Ma in Svezia non sono tutti morti? A giudicare dalle previsioni fatte nella primavera del 2020 e dalle notizie allarmistiche diffuse da tutti i media europei, nel Paese scandinavo dovrebbero essere tutti morti di Covid-19. Invece: anche nel pieno della nuova ondata estiva, dovuta alla diffusione della variante Delta, la Svezia registra meno vittime rispetto alle nazioni più colpite. La differenza è enorme: una media di 0,6 decessi per Covid al giorno, contro i 74 del Regno Unito e i 329 degli Stati Uniti. Anche facendo le debite proporzioni con la popolazione, la Svezia resta molto indietro rispetto alle nazioni più colpite: 0,06 morti per milione di abitanti in Svezia, mentre nel Regno Unito sono 1,2 ed 1,09 negli Usa (dati del 31 luglio, Our World in Data). Negli altri due Paesi il numero delle vittime è in crescita, in Svezia è in calo, sia nelle tendenze settimanali che in quelle bi-settimanali.
La Svezia continua a far discutere perché è praticamente l’unico Paese membro dell’Ue che non ha mai adottato una politica di lockdown
L’Imperial College, che con il professor Neil Ferguson è diventato uno dei più ascoltati in Europa, prevedeva, per la Svezia, fino a 18 morti al giorno ogni 100mila abitanti, nel momento di picco, in caso di assenza di misure di lockdown. Nel peggiore dei casi possibili, calcolava 65mila vittime. Il governo di Stoccolma non ha ascoltato i consigli di Ferguson, bensì quelli dell’infettivologo Anders Tegnell. Non ha chiuso nulla e ha limitato al minimo anche le politiche di distanziamento, obbligo di mascherina e tracciamento. Da quel momento in poi, la politica svedese è stata descritta come una follia dai media di tutto il mondo. Ma le profezie dell’Imperial College non si sono avverate mai. In totale, da febbraio 2020 ad oggi (4 agosto 2021), le vittime di Covid-19 in Svezia sono state 14.620, circa 4 volte e mezzo in meno rispetto a quelle previste in uno scenario senza lockdown. In termini relativi, dunque il numero di morti per milione di abitanti, la Svezia ne ha subiti 1438, al 39mo posto nel mondo, dietro a quasi tutti i Paesi europei che hanno applicato il lockdown (l’Italia è al 16mo con 2122 vittime per milione di abitanti).
I fatti hanno clamorosamente smentito le previsioni, ma non hanno cambiato la percezione dell’opinione pubblica. È tuttora talmente radicata l’idea che solo il lockdown salvi vite, che, se la realtà contraddice questa idea, è la realtà che deve essere messa da parte. Il trattamento che i media hanno riservato alla politica di Stoccolma ne è la dimostrazione.
La nazione scandinava, nel corso della prima ondata (febbraio-giugno 2020), era stata descritta addirittura come la “maglia nera” dell’Europa. Alla fine di maggio, era data come “prima per tasso di mortalità”. Tutti si attendevano l’ecatombe prevista, che non c’è stata. Solamente nella seconda settimana di maggio, infatti, il Paese nordico ha registrato il numero di morti medio quotidiano settimanale più alto d’Europa. Rileggiamo più lentamente: numero di morti medio, quotidiano, settimanale. Un dato veramente dettagliato che non fotografava affatto la situazione nel suo complesso e che, per di più, si è ridotto nelle settimane successive. In generale, alla fine della prima ondata la Svezia era, in termini assoluti (numero di morti), non la prima, bensì la quindicesima al mondo con 3.871 vittime. Siccome i numeri assoluti significano poco, allora si guarda ai numeri relativi: il numero di morti per milione di abitanti. Anche in questo caso, la Svezia non era la prima, ma l’ottava (384 morti per milione di abitanti), superata da Francia, Regno Unito, Italia, Spagna, Andorra, Belgio e San Marino.
Nella seconda ondata (ottobre-novembre 2020) che è stata usata, politicamente, come misura dell’efficienza o dell’inefficienza delle precedenti politiche anti-Covid, vediamo che l’impatto che questa ha avuto sulla Svezia è decisamente inferiore rispetto a quello di quasi tutti gli altri Stati europei colpiti. Secondo i dati elaborati dalla Fondazione Hume (del sociologo Luca Ricolfi), i decessi medi settimanali, su 100mila abitanti, nei mesi di ottobre e novembre erano 0,91 in Svezia, meno di uno al giorno. Andava meglio anche rispetto alla Germania, nota come esempio virtuoso, che registrava 0,95. Decisamente meno che in Italia, con 3,67 e anche di Spagna, Regno Unito, Francia e Belgio.
Anche l’arrivo della variante Delta non ha cambiato lo scenario. La Svezia resta sempre relativamente più sicura rispetto alla maggioranza dei Paesi europei. Questo vuol dire che il lockdown non serve a nulla? Non esageriamo, sarebbe una conclusione troppo affrettata. Vuol dire, però, che abbiamo un “controfattuale”, una storia fatta con i “se”. La Svezia è la nostra storia controfattuale: cosa sarebbe successo se avessimo tenuto tutto aperto, senza chiudere le aziende, senza impedire ai giovani di frequentare la scuola in presenza e di divertirsi alla sera, senza impedire ai runner di correre e agli sciatori di fare le loro discese e risalite sugli impianti… quanti morti avremmo avuto? Non molti di più, forse anche meno: è la risposta che ci arriva dall’esperimento svedese. E fa male, considerando i sacrifici affrontati in questo anno e mezzo e i danni, forse permanenti, lasciati dal lockdown alla nostra società, prima ancora che alla nostra economia.
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