I contractors cinesi in Africa al servizio della Belt and Road Initiative
di ANALISI DIFESA (Francesco Ferrante)
Gli investimenti cinesi in Africa si sono moltiplicati negli ultimi anni, soprattutto dopo il lancio della Belt & Road Initiative (BRI) nel 2013. Le analisi prodotte circa la maggiore presenza cinese in Africa si sono finora concentrate sui progetti infrastrutturali che hanno indebitato i paesi ospitanti e sulla costituzione di alcune basi militari come quella di Gibuti.
Probabilmente, l’apertura della base navale a Gibuti nel 2017 è stata la risposta della Cina ad un ambiente che necessitava di maggiore sicurezza per i suoi concittadini ed i suoi interessi nel continente. Fino ad allora, la presenza cinese in Africa era stata quasi interamente dedicata al commercio e allo sviluppo economico, con gli Stati Uniti a fare la parte del leone nello sforzo militare e antiterrorismo.
Nel 2018, durante il Forum sino-africano sulla Sicurezza e la Difesa, Pechino cominciò a promuovere una serie di colloqui su temi quali le nuove capacità per le forze di sicurezza africane, cooperazione in materia di difesa e rafforzamento delle relazioni militari afro-cinesi.
Pechino aveva capito che sarebbe stato un errore affidare sicurezza e sviluppo al solo commercio, così come i limiti e gli errori dell’integrazione in materia di sicurezza, risoluzione dei conflitti e sviluppo economico.
Dall’inizio del 2018 si è riscontrato un aumento di eventi legati alla pirateria lungo le coste africane, sia nell’Oceano Indiano che nel Golfo di Guinea.
Una tendenza che ha riacceso la necessità di cooperazione pubblico-privato nel settore sicurezza. È qui che una nuova generazione di compagnie cinesi ha trovato un mercato di nicchia: dall’accompagnamento di VIP alla fornitura di contractors paramilitari a bordo sulle rotte marittime ad alto rischio. Al momento, ci sono solo poche società (20-25) con le capacità necessarie, ma ci danno alcuni indizi sul futuro del settore della sicurezza privata cinese in Africa.
Per cominciare, occorre separare quella che è una società di sicurezza privata (Private Security Company – PSC) da una società militare privata (Private Military Company – PMC), così da usare termini comuni. Una PSC fornisce servizi di sicurezza passiva, come il controllo degli accessi e/o la protezione contro furto e violenza. Oltre a tutto questo, una PMC è in grado di offrire anche servizi di consulenza e addestramento di forze locali, raccolta informazioni, salvataggio e, occasionalmente, missioni di combattimento. Tuttavia, la differenza si sfuma quando una PSC impiega armamenti preventivi o offre formazione sulla sicurezza.
Le PSC di Pechino
Occorre tener ben conto del ruolo del Partito Comunista Cinese e della burocrazia statale nella regolamentazione del settore. La legislazione cinese si basa sulla struttura economica del mercato socialista e quindi, dal punto di vista occidentale, risulta talvolta difficile distinguere tra privato e pubblico. Ne è prova il fatto che una legge cinese del 1993 limitava il pool dei dirigenti delle PSC ai comandi militari e di polizia. Il Regolamento dell’Amministrazione dei Servizi di Vigilanza e Sicurezza del 2009 aggiornò le linee guida della precedente legge per il mercato cinese.
Sebbene non abbia determinato una chiara catena di comando o procedura per fornire sicurezza all’estero, questa legge diede vita al Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Consiglio di Stato quale unico ente responsabile della supervisione e dell’amministrazione dei servizi di sicurezza in Cina.
Non appena le PSC cinesi iniziarono ad operare all’estero, il Consiglio di Stato, il Ministero degli Affari Esteri, la Corte Suprema, la Commissione Statale per la Supervisione e Amministrazione dei Beni, la Commissione per lo Sviluppo Nazionale e persino l’Esercito di Liberazione Popolare (PLA – People Liberation Army) cominciarono a competere per una quota di autorità nella vigilanza del settore.
Data la domanda di sicurezza in BRI, c’erano grandi prospettive di profitti e località all’estero.
La norma del settore, sia in Cina che all’estero, è ancora quella di dover impiegare ex militari e/o agenti di polizia sia per lealtà al governo cinese, che per la gestione di informazioni classificate o affinità culturale. Solo le grandissime aziende hanno assunto consulenti stranieri esperti, ad esempio Erik Prince (nella foto sotto) , ex CEO della famosa Blackwater e ora presidente di Frontier Services Group.
Sebbene il quadro giuridico per le società di sicurezza private in Cina sia ben definito, non esiste una legislazione specifica per la loro selezione ed impiego all’estero. Il settore domestico è composto (dati 2017) da circa 5.800 aziende di varie dimensioni che impiegano circa cinque milioni di persone, con una crescita annua di circa il 20%, che lo rende uno dei settori di più in forte espansione in Cina.
Ci sono diversi motivi per cui così pochi PSC cinesi hanno ottenuto certificazioni internazionali. Uno su tutti è rappresentato dalla barriera linguistica e difficoltà tecniche, ma la ragione principale è il costo associato. Il mercato della sicurezza cinese cerca costantemente di minimizzare i costi, il che si traduce in aziende cinesi che non sono disposte a pagare troppo per dei servizi in materia di sicurezza privata di qualità.
Ed anche se dall’inizio del 2019, si è registrata una riduzione del numero di società, che ha portato ad una domanda di maggiore novità professionale, è prassi comune per le PSC più piccole non pagare alcuna previdenza sociale per i propri lavoratori ed offrire, così, prezzi più bassi.
A ciò va ad aggiungersi il carattere temporaneo dei contratti professionali, con un turnover del personale che arriva fino al 65% ogni annualità. Molte delle guardie giurate vedono quindi il loro impiego come mal pagato, precario e una soluzione temporanea in attesa di migliori opportunità.
In un mercato saturo e in una costante ricerca di abbattimento dei costi, molte società vedono la BRI come un’opportunità per contratti redditizi e una espansione internazionale, ma le loro carenze sono ancora evidenti sul campo. Ad esempio, nel 2018 cinque cittadini cinesi sono stati arrestati in Kenya perchè tentarono di costituire una società per visti turistici e senza alcuna licenza locale.
La Hua Xin Zhong An (HXZA) è una delle prime società di sicurezza private cinesi a fornire vigilanza armata alle navi cinesi che solcano la costa africana. Si avvale di consulenti stranieri e si è dimostrata in grado di raggiungere ed implementare gli standard riconosciuti a livello internazionale (ISO-28000). Haiwei è l’altro gigante cinese in materia di sicurezza, con numerose certificazioni di qualità, che fornisce sicurezza ad imprese di logistica e costruzioni cinesi in diversi paesi africani, dalla Tanzania all’Etiopia. Entrambe le PSC sono membri dell’International Code of Conduct Association (ICOCA).
Il mercato della sicurezza privata in Africa
Questo mercato è caratterizzato da diversi fattori, e principalmente:
- l’immagine radicata del mercenario del periodo postcoloniale;
- l’esistenza di numerose organizzazioni paramilitari che offrono i propri servizi, comprese società cinesi anche prima della BRI;
- il ritorno delle società militari private (PMC) altamente competenti che supportano vari governi locali o servono interessi non africani.
A queste, si aggiungono le carenze delle forze di sicurezza locali e la generale riluttanza di aziende cinesi ad investire in una sicurezza di qualità. Non sorprende quindi che queste ultime abbiano talvolta assunto (e persino armato) milizie locali per la protezione dei propri interessi. Il più delle volte, questa scelta, sicuramente più vantaggiosa economicamente rispetto ad una sicurezza privata di qualità, ha avuto risvolti tragici, come nel caso dei minatori illegali in una miniera di proprietà cinese in Zambia.
È tuttavia necessario sottolineare che nonostante sia idea diffusa che il terrorismo rappresenti la principale causa di morte violenta in Africa, in realtà è la criminalità ad essere responsabile del numero maggiore di perdite umane ed economiche; da sola o in combinazione con il jihadismo, la realtà dei fatti è che resta una minaccia crescente. E la crescita del commercio, in combinazione con Stati falliti o fragili, sta favorendo una certa espansione di nuove reti criminali transnazionali che vanno dalla tratta di esseri umani al saccheggio delle risorse naturali.
Si evince in tal modo come l’Africa sia diventata un mercato importante in materia di sicurezza privata per le aziende locali e straniere.
Ora, quelli che forniscono tale sicurezza in Africa vanno dalle milizie locali come il Koglweogo alle PMC di alto livello come l’Academi (ex Blackwater). Il tipo di protezione richiesto dalle aziende (pubbliche e private) nella maggior parte dell’Africa non è molto diverso da quello necessario in altre regioni ma nelle aree africane ad alto rischio come il Sahel o la Libia, la sicurezza deve essere portata ad un altro livello. Ciò richiede addestramento, abilità e conoscenza dell’area che poche PSC cinesi hanno allo stato attuale.
Per cominciare, la legge cinese proibisce ai propri cittadini il porto d’armi, sia dentro che fuori il suo territorio. Con pochissime eccezioni. L’idea è semplice: impedire alle PSC cinesi di diventare PMC che operino al di fuori del controllo di Pechino e finiscano per diventare attori regionali a sé stanti, come all’epoca Executive Outcomes. O che queste compagnie si considerino un’estensione governativa come nel caso della Wagner (Russia).
Gli appaltatori russi in Africa offrono supporto anche ad alcuni governi alleati senza essere ufficialmente parte delle forze armate, garantendo a Mosca un’alleggerimento plausibile di responsabilità dirette e un tipo di assistenza militare con modalità sicuramente più convenienti. Gli occidentali (soprattutto US) forniscono servizi concreti alla ricerca di una migliore economicità in aree specifiche, dalla logistica all’intelligence. I cinesi, nuovi arrivati, devono colmare il divario crescente tra la sicurezza di cui hanno bisogno le loro aziende e ciò che possono ottenere a livello locale.
Inoltre, il mercato della sicurezza privata africana è grosso modo suddivisibile per zone. Per progettare soluzioni su misura per ogni minaccia, la prima cosa di cui tener conto sono le caratteristiche di base dell’area operativa:
- Nord Africa (eccetto Libia): protezione di ambasciate, porti e infrastrutture, rischio rapimenti e cooperazione con PSC e forze di sicurezza locali;
- Africa occidentale: crescente insicurezza marittima nel delta del Niger e nel Golfo di Guinea; minaccia di Boko Haram;
- Sahel, Libia e Sud Sudan: uso massiccio di PMC, sebbene le PSC siano utilizzate per la protezione di aziende ed individui; zone ad alto rischio, con una moltitudine di gruppi armati;
- Centrafrica: presenza combinata di PSC e PMC, a volte difficili da differenziare in conflitti come la Repubblica Centrafricana o la Repubblica Democratica del Congo;
- Africa orientale: PSC specializzate nella lotta al dirottamento e sicurezza marittima (pirateria recrudescenza), principalmente in Somalia; minaccia di Al Shabaab;
- Sudafrica: settore della sicurezza privata ampia e ben regolamentata; preponderanza di aziende sudafricane, con esportazione di servizi di alto livello;
Il mercato della sicurezza privata africana è evoluto da vero e proprio oligopolio di società con sede a Washington, Londra o Cape Town ad un vero mercato libero con una moltitudine di società a diversi livelli. Le nuove società di sicurezza private che operano in Africa presentano nuove capacità nate dalla fusione tra società militari private e consulenze di intelligence private che impiegano talvolta anche personale di agenzie come CIA, MI-6 o Mossad. Inoltre, non è raro trovare giornalisti trasformati in faccendieri o investigatori dediti alla raccolta di informazioni.
Appaltatori cinesi in Africa
Data la propensione della Cina nel tenere un basso profilo per i suoi militari e PSC di stanza in Africa, c’è in genere una certa tendenza a percepire questo approccio come negligenza nel proteggere i propri lavoratori/interessi all’estero. In parte, Pechino ha cercato di colmare questa percezione con la creazione di milizie locali o accordi con quelle già esistenti. Il settore minerario ha subito il peso di questo approccio inadeguato a seguito di diversi incidenti: come ad esempio sparatoria avvenuta in Zambia o la deportazione dei minatori in Ghana.
Ma fin dall’attacco al Blue Radisson Hotel di Bamako nel 2015, in cui tre dirigenti della China Railway Corp vennero uccisi insieme ad altri cittadini stranieri, il governo cinese cominciò a compiere gli sforzi necessari per proteggere i lavoratori cinesi all’estero, modificando al contempo la nozione dell’assoluta mancanza di protezione diplomatica.
I recenti attacchi dei pirati avvenuti nel Golfo di Guinea e al largo della Somalia contro vettori navali cinesi hanno rivitalizzato la domanda di servizi di sicurezza marittima. Solo nell’agosto 2019, nove marinai cinesi e otto ucraini vennero rapiti nel corso di attacchi a due navi mercantili al largo della costa del Camerun. Il Golfo di Guinea rappresenta oggi il 73% dei dirottamenti e il 92% delle prese di ostaggi in mare in tutto il mondo, in particolare al largo delle coste del Benin, del Camerun, della Guinea, della Nigeria e del Togo.
In generale, le grandi società di sicurezza cinesi hanno iniziato ad espandersi lungo le direttrici relative ai propri clienti lungo la BRI. L’espansione della società HXZA, ad esempio, diede origine all’internazionalizzazione dei propri clienti: principalmente aziende pubbliche nel settore petrolchimico e del gas. Oggi il suo core business è la sicurezza marittima, principalmente al largo delle coste dell’Africa orientale.
Se la HXZA è il gigante della sicurezza marittima cinese, Haiwei Dui è probabilmente il suo equivalente di terra. Conosciuta anche come Overseas Service Guardian International Co., venne fondata nel 2015 dalla fusione di diverse PSC in risposta alla domanda di servizi di protezione per investitori cinesi d’oltremare.
Oggi Haiwei conta ben 18 filiali estere (la prima in Tanzania), 11 basi di scorta marittima, circa 2.000 dipendenti e opera in 51 paesi.
Il caso di Haiwei è abbastanza rappresentativo per quanto attiene l’espansione cinese in questo tipo di mercato, i cui dirigenti affermano di non aver fin’ora riscontrato gravi minacce terroristiche nelle loro aree di operazioni, se non i furti.
La maggior parte dei propri clienti in Etiopia sono società di logistica e costruzioni. Ad ogni modo, sembrano continuare a monitorare attentamente il fenomeno del terrorismo lungo tutta la BRI: “La raccolta di informazioni relative alle minacce terroristiche attraverso i nostri canali fa parte della nostra routine e condividiamo tali informazioni con le parti interessate per ulteriori elaborazioni e intraprendere azioni contro la fonte di tali minacce “.
Una delle principali problematiche per queste società cinesi in Africa è il poter fornire l’utile conoscenza locale (ed un network consolidato di contatti fondamentali) al proprio personale, così come le necessarie competenze in materia di sicurezza. I clienti cinesi sono ancora riluttanti a pagare per servizi di un certo livello in materia di sicurezza, ma aziende come HXZA, Haiwei o Frontier Services Group hanno già acquisito le certificazioni accreditate a livello internazionale per l’addestramento, come Close Protection Operative Level III.
Un altro problema è rappresentato dal fatto che i militari cinesi (e quindi il pool di personale per i PSC) non hanno ancora l’esperienza dei russi e degli occidentali, sebbene siano coinvolti da anni in varie missioni a guida U.N. Ciò include l’integrazione di dipendenti cinesi e stranieri in ambienti multiculturali, con esigenze e sensibilità diverse. L
a lingua rimane una barriera per molte PSC, specialmente nell’Africa francofona. Ciò porta a un ulteriore problema di trattenimento delle proprie risorse e talenti, poiché le poche persone con la giusta formazione, esperienza e certificazione finiscono per unirsi ad altre aziende.
In ultimo, sarebbe necessario investire nelle disponibili nuove tecnologie sulla sicurezza in grado di abbattere i rischi e la probabilità di errore: fotocamere con riconoscimento facciale, body scanner, database, lettori di codici a barre, simulatori, strumenti ISR, ecc.
Per il momento, le PSC cinesi sembrano operare in modo semi-autonomo, orientate verso mercati di nicchia come il contenimento dei dirottamenti, la protezione delle strutture o la sicurezza marittima. E per il momento non agiscono come un’estensione governativa, a differenza di diverse PMC russe.
A causa della stretta relazione tra i gestori delle maggiori PSC cinesi e della loro progressiva proiezione internazionale, non si può escludere la possibilità che l’interazione tra aziende pubbliche e private diventi in futuro meno trasparente.
Inoltre, è da tenere bene a mente che in Cina questo settore ha stretti legami con l’Esercito Popolare di Liberazione e la Polizia Armata Popolare.
La maggior parte dei fondatori e dei dirigenti dei PSC erano in precedenza comandanti delle forze armate o di polizia: in Cina i settori pubblico e privato sono perlomeno intrecciati. Questa considerazione, comunque, non indica che tutti i PSC cinesi in Africa operino per volere del loro governo o nel migliore interesse del loro paese.
Quando (e se) Pechino definirà il quadro giuridico per le compagnie di sicurezza private d’oltremare, una delle aree più importanti da capire sarà se la regolamentazione diventerà più chiara e trasparente nei contratti. Ciò non solo promuoverebbe l’efficienza e la prevenzione della corruzione, ma dissiperebbe anche i sospetti sui rapporti del settore con lo Stato.
Per motivi di trasparenza o meno, diverse aziende pubblicano su Internet le loro offerte di lavoro per l’Africa. Inoltre, non è difficile trovare informazioni sui PSC cinesi in Africa. Non dimentichiamo che queste aziende, operando all’estero e richiedendo certificazioni internazionali, sono esposte anche a audit finanziari da parte di agenzie e società estere, certificazioni ISO e ICOCA, conformità Lloyds e tutta una serie di ispezioni.
Conclusioni
L’espansione economica della Cina ed i maggiori investimenti effettuati in Africa hanno messo i propri connazionali, e i relativi interessi, sotto i riflettori USA ed Europei. E l’Africa include l’intero spettro di minacce che le aziende cinesi dovranno affrontare lunga tutta la BRI, dall’estorsione agli attacchi jihadisti. Le lezioni che Pechino trae dall’uso delle sue PSC possono quindi essere di fondamentale importanza.
L’esperienza della Cina in Africa negli ultimi anni ha dimostrato che lo sviluppo sostenibile, pur essendo necessario, non è sufficiente per la stabilizzazione ed è tutt’altro che una panacea per i problemi del continente.
Le aziende cinesi operano in alcune delle aree più problematiche del continente africano e le PSC aiutano a colmare il deficit cinese (ed africano) in materia di sicurezza, ma se ciò non viene fatto professionalmente, correttamente, responsabilmente, potrebbe catturare l’attenzione di gruppi armati, milizie o organizzazioni terroristiche con conseguenze indesiderabili.
In Iraq, la rapida espansione della sicurezza privata unita alla mancanza di un quadro giuridico adeguato portò ad una spirale di contratti ambigui, violenza incontrollata, corruzione e traffico di armi che compromise la ricostruzione nazionale e causò inutili sofferenze alla popolazione civile.
Per non parlare del discredito di governi ed aziende. Dal momento che la maggior parte dei paesi africani (soprattutto il Sudafrica) dispone già di un sistema di controllo, autorizzazioni e regolamentazione circa i servizi di sicurezza, è essenziale promuovere le buone prassi e consuetudini tra le autorità governative cinesi/africane e le PSC per evitare episodi come in passato.
Anche associazioni come la China International Contractors Association[1] o la Security Association sono importanti per avere un feedback circa crisi attuali/passate e sui rapporti degli incidenti all’estero.
La Cina desidera mantenere una presenza militare discreta in Africa ed evitare a tutti i costi di essere vista come una nuova potenza coloniale. Le società di sicurezza private (PSC) possono essere lo strumento di cui ha bisogno per evitare che la difesa dei suoi concittadini e dei suoi beni la costringa in futuro ad interventi militari che, per il momento, rimangono fuori dalla sua portata. Ma c’è da temere che l’aumento degli aiuti militari e della sicurezza privata possa portare Pechino ad allontanarsi dal suo principio di non ingerenza.
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