sono considerati da alcuni analisti senza precedenti. Sono stati raggiunti accordi in tutte le sfere. I due paesi hanno eccellenti rapporti reciproci e un’azione comune nelle organizzazioni internazionali.
La Bielorussia è senz’altro la più stretta alleata europea del governo di Pechino. I primi leader mondiali a chiamare Lukashenko per congratularsi dopo ogni sua elezione sono stati i presidenti cinesi Hu Jintao e Xi Jinping. Non è poi cosa da poco ricevere una chiamata da chi sta guidando il paese destinato a diventare la principale potenza mondiale. Il presidente cinese Xi Jinping è stato il primo quest’anno a inviare un messaggio di saluto al presidente bielorusso parlando del partenariato strategico e di amicizia personale. Il 24 settembre, il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Wang Wenbin, commentando la cerimonia di inaugurazione, ha sottolineato che le elezioni presidenziali in Bielorussia sono un suo affare interno. Ha anche aggiunto: «Speriamo e crediamo che sotto la guida di Lukashenko la Bielorussia sarà in grado di ripristinare la stabilità politica».
La Cina vede la Bielorussia come “l’ultima fermata” della “Via della Seta” terrestre prima dell’UE. Per questa ragione, ha portato avanti investimenti e sussidi verso l’economia della Bielorussia.
Aleksander Lukashenko si è pronunciato per una più stretta collaborazione tra l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai e l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (trattato militare tra i paesi della CSI). «Penso che rappresenterebbe un nuovo elemento nelle relazioni internazionali», ha affermato il presidente. Lukashenko valuta molto positivamente il ruolo della Cina nell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai. Lo ha affermato durante il suo incontro con il ministro della difesa cinese.
Lukashenko ha sostenuto la strategia di sviluppo infrastrutturale globale dell’Iniziativa Belt and Road della Cina e l’inizio nel 2012 del relativo parco industriale Cina-Bielorussia a tassazione speciale vicino all’aeroporto nazionale di Minsk prevede di crescere fino a 112 chilometri quadrati entro il 2060. Xi ha messo sul piatto due miliardi di dollari per la «perla della Silk Road Economic Belt», il parco (Velikii Kamen’) di futuristica avanguardia tecnologica che la Cina ha praticamente “donato” a Minsk.
Gli aiuti economici stanno arrivando: «Le strutture economiche e politiche per dare concretezza sono già operative o stanno compiendo i primi passi: sono quelle legate ai Brics, con relativa Banca per lo sviluppo, la Shanghai Cooperation Organization, così come la Asian Infrastructure and Investment Bank (AIIB) e lo specifico Fondo per la Via della seta, per non parlare delle grandi banche statali cinesi che lo alimentano e della aziende di Stato sempre più in grado di tenere testa alla concorrenza globale su tutti i continenti» (Bertozzi 2018).
In preparazione, un Dipartimento di Lingua e Cultura Cinese è stato aperto presso la prestigiosa Minsk State Linguistic University nel 2017, e la letteratura cinese ha cominciato ad essere pubblicata in traduzioni bielorusse. Il sito ufficiale della Bielorussia è disponibile in cinese, insieme alle sue versioni bielorusse, russe e inglesi. Le informazioni in lingua cinese sono apparse negli aeroporti e nelle stazioni ferroviarie dei capoluoghi regionali. Le autorità di Grodno hanno fatto un ulteriore passo avanti commissionando nuove indicazioni per il centro con il nome della loro città in cinese.
I media bielorussi hanno dato particolare risalto al rapporto amichevole tra Lukashenko e il presidente Xi: con una Cina forte, anche la Bielorussia sarà forte. Al 18° vertice dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai l’impressione in Bielorussia era che fosse un vertice Bielorussia-Cina. La prospettiva è di istituire una zona di libero scambio tra la Cina e l’Unione eurasiatica, Lukashenko ha annunciando l’eliminazione del visto per i cittadini cinesi. I giornalisti cinesi hanno lodando il figlio di Lukashenko, Kolya un ragazzo bello e ben istruito, che parla così bene il cinese.
Il commercio di semilavorati in legno con la Cina è aumentato di dieci volte nel periodo gennaio-settembre 2020 con tempi di consegna che sono stati notevolmente ridotti grazie all’utilizzo del trasporto ferroviario nell’ambito della Belt and Road Initiative del governo cinese. Più di 380mila container sono stati trasportati a gennaio-settembre lungo la ferrovia bielorussa nelle direzioni Cina-Europa-Cina. Un quantitativo superiore di 1,6 volte rispetto allo stesso periodo del 2019. Inoltre la Bielorussia ha iniziato a esportare prodotti lattiero-caseari e la carne bielorussa sarà presto offerta ai consumatori cinesi.
Sergey Glazyev membro della Commissione economica eurasiatica a margine del forum commerciale EAEU (Glazyev 2020) ha dichiarato che la Bielorussia è la locomotiva dell’integrazione eurasiatica.
Bibliografia
Bertozzi Diego Angelo 2018: Libro in uscita: La Belt and Road Initiative. La nuova via della seta e la Cina Globale, “Marx XXI”, 19 aprile 2018.
Cadima Jorge 2020: “Saccheggiare l’est”, “Marx XXI”, 17 settemnbre 2020.
Cadoppi Giambattista 2018. Crisi, crollo e rinascita del socialismo. Il socialismo dalla Primavera di Praga alla caduta nell’Europa Orientale, alla rinascita in Asia, Anteo.
Carapinha Luis 2020: La Bielorussia affronta la guerra ibrida dell’imperialismo, “Marx XXI”, 17 ottobre 2020.
Glazyev Sergey 2020: Belarus viewed as driving force of Eurasian integration, “BelTA”, 28 ottobre 2020.
Medvedev Roy 2006: El fenómeno bielorruso, “Rebelion”, 16 marzo 2006.
Ollman, Bertell (a cura) 1998: Market Socialism. The Debate Among Socialists. Routledge.
Shamir Israel 2010: The Minsk Election in a Wikileaks Mirror, “Counterpunch”, 31 dicembre 2010.
Signorelli Andrea 2019: L’ultima economia sovietica d’Europa non se la cava per niente male. Ma l’eccezionalità della Bielorussia potrebbe avere i giorni contati, “Esquire”, 3 dicembre 2019.
Social state 2013: Lukashenko: Belarus builds a social state, not a socialist state, “BelTA”, 21 ottobre 2013.
Walton Andrea 2020: Chi è Aleksandr Lukashenko, “Inside Over”, 13 settembre 2020.
* Questo saggio è la rielaborazione di un capitolo del mio libro Bielorussia. Tra Eurasia e rivoluzione colorata, uscito in questi giorni per i tipi di Anteo Editore.
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