Se ora i Mercati sfidano anche le Banche Centrali
di TELEBORSA (Guido Salerno Aletta)
Non è credibile che il rialzo dei tassi di interesse sui titoli di Stato dipenda dalla ripresa dell’inflazione
E’ davvero difficile credere alla spiegazione secondo cui il continuo rialzo dei tassi di interesse sui titoli di Stato americani e su quelli dei Paesi europei dipenda dalle prospettive di un aumento dell’inflazione. L’economia americana è ancora lontana dall’aver superato le conseguenze della crisi sanitaria, ed ancora più indietro sono quelle dei Paesi europei.
La spiegazione che viene data per l’aumento dei tassi in America è questa: la Presidenza Biden, appena insediata, è riuscita a varare un nuovo pacchetto di stimoli all’economia per 1900 miliardi di dollari, e sta pure cercando un accordo con il Congresso per aumentare anche il salario minimo orario. Considerato il livello ancora alto di disoccupazione ed il disincentivo ad assumere che deriverebbe da un consistente aumento dei salari minimi, la prospettiva di un aumento generalizzato dei prezzi sembra assai sopravvalutato.
Non convince neppure il fatto che il rialzo dei tassi americani sconti la carenza di liquidità che si verificherà quando il Tesoro americano si presenterà sul mercato per raccogliere una somma così straordinaria: la FED ha già annunciato che i tassi di interesse resteranno ancora a lungo ad un livello “vicino allo zero”.
Forse, anzi sicuramente, c’è dell’altro.
Di recente, la FED e la BCE hanno infranto una regola secolare, inderogabile, secondo cui al privilegio accordato alle banche Centrali di creare moneta corrisponde il divieto di utilizzarla direttamente concedendo prestiti all’economia. Solo le banche, le istituzioni che a loro volta hanno il privilegio di accedere alla liquidità emessa dalle Banche centrali, possono erogare il credito e finanziare l’economia.
In pratica, vista la ritrosia del sistema bancario americano a concedere prestiti per via dei rischi enormi che derivano dalla crisi profondissima provocata dall’epidemia, la FED ha varato una serie di iniziative straordinarie volte a concedere direttamente il credito alle imprese, agli Stati, alle municipalità, ed alle Organizzazioni No-profit come ad esempio gli Ospedali:
> Primary Market Corporate Credit Facility (PMCCF),
> Secondary Market Corporate Credit Facility (SMCCF),
> Main Street Lending Program (MSLP),
> Paycheck Protection Program (PPP),
> New Loans Facility, Expanded Loans Facility, Priority Loans Facility,
> Municipal Liquidity Facility.
Rispetto al Qe ri-avviato a marzo del 2020, che consiste nell’acquisto mensile di titoli del Tesoro USA per 80 miliardi di dollari (che nel corso di un anno arrivano a soli 960 miliardi), le iniziative straordinarie decise dalla FED possono raggiungere l’importo autorizzato di ben 2.600 miliardi di dollari.
La FED si è dunque messa a fare la Banca, andando ben oltre la consueta “repressione finanziaria”, che consiste nell’abbattimento dei margini di intermediazione e le rendite: non solo ha ridotto in modo drastico i rendimenti dei titoli ed i tassi sugli interessi, ma si sta sostituendo al sistema bancario e finanziario.
La stessa cosa sta facendo la BCE, sia pure su scala molto ridotta, con il PEPP che prevede l’acquisto non solo di titoli di Stato sul mercato secondario (PSPP), ma anche quello di bond privati (APP) sia sul mercato secondario che su quello primario. Fa il mestiere della Banca.
Il rialzo dei tassi di interesse può dipendere da una azione speculativa: la vendita dei titoli in portafoglio che ne fa diminuire il prezzo sul mercato e facendone aumentare di conseguenza il rendimento.
I Mercati, così pare, si stanno ribellando alle Banche centrali che non solo abbattono i margini di intermediazione e le rendite finanziarie, portando i tassi a zero e addirittura in Europa “sotto zero”, ma che ora si sono pure messe a fare il loro mestiere.
I Mercati stanno dimostrando al mondo intero che non sono affatto le Banche centrali a poter decidere davvero quali sono i tassi di interesse che si devono pagare e che loro vogliono incassare.
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