Né vino né baci
di L’INTERFERENZA (Norberto Fragiacomo)
Dopo la delirante polemica sul bacio dato a una Biancaneve dormiente dal principe-molestatore mancava solo la proposta della UE di annacquare il vino “a tutela della salute” facendo sparire l’alcol: che tra gli effetti collaterali del Covid-19 ci siano forme di demenza o l’espandersi incontrollato di una morale da bacchettoni?
Magari fosse così: queste provocazioni, solo apparentemente insensate, rispondono invece a una logica ben precisa, assomigliante a quella che guida il reggitore Mustafà Mond del Brave new world. L’essere umano va imprigionato in un intrico di divieti, sanzioni moraleggianti e sensi di colpa che annacquano (per l’appunto) identità e differenze riducendolo a dimenarsi come una marionetta in un teatrino di cartapesta senza passato né futuro. Esiste solo il presente, ma è un presente riveduto e corretto, monodimensionale e senza slanci né asperità. Il suddito non bacia, non fuma, non beve, non si esprime: non vive se non per lavorare (a cottimo) in cambio di un salario minimo. Deve interiorizzare le regole odierne, ma elevandole a eterne e immutabili: pertanto la conoscenza della Storia è disincentivata, il dubbio assurge a peccato. Sicurezze (inculcate) invece di sicurezza (sociale).
L’emergenza coronavirus ha impresso una vigorosa spinta a un processo già da decenni in atto, che potremmo definire di “dilatazione dell’illecito”: la gestione della pandemia è stata sin dall’inizio un oggettivo esperimento sociale, condotto da governi che per nascondere la loro totale inettitudine – e “pararsi” – si sono trincerati dietro proibizioni e misure di sapore medievale. Lo scarico di responsabilità sui cittadini è stato immediato e istintivo – poi, passato lo sconcerto, qualcuno deve essersi accorto che le gride potevano essere “educative” e (ri)condizionare il comportamento delle masse nel medio-lungo periodo. La metafora del carcere non suoni eccessiva: in galera ogni libertà è annullata da prescrizioni minuziose e spesso vessatorie, che servono a piegare la capacità di resistenza dell’individuo, cioè il suo spirito. Perché le regole funzionino non occorre che siano ragionevoli: anzi, quanto più appaiono incomprensibili e lunari tanto più si rivelano adatte allo scopo.
Per certi versi l’emergenza Covid ha mutato larghe porzioni del pianeta in una sconfinata prigione a cielo aperto ove la maggior parte dei comportamenti umani risulta vietata o sottoposta a rigidi “protocolli”. Contemporaneamente – e approfittando della prostrazione generale – chi detiene il potere autentico (quello economico-finanziario) si accanisce contro parole e modi di pensare, mettendo al bando questi e quelle. Assistiamo a un processo di rimpicciolimento dell’umano: a essere messe sotto accusa sono non soltanto le nostre abitudini, ma addirittura la nostra natura.
Non si tratta però di sadismo gratuito: il capitalismo neoliberista agisce sempre con fredda (e gretta) razionalità. La notizia della prossima apparizione di confezioni di larve d’insetto in supermarket fa il paio con quella riguardante il vino/non vino: il suddito-prestatore d’opera va tenuto in vita, non viziato e invogliato alla socialità. Il consumo di vino è al centro della nostra cultura da millenni, ma ha il difetto di avvicinare gli uomini, creando cameratismo e fratellanza: è questo che si vuole combattere, non l’abuso e l’ubriachezza. Le farfalline invece si prestano magnificamente alla bisogna: pare siano nutrienti, ma anzitutto allevarle costa poco o nulla. Cibo per schiavi da mantenere al livello di sussistenza… senza neppure il diritto agli svaghi concessi nel tetro “mondo nuovo” del profeta Huxley.
La crociata “salutista” contro l’alcol punta anche a un secondo obiettivo, che il Capitale persegue sin dagli esordi: il consolidarsi di monopoli di settore e la proletarizzazione della piccola imprenditoria, quella per intenderci che crede alla favola bella della concorrenza perfetta. Chi trarrà profitto dall’adulterazione legale del vino? Società e grandi produttori capaci di immettere sul mercato dosi infinite di bevande standard, non certo l’impresa agricola legata al territorio sulle cui bottiglie verrà stampigliato il marchio d’infamia. Spariranno a una a una queste realtà, assieme ai pochi piaceri che allietano la vita.
Non inducano scioccamente al riso le presunte “stramberie” della UE: anche quando misurava carote e frutti di mare questa costruzione artificiale faceva, esattamente come oggi, gli interessi delle superlobby che si celano dietro la cinica e beffarda maschera dell’europeismo. Bene ha fatto la Gran Bretagna a uscire dall’Unione, anche se il modello è rimasto lo stesso – quello neoliberista, destinato nelle utopie degli ingenui a essere naturalmente spazzato via dalla pandemia e alla quale invece ha saputo adattarsi con profitto (non alludo solamente ad Amazon e Big Pharma).
Come possiamo opporci a questo diabolico andazzo? Non ne ho idea, ma ritrovarci per bere in compagnia un buon rosso del territorio sarebbe già un primo passo.
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