Mahan e il potere marittimo americano
da TERMOMETRO GEOPOLITICO
(Luca Fiore Veneziano)
Oggi vi parleremo di una delle figure più studiate nelle Accademie navali di tutto il Mondo. Uno dei Padri della Geopolitica, nonché l’ideatore della grande strategia egomonica americana.
Mi riferisco ad Alfred Thayer Mahan. Contrammiraglio statunitense e uno dei più grandi politologi di sempre.
Figlio di un Professore dell’Accademia militare degli Stati Uniti, per lui l’arte della Guerra e della strategia era di casa. Influenzato dall’ambiente familiare intraprese fin da giovanissimo la carriera militare nella US Navy.
Durante la sua formazione in Accademia assistette in prima persona ai grandi mutamenti tecnologici della sua Epoca, e si convinse sempre più dell’importanza strategica della Marina militare.
Iniziò a pensare che la grandezza di una Nazione fosse indissolubilmente legata al mare, al suo uso commerciale in pace e al suo controllo in guerra. Utilizzò la storia come exempla per dimostrare le sue teorie militari, sostenendo che l’educazione degli ufficiali di marina dovrebbe essere basata su uno studio rigoroso della materia storica.
Questa visione storicista e realista della startegia lo portò a scrivere il libro che lo renderà celebre in tutte le accademie militari del Mondo : “Influenza del potere marittimo sulla Storia”.
Con questo libro rivoluzionò il modo di concepire la geopolitica, fino ad allora incentrata più sul dominio terrestre o mercantile.
IL PENSIERO
Nel suo libro “Influenza del potere marittimo sulla storia”, Mahan spiega la teoria del “sea power”. Questa teoria si fonda su un nuovo approccio nel modo di studiare la storiografia marittima. Mahan criticò gli storici suoi contemporanei perché essi concepivano la storia navale come semplici fatti marittimi, senza ragionare sulle ripercussioni storiche che questi stessi fatti producevano. Secondo Mahan, invece, la storiografia marittima doveva essere vista come una chiave di lettura dei contrasti sorti tra le Nazioni contemporanee e gli Imperi di antico regime. “La caratteristica principale che si delinea dall’analisi storica del potere marittimo è l’antagonismo tra gli stati o le nazioni per ottenere il dominio, o il controllo del mare”. Il potere marittimo è quindi, essenzialmente, una condizione bellica, se non altro perché obbliga uno dei due contendenti a impedire l’uso del mare all’altro. Mahan afferma che le navi mercantili e da guerra hanno bisogno di punti d’appoggio in quei paesi verso le quali sono dirette, quindi vi è la necessità da parte di una nazione marittima di ottenere porti o basi navali che offrano un rifugio sicuro. Per questo motivo l’ambizione al potere marittimo fa sì che una nazione eserciti una proiezione di potenza su vari territori, come è avvenuto con la conquista di territori coloniali, per ottenere appoggi sicuri (porti e basi navali).
Per Mahan parte dalla specificità dell’elemento marino, dipende dalla sua differenza con l’elemento terrestre, lo stratega infatti scriveva: “Il mare ha l’aspetto di una grande strada pubblica o, per meglio dire, di una lunga distesa di terra comune sulla quale le vie si incrociano in tutti i sensi. Inoltre alcune di queste vie ben tracciate mostrano che per il passaggio vengono scelte determinate direzioni a preferenza di altre. Tali direzioni sono chiamate rotte commerciali”. A partire da questo punto, Mahan deduce che il primo imperativo di ogni potenza navale è il possesso dei punti di appoggio, di posizioni (porti, basi) partendo dalle quali la flotta può circolare sugli oceani. L’obiettivo delle posizioni esige dallo stratega navale una visione dello spazio al tempo stesso ampia e precisa (isole, ad esempio, situate su rotte di primaria importanza, stretti che assicurano il passaggio da un mare a un altro e così via). Il posizionamento, il controllo dei posti chiave devono essere fatti già in tempo di pace e richiedono una manutenzione permanente. In questa prospettiva lo stratega navale, valutando gli spazi e la loro importanza politica, militare, economica, si pone indubbiamente come Padre ed anticipatore di tutta la geopolitica statunitense.
Le idee del contrammiraglio stabilivano come una nazione potesse vincere su un’altra distruggendone la flotta e strangolandone i commerci attraverso un blocco navale. Per contro, la flotta più debole poteva negare il confronto all’altra e rimanere una costante minaccia (il concetto militare britannico di “flotta in potenza”) impedendo all’altra di dividersi ed operare al meglio contro il traffico mercantile.
Questo concetto ha influenzato, ad esempio, il comportamento delle marine russa e giapponese durante il conflitto del 1904 e la flotta tedesca nella prima guerra mondiale.
Il suo pensiero si concentrava sul ruolo del potere marittimo/navale. Egli affermava che vi fosse una contrapposizione tra le potenze continentali e quelle marittime sostenendo che le potenze marittime fossero per loro natura più forti e in grado di affermarsi. I suoi studi partono essenzialmente dallo sviluppo della marina militare tra la fine del Seicento e l’inizio dell’Ottocento, ove si venivano a scontrare le allora grandi potenze coloniali: Francia e Gran Bretagna. Lo scontro più aspro tra i due imperi coloniali avviene durante la guerra d’indipendenza americana. Studiando questa situazione Mahan nota come gli elementi geografici possano influire sul corso della storia portandolo ad alcune affermazioni: Essendo il mare l’elemento più esteso sulla Terra, si creano su di esso delle rotte commerciali. Partendo dal presupposto che lo sviluppo del commercio è essenziale in termini di aumento della potenza, e che il mare è il mezzo più veloce ed economico per il trasporto delle merci, allora uno stato avrà interesse a sviluppare una flotta commerciale. Questo stesso stato dovrà inoltre garantire la sicurezza della propria flotta commerciale attraverso una marina militare sufficiente ad evitare che le rotte vengano distrutte da eventuali minacce esterne. Mahan, volendo dimostrare che il mare è l’unico mezzo per sviluppare la potenza, utilizza l’esempio della marina Francese del 1700. Essa, sempre secondo Mahan, poteva benissimo sconfiggere la marina Britannica, a causa della superiorità francese a livello navale. La Francia, infatti, partecipava alla guerra di indipendenza americana al comando di 12 navi di linea e 5 fregate contro le 9 navi di linea britanniche. L’errore della Francia fu quello di investire contemporaneamente sia nelle forze di terra che nelle forze navali, non poteva essere sia una potenza marittima che una potenza continentale.
Mahan fu anche una sorta di “precursore” delle organizzazioni internazionali. Egli infatti affermava che una potenza è in grado di affermarsi con le sole proprie risorse, vi era quindi necessità che il sistema internazionale si coalizzasse in organizzazioni internazionali. Ipotizzava un’unione tra gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, perché essendo due potenze marittime potevano unirsi per condividere la conquista dei mari. concetto chiave: “le potenze marittime si uniscono contrapponendosi a quelle continentali.” Un esempio storico di questo concetto è l’espansione russa (potenza continentale) tra il 1800 e il 1945, che si va a scontrare con Stati Uniti e Gran Bretagna (potenze marittime) che hanno stretto alleanza per contrastare quest’espansione. Mahan elabora il concetto di dottrina navale, cioè la politica che gli stati perseguono in campo marittimo-militare. Per far sì che uno stato possa avere una dottrina navale, esso deve possedere una marina militare consistente, ovviamente uno sbocco sul mare, un’adeguata capacità di proiezione, dei mezzi adeguati ed avere obbiettivi strategici da tutelare (come per esempio la sicurezza di zone esposte a rischio).
Nei suoi libri, l’ammiraglio Mahan ha cercato di spiegare da dove provenissero il prestigio e la forza dell’impero britannico, affermando che la risposta potrebbe essere trovata nell’acquisizione da parte degli inglesi della supremazia marittima, grazie alla quale hanno assicurato quanto segue:
un prospero commercio estero,
una marina mercantile molto buona ed efficiente, in grado di sostenere un commercio di natura globale,
una potente marina, che poteva andare in difesa delle navi mercantili ovunque fosse necessario,
una serie di basi marittime, dove le navi potevano essere rifornite o riparate,
diversi territori coloniali, per fornire le materie prime di cui l’industria della metropoli aveva bisogno, permettendole così di soddisfare le esigenze più esigenti dei mercati di consumo in termini di prodotti pregiati e/o esotici.
Mahan riteneva che questi cinque elementi fossero allo stesso tempo complementari e indispensabili per assicurare prosperità e supremazia, poiché senza di essi o senza alcuni di essi una nazione sarebbe inevitabilmente rimasta in condizioni inferiori, e senza possibilità di ottenere efficienza e ritorni. a desiderare: gli americani hanno saputo imparare bene la lezione, e approfittare di questa dottrina.
Era ben consapevole che, ai suoi tempi, non era possibile rivaleggiare e competere con gli inglesi alla pari, e che nella via della riaffermazione del potere che gli Stati Uniti dovevano percorrere. Pensava che la prima cosa di cui il governo americano doveva preoccuparsi era quella di dotarsi di una flotta da guerra in grado di controllare gli oceani nell’ambiente del territorio statunitense stesso; subito dopo, doveva preoccuparsi di impedire a qualsiasi potenziale nemico o concorrente di accedere a siti strategici in prossimità delle aree da difendere; Ulteriore preoccupazione, infine, sarebbe quella di marcare una presenza militare e commerciale sulle principali rotte marittime del globo, nonostante fossero lontane dal territorio americano stesso. Insomma, la ricetta per il passaggio da una Pax Britannica ad una Americana era già segnato.
FONTE: https://www.civico20news.it/sito/articolo.php?id=41672
Commenti recenti