LA PROSPETTIVA CINESE SULLO SFRUTTAMENTO DEI FONDALI MARINI
da TERMOMETRO GEOPOLITICO
(Giorgio Grosso)
I fondali marini rappresentano una vera e propria frontiera per l’approvvigionamento di risorse minerarie importanti. Nonostante le difficoltà tecnologiche, la Cina è il Paese più preparato per cominciare a estrarre queste risorse.
Nel novembre 2020 il sottomarino scientifico di profondità Fendouzhe ha effettuato un’operazione di ricerca nella Fossa delle Marianne, il punto della Terra con il fondale più profondo. Nel corso della missione, organizzata per raccogliere dati importanti sulla fauna marittima di quelle profondità, il Fendouzhe ha toccato il fondale della Fossa a oltre 10000 metri di profondità.
Oltre all’obiettivo scientifico, l’operazione del Fendouzhe ha dimostrato che la Cina possiede un livello tecnologico tale da permettere l’esplorazione dei fondali marittimi e, in prospettiva, l’individuazione delle risorse da estrarre.
La Cina è già un Paese leader nelle tecnologie estrattive di profondità. Le aziende di Stato impegnate nel settore hanno beneficiato di cospicui finanziamenti e del supporto ufficiale del governo di Pechino anche sul piano politico, poiché l’estrazione di risorse dai fondali marittimi è presente dal 2011 nei piani quinquennali di indirizzo economico e strategico. Nei fondali sono presenti numerose risorse, tra cui soprattutto le terre rare, ossia quei minerali fondamentali per la filiera produttiva dei semiconduttori.
La Cina è tutt’ora leader mondiale nel mercato di queste risorse, possedendo circa il 90% dell’offerta mondiale: questo permette al Paese di agire in condizioni quasi di monopolio, regolando il prezzo nel mercato mondiale secondo le proprie necessità. Ottenere ulteriori modalità di acquisizione di queste risorse non permette alla Cina soltanto di espandere la propria fetta di mercato, ma anche di metterla al riparo da un prevedibile aumento della domanda interna, dovuto alla prevista crescita del reddito medio della popolazione.
Il massiccio investimento cinese in questa tecnologia è dovuto anche a logiche di posizionamento di mercato ben studiate dagli strateghi di Pechino. Le tecnologie estrattive di profondità marittima potrebbero diventare essenziali nel prossimo futuro e a quel punto la Cina potrebbe vendere le proprie tecnologie agli altri Paesi interessati a questo settore economico: l’investimento presenta quindi un possibile doppio ritorno, similarmente a quanto accade con le energie rinnovabili.
La Cina, infatti, è già tra i Paesi leader per quanto riguarda le tecnologie relative all’energia rinnovabile non solo per limitare la propria dipendenza da idrocarburi (con tutto ciò che ne consegue geostrategicamente), ma anche per poter vendere la tecnologia quando la domanda mondiale per queste ultime sarà ancora più elevata.
Ma quali sono le aree in cui la Cina potrebbe utilizzare estensivamente queste tecnologie? La Cina è parte dell’UNCLOS, la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (United Nations Convention on the Law of the Sea), la quale stabilisce che i fondali sono utilizzabili commercialmente se all’interno delle acque territoriali, della zona economica esclusiva o della piattaforma continentale.
È facile comprendere dunque perché la Cina pone al vertice dei propri obiettivi politici la difesa della nine-dash line nel Mar Cinese Meridionale e di altri territori marittimi contesi: la sovranità su ampi spazi di mare garantisce anche il legittimo sfruttamento delle risorse che si trovano sul fondale. Proprio quelli del Mar Cinese Meridionale sono ricchi di risorse naturali, tra cui gas e terre rare. Questa motivazione va quindi a intrecciarsi con le altre che stanno alla base delle rivendicazioni di Pechino e del suo modus operandi nella regione, come la necessità di esercitare poteri di giurisdizione su rotte marittime vitali per l’economia del Paese.
Per quanto riguarda le acque oceaniche internazionali, lo sfruttamento minerario è permesso solamente “a vantaggio dell’intera umanità” (art. 137 UNCLOS) ed è regolato dall’Autorità Internazionale per i Fondali Marini (ISA, International Seabed Authority), la cui sede si trova a Kingston, Jamaica.
Questa agenzia delle Nazioni Unite vigila sul corretto sfruttamento delle risorse e autorizza le aziende caso per caso. Fino ad ora la Cina è il Paese che ha ottenuto più autorizzazioni da quest’agenzia, che non a caso beneficia di ampio supporto economico da parte cinese.
In questo particolare settore economico i grandi assenti sono gli Stati Uniti. Le motivazioni di quest’assenza sono principalmente legali: non avendo ratificato la UNCLOS, il Paese non fa parte nemmeno dell’ISA e quindi non può ricevere autorizzazioni da quest’ultima, limitando quindi le proprie possibilità estrattive alle aree marittime di propria giurisdizione.
In conclusione, è possibile affermare che anche nel settore dell’estrazione di risorse dal fondale marittimo la Cina stia seguendo un pattern già visto in altri contesti: la Cina investe in modo massiccio in un settore economicamente marginale, ma dal potenziale notevole nel lungo periodo.
È stato così per le tecnologie sull’energia rinnovabile e potrebbe essere così anche per le operazioni minerarie sui fondali marittimi, sempre che il livello tecnologico salga a tal punto da garantire dei profitti a fronte delle ingenti spese necessarie. Inoltre, l’ulteriore grande rischio è rappresentato dalla minaccia che queste pratiche estrattive rappresentano per il fragile ecosistema marittimo.
Nonostante il settore minerario marittimo sia concettualmente interessante, molti esperimenti hanno incontrato la ferma opposizione delle autorità locali o della popolazione. Nel caso della Cina, l’unico modo per contenere eventuali disastri ambientali sarebbe la vigilanza internazionale, che risulta un vano concetto espresso su carta se il suo principale competitor globale diserta l’organizzazione deputata a ciò. Come in altri settori, la Cina dimostra di essere in grado di pensare e agire in modo asimmetrico, insistendo sulle fragilità sistemiche con prospettive temporali che vanno al di là degli orizzonti delle democrazie rappresentative.
FONTE: https://iari.site/2021/07/26/la-prospettiva-cinese-sullo-sfruttamento-dei-fondali-marini/
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