La rete che unisce l’Eurasia: il corridoio dei lapislazzuli
da TERMOMETRO GEOPOLITICO
(Emanuele Pietrobon)
L’Asia centrale, essendo il crocevia in cui si incontrano e scontrano ab immemorabili i destini delle potenze storiche dell’Eurasia, in primis Russia, Cina, Turchia e India, riveste un’importante pivotale ai fini del controllo e dell’egemonia sul continente.
Riconquistata la libertà a fine Novecento, grazie all’estinzione dell’Unione Sovietica, questa regione è tornata al centro della competizione globale all’alba del nuovo secolo ed è, oggi, attraversata e tagliata diagonalmente da una costellazione di rotte commerciali e corridoi di trasporto costruiti nell’ambito di macro-progetti d’integrazione regionali quali la Nuova Via della Seta, l’Unione Economica Eurasiatica e il Consiglio Turco.
Inviare un cargo da Shanghai ad Amburgo non è mai stato così semplice, né così veloce, e il merito è del circuito di interdipendenza commerciale e interconnettività infrastrutturale costruito progressivamente nell’ultimo ventennio; circuito che non potrebbe esistere né funzionare senza l’Asia centrale, che è, a tutti gli effetti, il trait d’union tra le varie reti, linee e rotte realizzate nell’arco degli anni da diversi attori per scopi che, in quanto differenti ma simili, si sono rivelati perfettamente complementari.
Tra le molteplici tratte internazionali che traversano l’Asia centrale, una delle meno conosciute è la strada dei lapislazzuli, un corridoio di trasporto inaugurato nel 2018 e che si distingue per una peculiarità: non è l’espressione di un disegno egemonico cinese, come la Jiaozhou–Baku, o delle aspirazioni imperiali turche, come la Baku–Tbilisi–Kars, ma è il risultato degli sforzi congiunti di due giocatori locali, Turkmenistan e Afganistan, e della prima potenza del Caucaso meridionale, l’Azerbaigian.
La storia del progetto
Il passato è l’ombra del presente, e i nomi magniloquenti dei titanici progetti di integrazione e interconnessione continentale che stanno riscrivendo il volto dell’Eurasia ne sono la dimostrazione. La Nuova Via della Seta è un richiamo all’antica ed originale rotta che nei secoli ha collegato le civiltà del Mediterraneo con l’impero celeste, l’Uee fa riferimento all’idea sedimentata nella dirigenza russa che Mosca appartenga simultaneamente all’Europa e all’Asia, e il corridoio dei lapislazzuli vuole rievocare il commercio di questa pietra preziosa che, sin dall’antichità, i mercanti del Turkestan hanno esportato in ogni punto dell’Eurafrasia.
I governi di Afganistan, Azerbaigian e Turkmenistan iniziarono a vagliare l’idea di una rotta internazionale in grado di migliorare l’interconnettività dell’Asia centrale quasi dieci anni or sono, nel 2012. All’epoca, Baku stava muovendo i primi passi verso la costruzione di uno status egemonico nell’area Caucaso–Caspio, Ashgabat era alla ricerca di opportunità di diversificazione e Kabul cominciava a pensare al dopo–ritirata americana; una combinazione propizia di eventi che avrebbe condotto all’apertura di un tavolo negoziale sul quale discutere come coniugare le rispettive agende, visioni ed ambizioni.
Sin dai primordi, un ruolo-chiave nel processo negoziale è stato giocato da Ankara, che ha visto nell’ambizioso progetto un’opportunità per dare concretezza al sogno di un corridoio panturco esteso dall’Anatolia al Turkestan e poggiante su una costellazione di collegamenti ferroviari, come la BTK, e reti di trasporto, come il Corridoio di mezzo (Middle Corridor) e il Corridoio di trasporto internazionale Nord–Sud, che, a loro volta, possibilitano l’accorciamento delle distanze con Pechino. È per le soprascritte ragioni che la capitale turca ha ospitato il terzo incontro del gruppo di lavoro sulla strada dei lapislazzuli, avvenuto nel febbraio 2016, e che la Turchia risulta tra i firmatari dell’Accordo sulla rotta di transito e trasporto dei lapislazzuli, siglato ad Ashgabat il 15 novembre 2017.
I lavori sono proceduti sullo sfondo di trattative, tavole rotonde e discussioni tecniche che, organizzate a cadenza regolare e periodica, sono state, sì, influenzate dalla Turchia, ma sono state protagonizzate dall’Azerbaigian. È a Baku che, invero, tra il 15 e il 16 novembre 2016, si sono riunite le parti per rifinire gli aspetti tecnici del corridoio nell’attesa dell’accordo definitivo; ed è sempre Baku che, insieme all’Asian Development Bank, ha contribuito maggiormente al finanziamento del progetto.
La banca multilaterale e il governo azero hanno destinato oltre cinque miliardi di dollari alla costruzione delle necessarie rotte stradali, autostradali e ferroviarie e al potenziamento delle tratte esistenti, in primis la BTK, e del porto di Baku. Il governo azero, singolarmente, ha investito nell’aumento delle capacità della BTK e del porto di Baku rispettivamente 770 e 760 milioni di dollari.
La cerimonia di inaugurazione ha avuto luogo a poco più di un anno di distanza dalla firma dell’accordo di Ashgabat. Il 13 dicembre 2018, alla presenza del presidente afgano Ashraf Ghani, dalla città di Herat è partito il primo treno-merci diretto verso ponente, carico, tuttavia, non di pietre preziose ma di 175 tonnellate di cotone, frutta secca e sesamo.
Nel primo anno di operatività, l’interscambio commerciale tra Baku e Kabul ha registrato un incremento del 50%; un risultato tangibile, concreto ed immediato che è indicativo dell’utilità e della profittabilità del corridoio. Inoltre, tutto indica che la rete, se fosse adeguatamente sfruttata da Bruxelles e Pechino, potrebbe contribuire a migliorare i traffici tra i mercati europeo e cinese; attraverso essa, infatti, un cargo afgano raggiunge l’Europa in soli sedici giorni.
L’importanza geostrategica
Il corridoio dei lapislazzuli è una rete transnazionale per il trasporto merci che si origina in Afganistan, a Torghundi (provincia di Herat), prosegue verso il Turkmenistan, attraversando Ashgabat, e raggiunge l’Azerbaigian a mezzo della rotta marittima Turkmenbashi–Baku. Le merci, una volta giunte nella capitale azera, possono essere redirezionate verso il Vecchio Continente tramite la Georgia, che figura tra i membri ufficiali del corridoio e i cui porti di Poti e Batumi sono collegati al porto di Costanza (Romania), e la Turchia, che dal 30 ottobre 2017 è amalgamata all’Azerbaigian dalla BTK.
Il corridoio è il complemento ideale ai progetti di integrazione regionale rispondenti a Cina (Nuova Via della Seta), Russia (Uee) e Turchia (Consiglio Turco); progetti che risulterebbero irreparabilmente troncati e imperfetti senza la partecipazione dell’Azerbaigian, trait d’union tra i mondi russo e turco, tra Mar Nero e Mar Caspio, tra Caucaso meridionale e Asia centrale, ovvero tra Europa e Asia.
Ad ogni modo, la rilevanza geostrategica della strada dei lapislazzuli travalica i confini dei singoli disegni egemonici delle grandi potenze e tocca le corde dell’integrazione eurafrasiatica voluta dalla moltitudine. Il corridoio, in effetti, oltre ad essere inquadrato perfettamente nelle rotte della Nuova Via della Seta, dell’Uee e del Consiglio Turco, si connette in maniera altrettanto circostanziata con il Corridoio di trasporto internazionale Nord–Sud (via Baku) e potrebbe assurgere a perno del futuro corridoio indo–irano–turcico (via Kabul).
FONTE: https://it.insideover.com/economia/la-rete-che-unisce-leurasia-il-corridoio-dei-lapislazzuli.html
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