“Basta stragi del profitto”: le famiglie delle vittime chiedono giustizia per “l’economia che uccide”
di TODAY (Andrea Falla)
C’è chi ha perso un figlio, chi un amico, chi una mamma, ma sono tutti uniti da un terribile comune denominatore: a portare via i loro cari dei disastri provocati dalle politiche al risparmio. Dal Vajont all’ultima tragedia del Mottarone, l’appello del comitato che raccoglie superstiti, familiari, avvocati e associazioni: il 9 ottobre manifestazione a Roma
Basta dighe che franano, come il Vajont, basta navi che si scontrano con una petroliera, come la Moby Prince, basta aerei che si schiantano sulle scuole, come a Casalecchio di Reno, basta ponti che crollano, come a Genova e basta con le funivie che precipitano per un freno di sicurezza manomesso, come successo sul Mottarone, soltanto qualche giorno fa. L’ultimo esempio di una lista di stragi molto più lunga, accomunate da un comune denominatore: il profitto che scavalca la sicurezza delle persone.
I disatri del profitto e l’economia che uccide
Disastri e tragedie che accomunano famiglie e cittadini, italiani e non, che oltre a dover fare i conti con l’immenso dolore delle perdite, devono anche affrontare battaglie giudiziarie difficili, contro potenti colossi, che spesso rimangono impuniti nonostante le responsabilità. Per dire basta a ”questa economia che uccide” e il giusto riconoscimento dei diritti delle vittime delle stragi causate da attività economiche finalizzate al profitto: è quanto chiedono i sopravvissuti, i parenti, gli amici e i colleghi di lavoro delle persone ferite o decedute a causa di disastri industriali e ambientali, che il più delle volte vengono catalogati, in maniera superficiale, come incidenti.
Tutte queste famiglie, che hanno vissuto sulla propria pelle delle vere e proprie calamità, per poi sentirsi abbandonate dallo Stato, hanno deciso di formare un comitato insieme a diverse associazioni e avvocati, per lanciare una campagna di informazione e un appello allo Stato affinché non ci siano più morti per il profitto e ci siano pene certe per i responsabili. Un programma che è stato presentato venerdì 28 maggio, durante una conferenza stampa online, trasmessa in diretta Facebook dall’associazione, “NOI, 9ottobre”: ”Chiediamo leggi, normative e comportamenti responsabili.Chiediamo giustizia ora per ottenere più prevenzione in futuro. Abbiamo già ottenuto dal Parlamento un primo riconoscimento (sia pure simbolico e ancora equivoco) con l’istituzione della “Giornata nazionale (il 9 ottobre) in memoria delle vittime dei disastri ambientali e industriali”.
Cosa chiedono le famiglie delle vittime
Proprio il prossimo 9 ottobre, a Roma, è in programma una manifestazione pubblica, in cui verranno esposte le istanze che sono state raccolte con la collaborazione di magistrati, avvocati e accademici.
Tra le proposte ci sono: il potenziamento e la riorganizzazione dell’amministrazione della Giustizia evitando l’eccessiva lunghezza dei processi e l’esito della prescrizione; la trasparenza nelle procedure e l’obiettività nella scelta degli strumenti scientifici di indagine e di consulenza di tutte le parti in causa; l’aumento dei sistemi pubblici di controllo preventivo; il riequilibrio nella disparità di mezzi a disposizione delle vittime in confronto a quelli delle grandi imprese; l’allontanamento permanente da ogni tipo di incarico pubblico dei responsabili di comportamenti comunque irresponsabili.
Gianni Cavinato Presidente nazionale ACU (Associazione Consumatori e Utenti), ha sollevato la problematica di uno sviluppo sostenibile che sia soprattutto ”possibile”, sicuro e accessibile a tutti, per poi commuoversi ripensando alla tragedia del Mottarone: ”Ci sono persone, famiglie, turisti, cittadini italiani e non, che sono morte. Non posso pensare che queste persone siano state assassinate, non possiamo tollerare cose di questo tipo”.
Ma oltre a cercare di prevenire ed evitare stragi di questo tipo, l’altro ”problema” delle vittime e delle loro famiglie, è il raggiungimento della giustizia. Un argomento sollevato da Enzo Orlandini e Marco Piagentini, dell’Associazione Il mondo che vorrei di Viareggio: ”Quando si inizia una battaglia legale di questo genere, gli avvocati sono i primi che dicono di lasciar perdere, di patteggiare e accettare un risarcimento. Ma chi va oltre questo ”ricatto” inizia un processo difficile e faticoso, spesso disperato e con costi elevatissimi”.
Un obiettivo comune: verità e giustizia
Ma le famiglie delle vittime non vogliono il risarcimento, quello è un loro diritto, come spiegato da Massimiliano Gabrielli, avvocato specializzato nella difesa delle vittime, che ha partecipato a casi di rilievo nazionale, da Rigopiano alla Concordia, passando per la Jolly Nero e la strage di Viareggio: ”I superstiti o i familiari delle vittime non vogliono i soldi, nel processo penale loro cercano e vogliono la verità, al giustizia per i loro cari. Purtroppo, un fattore che accomuna tutte questi disastri è la strategia del risparmio economico sulla sicurezza e sulle norme, che poi si traduce in un guadagni da milioni di euro. Politiche economiche di risparmio su meccanismo che avrebbero potuto scongiurare o rendere minori i danni, che non vengono attuate perché il loro impatto economico viene valutato come non conveniente. La macchina del guadagno non deve fermarsi mai”.
Un profitto che lascia una scia di sangue e responsabili impuniti, con le famiglie che spesso si sentono abbandonate dalla politica, come raccontato da Adele Chiello Tusa, la mamma di Giuseppe Tusa, una delle vittime del crollo della torre piloti del porto di Genova del 7 maggio del 2013: ”Ma l’esperienza dei miei lunghi e dolorosi otto anni di ricerca della verità, mi induce a sollevare questo grave problema alle istituzioni. Un sistema infrastrutturale che crolla e provoca tantissime vittime. Ultima strage il crollo della funivia di Stresa, manomissioni volontari per ottenere più profitti, 14 vite sterminate e lo stato continua a non vigilare sulle manutenzioni. Lo Stato chieda scusa, non possiamo diventare i ragionieri dei morti. Siamo indignati”.
Una rabbia che può essere trasformata in energia positiva, quella necessaria per raggiungere la verità, come ricorda l’avvocato Alessandra Guarini, da sempre in aula al fianco dei familiari delle vittime: ”Ho capito che il dolore più grande, anche quello più spaventoso, può trasformarsi in forza che, se utilizzata nel processo, non potrà che elevare la nostra civiltà”.
Fonte: https://www.today.it/cronaca/stragi-profitto.html
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