Un mondo senza madri?
di Resistenze al nanomondo (Silvia Guerini)
Il termine ectogenesi fu coniato negli anni ’20 dal ricercatore genetista e biologo J.B.S. Haldaine per indicare lo sviluppo di un nuovo essere fuori dal corpo materno. Haldaine considerava l’ectogenesi «un’importante opportunità di ingegneria sociale» inscritta in una società eugenetica laddove una separazione completa della procreazione dal sesso avrebbe portato a una «liberazione dell’umanità in un senso completamente nuovo».
Haldain era interessato a comprendere l’origine della vita al fine di indirizzare e controllare lo sviluppo lo sviluppo della vita stessa. Il suo scopo era sintetizzare creature viventi nei laboratori di biochimica, aspirazione che, negli anni a seguire, prenderà forma nei laboratori di biologia sintetica e di ingegneria genetica.
Haldaine riteneva che l’ectogenesi avrebbe permesso una selezione eugenetica in cui soltanto i gameti migliori sarebbero stati usati per la generazione successiva. Selezione che oggi è divenuta prassi nell’ambito delle tecniche di PMA. Haldaine e Julian Huxley promossero con forza «un’eugenetica positiva» che in quegli anni si tradusse – ben prima della Germania nazista – in programmi di sterilizzazione normati da legislazioni ad essi favorevoli di Stati Uniti, Svezia, Danimarca, Finlandia e ampiamente finanziati da associazioni filantropiche come la Fondazione Rockfeller, questioni che abbiamo approfondito in nostri precedenti testi.
Huxley riteneva che l’ectogenesi avrebbe potuto accellerare, facilitare e rendre più flessibile la selezione eugenetica. Il pensiero eugenetico è a fondamento dell’ectogenesi e più in generale delle ricerche genetiche e di ogni riproduzione artificiale dell’umano ed è uno dei cardini della visione transumanista.
L’ossessione per la creazione della vita traspare fin dall’origine di queste ricerche, dalle parole del ricercatore biologo Jacques Loeb: «Volevo prendere in mano la vita e giocare con essa. Volevo manipolarla nel mio laboratorio come qualsisi altra reazione chimica, darle inizio, fermarla, studiarla in qualsiasi condizione, dirigerla a mio piacimento». Tutto ciò non costituisce solo espressione di folli aspirazioni di qualche isolato ricercatore, bensì sono i principi transumanisti di controllo e dominio sul vivente.
Con l’utero artificiale il laboratorio della vita, diventato sistema, vuole prescindere dalla realtà del corpo di donna, dalla realtà della procreazione, prescindere quindi dalla realtà al fine di dominarla e modificarla.
È in questo significato originario e in questo orizzonte che dobbiamo inserire le ricerche relative alla realizzazione dell’utero artificiale e gli ultimi importanti sviluppi a riguardo. PMA, selezione embrionale, sperimentazioni su embrioni, modificazioni genetiche, utero artificiale sono tutti aspetti profondamente interconnessi del medesimo mondo transumanista. Salvare anche solo uno di questi aspetti comporta che questo mondo transumanista proceda nella sua direzione che, prima o poi, si estenderà a ogni dimensione della nostra vita e dell’intero vivente.
Da tempo scriviamo della risignificazione della nascita, della madre, della donna, delle conseguenze materiali sui corpi e della profonda trasformazione ontologica e antropologica dell’essere umano che questa risignificazione comporta. Gli sviluppi tecno-scientifici si stanno sempre più velocizzando e sta cadendo ogni barriera etica, si sta andando verso una nuova umanità neutra e infinitamente modificabile, in un mondo post-umano e post-natura. Un mondo senza madri, al fine di giungere a una definitiva e totale espropriazione dei corpi delle donne e della dimensione della procreazione, al definitivo e totale controllo sui processi che creano la vita, a un’ingegnerizzazione del vivente e al controllo dell’evoluzione della stessa specie umana.
Utero artificiale: un po’ di storia e gli ultimi sviluppi
La prima ricerca condotta al fine di realizzare l’utero artificiale risale al 1958, anno in cui un gruppo di ricercatori del Karolinka Institutet di Svezia sviluppa una piattaforma con lo scopo di permettere lo sviluppo di feti umani prematuri.
In Italia negli anni Ottanta da ricordare sono le ricerche di Carlo Flamigni, uno dei massimi esponenti della fecondazione in vitro in Italia, che è stato direttore dell’Istituto di clinica ostetrica e ginecologica di Bologna, presidente della S.I.F.E.S. (Società Italiana di Fertilità e Sterilità e Medicina della Riproduzione) e membro del Comitato Nazionale per la Bioetica. Nel 1987 Flamigni fu il primo in Italia a condurre un esperimento in cui tentò di far crescere un embriore umano impiantato in un utero asportato, al di fuori dal corpo umano.
A Tokyo nel 1997 dei ricercatori sviluppano una tecnica chiamata EUFI: incubazione fetale extrauterina. Estraggono dal ventre di alcune capra i loro feti, infilano cateteri attraverso i grandi vasi del cordone ombelicale e fornisco ai feti stessi sangue ossigenato sospendendoli in incubatrici che contengono liquido amniotico artificiale riscaldato a temperatura corporea.
Negli anni a seguire svariati saranno i laboratori nel mondo impegnati nella ricerca sull’utero artificiale. A titolo meramente esemplificativo riporterò alcune tra le più significative di queste ricerche.
Nel 2002 il Centro di Medicina Riproduttiva della Cornell University di New York realizza il primo utero umano artificiale, riescendo poi a far sviluppare un embrione al suo interno per sette giorni. Parallelamente, a Tokyo, alla Juntendo University si sta realizzando un utero completamente artificiale senza uso di tessuti biologici: un embrio-incubatore in un cui viene mantenuto in vita per tre settimane un agnello prematuro.
Nel 2003 il laboratorio perinatale alla Women and Infants research Foundation in Australia sviluppa un modello di utero artificiale, Ex-Vivo Uterine Environment (Eve), destinato ad agnelli dell’età di 106 giorni, riuscendo così a mantenere in vita agnelli più prematuri rispetto ad altre ricerche. Questi animali sono stati scelti per replicare nel modo più fedele possibile le condizioni di sviluppo dei polmoni di un neonato umano prematuro al limite della sopravvivenza, cioè a 21/22-23 settimane di gestazione. 24 settimane di gestazione è l’attuale «limite di vitalità» : il bambino che cessa di vivere a 24 settimane è classificato nato morto, a 23 settimane e 6 giorni è un aborto spontaneo.
Nel 2003 al Center for Reproductive Medicine and Infertility della Cornell University riescono a far crescere un embrione di topo dall’attimo del concepimento fin quasi al termine della gestazione servendosi di tessuto uterino bioingegnerizzato impiantato su una struttura extrauterina.
Nel 2017 al Centro per la ricerca fetale del Children’s Hospital di Philadelphia alcuni agnelli sono tenuti per 28 giorni in un biobag: un sacchetto di plastica che imita l’utero materno completo di sostituti di liquido amniotico e placenta. Un video girato con un telefono cellulare mostra una sacca con un agnello immerso in un liquido giallognolo, il suo petto che si alza e che si abbassa, dall’addome una massa di tubi che escono da una fessura della sacca, come vene piene di sangue. Una scena che non può non disturbare lo sguardo. Ma nel video in cui annunciano il compimento della ricerca tutto questo è rimosso dallo sguardo e dalla consapevolezza, un video promozionale con uno sterile laboratorio, giovani ricercatori sorridenti e strazianti scene di bambini nati prematuri nelle unità di terapia intensiva, con una musica di sottofondo rassicurante. Non c’è traccia degli agnelli, delle femmine che vengono inseminate artificialmente e che vengono sottoposte a tagli cesari, degli agnelli prelevati prematuri dal grembo e infilati in una sacca trasparente, non c’è traccia della loro uccisione al fine di studiarne gli organi, non c’è traccia delle feci, del sangue, delle membra lacerate, del dolore, dei respiri spezzati. L’unico vitello che compare è quello che non è stato ucciso per studiarne lo sviluppo. Compare in una fotografia, come fosse in posa a fissare l’obbiettivo.
I ricercatori di questo centro di ricerca affermano: «La maggioranza dei feti nelle gravidanze previste a rischio a causa di prematurità estrema sarà sostanzialmente affidata al nostro sistema, e non saremo più costretti a farli nascere prematuri per poi collegarli a un ventilatore». Questo significa che donne a rischio di partorire in anticipo dovrebbero subire un cesario preventivo per traferire i loro figli in un utero artificiale. La logica della prevenzione in questa società cibernetica tecno-medicale risponde a paradigmi tecno-scientifici e a calcoli algortimici in cui le Big Tech si prendono in carico la gestione della salute in ogni sua dimensione, da quando si viene al mondo – dicendoci anche come bisogna venire al mondo – a quando si muore o a quando bisogna morire, come quando si è considerati ormai un peso per le spese sanitarie in una logica di ottimizzazione delle risorse e in una logica eugenetica che definisce quale vita abbia più valore di vivere o come quando il sistema medico necessita di organi e preda così dei corpi ancora vivi, ma definiti morti1.
Una gestione della salute che cambia il rapporto con i nostri corpi e che ci trasforma in pazienti. Anche la prevenzione viene travestita da libertà di scelta: il tu puoi diventa un tu devi in ogni dimensione della nostra vita.
«Non può esistere alcuna forma di potere che sia indifferente al controllo (in un grado o nell’altro) dei corpi. Di conseguenza, “per definizione”, non può esistere alcuna forma di potere che sia estranea alla dicotomia salute/malattia – così importante per i corpi»2.
Nel 2019 il progetto di utero artificiale è stato sovvenzionato con 2,9 milioni di euro per la realizzazione di un prototipo da utilizzare nelle cliniche. Il finanziamento proviene dal programma UE Orizzonte 2020 e questa somma è distribuita tra i partecipanti al progetto: Eindhoven University of Technology (Paesi Bassi), Ospedale universitario di Aquisgrana (Germania), Lifetec Group BV (Paesi Bassi), Nemo Healthcare BV (Paesi Bassi) e il Politecnico di Milano. Il progetto finanziato per un periodo di 5 anni è partito il 1 ottobre 2019 e terminerà il 30 settembre 2024, ma è prevedibile che dopo la scadenza del periodo di finanziamento verrà presentata una nuova domanda. Con questi finanziamenti l’Università di Eindhoven sviluppa un utero artificiale che circonda il bambino con liquidi e fornisce ossigeno e sostanze nutritive attraverso il cordone ombelicale.
Questi ultimi sviluppi costituiscono un significativo passo avanti verso il tenatativo di realizzare un utero artificiale così come le sperimentazioni condotte da ricercatori israeliani del Weizmann Institute of Science nelle quali sono stati coltivati embrioni al di fuori dell’utero più a lungo di quanto sia mai stato possibile: gli embrioni di topo si sono sviluppati nell’utero artificiale per 11 o 12 giorni, circa la metà del periodo naturale di gestazione dell’animale.
Un embrione di topo, completo di cellule cardiache che pulsano, una testa e l’inizio degli arti, vivo e in crescita in un barattolo di vetro, questa è l’immagine fornita dal Technology Review, la rivista di divulgazione scientifica del MIT di Boston. L’equivalente umano di un topo di 12 giorni sarebbe un feto umano di tre mesi.
In una pubblicazione sulla rivista Nature il gruppo di ricerca israeliano descrive una serie di esperimenti in cui hanno aggiunto tossine, coloranti, virus e cellule umane negli embrioni di topo in via di sviluppo, il tutto per studiare cosa sarebbe accaduto. I ricercatori stanno lavorando all’adattamento della procedura in modo che si possano sviluppare i topi interamente in vitro per sviluppare anche embrioni umani in questo modo.
Dalle parole del dottor Jacob Hanna, a capo del gruppo di ricerca che sta spingendo affinché i laboratori di ricerca sperimentino sugli embrioni umani, coltivandoli in un utero artificiale per 40 giorni prima di disfarsene: «spero che questo permetterà agli scienziati di coltivare embrioni umani fino alla quinta settimana. […]. Sarei favorevole a farlo crescere fino al 40° giorno e poi smaltirlo». Dichiara che per rendere tali esperimenti più accettabili, gli embrioni umani potrebbero essere modificati per limitare il loro potenziale di sviluppo completo spingendosi ad affermare che una possibilità sarebbe quella di provocare mutazioni genetiche che impediscano al cuore di battere. Ma quando siamo in presenza di un cuore non siamo più di fronte a un embrione, ma a un feto di 4 settimane. I ricercatori continuano a parlare di embrioni, ma con le loro intenzioni e spesso anche con le loro ricerche sono sempre un passo avanti, vogliono infatti voler sviluppare feti di 4 e 5 settimane per sottoporli ai loro esperimenti.
William Hurlbut, medico e bioetico della Stanford University, è entusiasta per le «applicazioni pratiche inaspettate» della crescita di embrioni umani, in quanto «si potrebbero ottenere organi primitivi, come cellule di fegato o pancreas, da embrioni umani fino a tre mesi, che potrebbero essere ulteriormente coltivati e utilizzati nella medicina dei trapianti» e sono significative queste sue parole: «La frontiera scientifica si sta spostando dalle molecole e dalle provette agli organismi viventi».
La questione non è stabilire entro quale momento dello sviluppo dell’embrione o del feto sia lecito fare delle ricerche, ma rigettare l’idea secondo la quale è lecito usare della materia vivente, che sia umana o animale, che siano delle cellule fecondate nelle prime fasi di sviluppo embrionale, che siano dei feti umani o animali, che siano degli altri animali o che sia anche solamente i nostri gameti. I nostri corpi e i corpi degli altri animali non sono luoghi da cui estrarre materiale per la ricerca. Il vivente, in ogni fase del suo sviluppo, non è un oggetto da sperimentazione. Riaffermiamo l’indisponibilità del vivente all’invasione tecno-scientifica.
Creazione dell’accettazione sociale
Ci vorranno ancora degli anni prima di raggiungere l’ectogenesi completa, ma l’utero artificiale è già una realtà ed è solo una questione di tempo: il primo passaggio sarà l’ectogenesi parziale per i nati prematuri, nel mentre, da un lato si riusciranno a tenere in vita bambini sempre più prematuri, dall’altro si riuscirà ad estendere sempre di più la vita degli embrioni all’esterno dell’utero, finchè questi due lati si incontreranno.
Arthur L. Caplan, direttore del Center for Bioethics presso l’Università della Pennsylvania, già da metà anni ’90 affermava: «Tra trent’anni avremo risolto il problema dello sviluppo polmonare; la neonatologia sarà in grado di salvare feti di 15 e 16 settimane. Saranno disponibili molti test genetici, facili da fare, che prevedono i rischi di contrarre malattie a esordio tardivo, ma anche predire attitudini, tratti comportamentali e aspetti della personalità. Non sarà disponibile un utero artificiale, ma ci saranno molti prototipi e le donne che non possono portare una gravidanza si iscriveranno per utilizzare i prototipi nei protocolli sperimentali […] ci sarà un movimento in atto che dirà che tutto questo è inutile e innaturale. […] Sessant’anni dopo l’utero artificiale totale sarà qui. E’ tecnologicamente inevitabile».
È importante notare che la retorica per far approvare le ricerche sull’utero artificiale e per iniziare a creare un consenso sociale attorno ad esso si basa su motivazioni mediche, queste sono sempre l’avvio e la giustificazione per gli sviluppi tecno-scientifici specialmente nell’ambito delle Scienze della vita. L’utero artificiale potrà servire per le donne che non possono rimanere incinte, senza un utero sviluppato, con endometriosi o cui è stato diagnosticato un cancro. Da notare che sono esattamente le stesse motivazioni per sostenere oggi l’apertura della PMA per alcuni specifici casi.
La differenza sostanziale è che oggi l’utero artificiale provoca ancora una reazione di sdegno e di rifiuto anche da chi sostiene con le stesse motivazioni l’accesso alle tecniche di fecondazione assistita. Queste ultime non inducono la stessa reazione perché sono già diventate normali, così come diventerà normale anche l’utero artificiale.
La possibilità di salvare un bambino prematuro comporta il rischio di cominciare a immaginare di poter togliere altri bambini dall’utero della madre se ritenuta inadatta a portare a termine la gravidanza. Se alcune madri non sono considerate affidabili per prendersi cura del proprio figlio, perché fidarsi di loro nel portare avanti la gravidanza quando un’incubatrice responsabile potrebbe farlo al suo posto?
Qualora fosse normale scegliere tra l’ectogenesi e la gravidanza naturale si trasformerebbe anche la nostra concezione di naturale. Usare il proprio corpo sarebbe considerato come segno di inferiorità sociale e di povertà. Una madre naturale sarebbe considerata potenzialmente irresponsabile come oggi è considerata irresponsabile una madre che sceglie di partorire in casa, rifiutando l’ospedalizzazione e la medicalizzazione della nascita, così come già oggi dai ricercatori transumanisti è ritenuto irresponsabile il non accedere alle cliniche di fecondazione assistita se una donna dai 37 anni in su se vuole un figlio. Lo stesso parto naturale diventerebbe prima irresponsabile e poi criminale. Oggi è già normale consegnare ai tecnici la procreazione e i ricercatori e bioeticisti transumanisti hanno già risignificato le tecniche di riproduzione artificiale come responsabilità genitoriale.
La propaganda è già iniziata: nel 2019 il Goethe Institute così dichiara nel breve articolo Utero artificiale: una prospettiva positiva, pubblicato on-line nella rubrica Spiccatamente… post-umano: «Gli uteri artificiali stanno diventando una realtà, ma non dobbiamo averne paura. L’immagine dell’utero artificiale è modellata sugli scenari distopici di fantascienza. Pensiamo ai terreni di riproduzione in Brave New World o alla fattoria delle batterie umane in Matrix. Associamo la tecnologia al totalitarismo e a tutto ciò che è disumano e innaturale. Ma nel nostro tempo, gli uteri artificiali potrebbero salvare la vita dei bambini».
Quando dagli altri animali passeranno a testare l’utero artificiale sugli esseri umani prenderanno un feto di 21 settimane con praticamente quasi nessuna possibilità di sopravvivere in un’incubatrice. E chi non vorrebbe salvare quel feto se ci fosse la possibilità tecnologica per farlo?
Nascere
Un essere vivente emerge dal corpo della madre: questa è la nascita. Con la nascita un essere vivente emerge da corpo della madre spontaneamente, quando il bambino viene partorito o attraverso il taglio cesareo quando viene estratto dal ventre materno. Con l’utero artificiale nascere non sarà più essere spinti nel mondo o tratti al mondo, ma essere estratti e separati da un supporto tecnologico. Si potrà quindi essere divisi dal corpo della madre, ma non essere nati.
L’utero artificiale continua così quel processo di risignificazione della nascita che ha avuto origine dallo sviluppo delle tecniche di riproduzione artificiale. Risalire all’origine del processo di frammentazione e artificializzazione della procreazione è utile per capire come si sta arrivando all’utero artificiale. Bisogna comprendere che dal primo passaggio dell’inseminazione intrauterina il punto di arrivo inevitabile è la totale artificializzazione della procreazione e l’eliminazione in questo processo della madre.
Il controllo e la gestione del processo procreativo in ogni fase dello sviluppo erano gli scopi fin dall’origine delle tecniche di riproduzione artificiale, un controllo e una gestione che, all’intero dell’ambiente laboratorio, non possono non diventare una volontà di intervento su tale processo e una manipolazione dello stesso per ciò che verrà considerata una continua ottimizzazione.
L’eugenetica era presente fin dall’origine dello sviluppo delle tecniche di riproduzione artificiale con una selezione in base a determinate caratteristiche e in base a determinati criteri per definire i migliori gameti e il miglior embrione. Ricordo che non può esistere PMA senza la selezione dei gameti e la selezione embrionale con la diagnosi pre-impianto. Quando i tecno-scienziati si inseriscono nel processo procreativo ne vogliono determinare le caratteristiche di ogni suo elemento, scegliendole, modificandole e volendo determinare gli esiti del processo procreativo stesso. L’ambiente laboratorio trasforma il processo della nascita in un’operazione tecnica: l’embrione diventa un prodotto da selezionare, da migliorare, da scartare, da modificare. L’ambiente laboratorio e la riproduzione artificiale trasformano il come veniamo al mondo.
Nell’ambito delle Scienze della vita e nell’ambito della genomica ogni volontà di conoscere non è mai neutra, il fine è sempre un intervento sui processi viventi, una loro modificazione, riprogettazione e artificializzazione. Per la decodifica del DNA lo scopo era poi sintetizzarlo nei laboratori di biologia sintetica. Per lo sviluppo della tecnologia di ingegneria genetica CRISP/Cas 9 lo scopo era poter intervenire sulla linea germinale umana.
Il biologo Richard Dawkins nel 2006 affermava: «Negli anni ’20 e ’30, scienziati sia di sinistra che di destra non avrebbero trovato particolarmente pericolosa l’idea dei designer baby, anche se ovviamente non avrebbero usato quella frase. Oggi sospetto che l’idea sia troppo pericolosa per una discussione comoda, e la mia congettura è che Adolf Hitler sia responsabile del cambiamento… Mi chiedo se, circa 60 anni dopo la morte di Hitler, potremmo almeno azzardare a chiederci quale sia la differenza morale tra la riproduzione per abilità musicali e il costringere un bambino a prendere lezioni di musica. O perché è accettabile allenare corridori veloci e saltatori in alto ma non riprodurli. Mi vengono in mente alcune risposte, e sono buone, che probabilmente finirebbero per persuadermi. Ma non è giunto il momento in cui dovremmo smettere di avere paura anche solo per porre la domanda?».
Embrioni „sintetici“, chimere, modificazioni genetiche: ogni limite infranto
Dopo gli embrioni di topo sintetici sviluppati nel 2017 in Gran Bretagna e l’anno successivo nei Paesi Bassi, attualmente due centri di ricerca, uno alla Monash University di Melbourne e l’altro al Southwestern Medical Center dell’Università del Texas, hanno sviluppato embrioni umani in laboratorio non da ovuli e sperma, ma da cellule staminali riprogrammate. Tali embrioni umani, secondo i ricercatori, potrebbero diventare dei laboratori viventi per studiare i problemi di fertilità e delle prime fasi dello sviluppo umano, le malattie congenite, le conseguenze di sostanze tossiche e di virus sugli embrioni, le alterazioni genetiche responsabili dei fallimenti ricorrenti delle tecniche di PMA.
La chimera con più cellule umane mai sviluppata era l’embrione topo-umano del 2020 che conteneva fino al 4% di cellule umane. Recentemente una ricerca guidata dall’istituto americano Salk e condotta in collaborazione con ricercatori cinesi e spagnoli ha sviluppato i primi embrioni chimera umano-scimmia: cellule staminali umane sono state trasferite in embrioni di scimmia.
Fino a epoca recente una convenzione imponeva ai ricercatori di tenere in vita gli embrioni per un massimo di 14 giorni, fino alla comparsa della stria primitiva, l’inizio della differenziazione delle cellule destinate a dare origine a cervello e spina dorsale.
L’ International Society for Stem Cell Research (ISSCR) è la più grande organizzazione internazionale per la ricerca sulle cellule staminali, è l’ente regolatore in questo ambito di ricerca, le sue regole sono utilizzate dalle università, dagli enti di ricerca e dalle riviste scientifiche.
L’ ISSCR, come previsto, ha aggiornato le sue linee guida relative alla ricerca sulle cellule staminali eliminando il limite dei 14 giorni. Questa modifica, secondo L’ISSCR, riflette i progressi emergenti tra cui i modelli di embrioni basati su cellule staminali, ricerca sugli embrioni umani, chimere, organoidi, modifica del genoma ed ectogenesi.
Anche se queste linee guida non hanno forza di legge, sono molto influenti e sono seguite a livello internazionale e avranno ripercussioni a livello mondiale. Per quanto riguarda le successive modifiche legislative, queste si adegueranno agli sviluppi tecno-scientifici e la pressione aumenterà in paesi chiave come il Regno Unito e gli Stati Uniti per modificare o abolire la «regola dei 14 giorni» anche a livello legislativo, e nel mentre le ricerche vanno avanti.
Fino a poco tempo fà, la «regola dei 14 giorni» era ritenuta impossibile da infrangere perché gli embrioni non potevano essere mantenuti in vita per più di 11 o 12 giorni per questioni tecniche. Ma dopo che due gruppi di ricerca cinesi hanno annunciato di aver coltivato embrioni di primati in vitro per 20 giorni si sono aperte nuove prospettive. L’ISSCR ha ora rimosso ogni restrizione, consentendo di fatto ad esseri umani non ancora nati in qualsiasi fase dello sviluppo di essere sottoposti a sperimentazioni e manipolazioni.
Il ricercatore Hanna, a capo del un gruppo di ricerca sull’utero artificiale prima citato, stava aspettando solo che questo limite fosse infranto e questo passaggio significa che potrebbe far crescere embrioni umani nella sua incubatrice. Ecco le sue parole in tal senso: «Una volta aggiornate le linee guida, potrò portare avanti l’esperimento».
Un gruppo di scienziati a livello internazionale nel 2019 aveva firmato una moratoria di cinque anni per la tecnologia di editing genetico applicata ai gameti e agli embrioni umani destinati ad essere impiantati. Questa moratoria, come altre in ambito dello sviluppo delle biotecnologie, non rappresenta una condanna nei confronti della modificazione genetica degli esseri umani (né tanto meno degli altri animali e delle piante): questo equivarrebbe al condannare le loro stesse ricerche e la loro visione di mondo. Non è nemmeno una condanna dell’editing genetico sulle linee germinali, che porterebbe modificazioni genetiche ereditarie, ma una sua possibilità di applicazione con determinate «condizioni di trasparenza, sicurezza e condivisione internazionale».
La moratoria è una pausa per creare un quadro normativo internazionale e soprattutto per creare accettazione sociale, ma nel mentre le ricerche proseguono e i metodi si affinano.
«Quello che chiediamo è una moratoria, non una messa al bando: non si tratta cioè di un tentativo di mettere i freni alla ricerca scientifica. […] L’editing genetico rappresenta indubbiamente una grande promessa della medicina del futuro, l’evoluzione naturale della terapia genica attuale, ma c’è ancora da studiare per affinarlo in termini di sicurezza ed efficacia», spiega Luigi Naldini, pioniere a livello internazionale nel campo della terapia genica e direttore dell’Istituto Telethon San Raffaele per la Terapia Genica (SR-Tiget).
Naldini non si presenta con la solita retorica transumanista, si pone il problema del dibattito pubblico e dell’osservare con attenzione le implicazioni dei nuovi sviluppi. Oggi lo ritroviamo come membro della task force dei 45 ricercatori internazionali formata dall’ISSCR per la revisione delle linee guida che ha abbattuto il limite dei 14 giorni.
Nuova legge di bioetica francese: PMA per tutte e aperta la strada a bambini geneticamente modificati.
La nuova legge di bioetica francese che entrerà in vigore all’inizio di luglio, è un importante passaggio. Apre alla possibilità di accedere alle tecniche di PMA a ogni donna, in coppia con un altro uomo, in coppia con un altra donna o sola, prevede una maternità mediante una semplice dichiarazione di volontà, senza distinzione, secondo la legge, tra la donna che ha stabilito un legame di gestazione e che ha partorito, e l’altra donna. Inoltre, l’istituzione della filiazione potrà avvenire senza discendenza paterna. Consentirà il concepimento di un embrione con gameti maschili e femminili derivati esclusivamente dalla donazione, permettendo la doppia donazione di gameti. Consentirà la crioconservazione degli ovociti senza motivi medici per specifiche patologie e la fecondazione in vitro con tre genitori (sperma, ovuli e DNA mitocondriale di un’altra donna). Infine apre al biomercato di gameti.
Negli anni le varie leggi di bioetica hanno progressivamente favorito la ricerca sugli embrioni. Con l’attuale nuova legge per la prima volta consentirà la ricerca sull’embrione umano senza necessità di deroghe e il tempo di sviluppo degli embrioni potrà arrivare fino a 21 giorni.
Questa legge aprirà totalmente la strada alla ricerca sulle cellule staminali embrionali umane, consentirà la creazione di gameti artificiali, di embrioni chimerici uomo – animale che possono essere impiantati negli animali e di embrioni umani modificati geneticamente a scopo di ricerca, spianando così la strada a bambini geneticamente modificati, dagli OGM arriviamo ai BGM.
La nuova legge francese sulla bioetica è una legge profondamente eugenetica: consente l’attraversamento della barriera delle specie, la scelta degli embrioni da impiantare per «usarli» come «medicinale» per un fratello maggiore e modificarli utilizzando la tecnica CRISPR/Cas9 e trasforma l’essere umano in un organismo da modificare geneticamente.
Sulla carta questa legge proibisce l’impianto e la gestazione di embrioni geneticamente modificati, tuttavia consente i primi passi verso i bambini creati geneticamente su misura secondo i desideri dei genitori-committenti.
Da tempo ormai è possibile per una coppia senza problemi di fertilità e senza il rischio di trasmettere una malattia genetica recarsi in una clinica di fecondazione assistita negli Stati Uniti con il solo scopo di scegliere il sesso e altre caratteristiche del futuro bambino e bambina. Per effettuare delle modificazioni genetiche il primo passo avrà come sempre una modificazione medica, ma poi questa è destinata a sfumare. Ricordo le progressive aperture delle leggi nazionali dei diversi Paesi europei per la diagnosi pre impianto in cui si è passati dal divieto alle eccezioni per evitare la trasmissione di malattie genetiche gravi, alle patologie ad insorgenza probabile fino ad arrivare agli inestetismi come lo strabismo, o la Legge 40 in Italia che inizialmente vietava la fecondazione eterologa, la DPI, la crioconservazione degli embrioni, ma queste restrizioni via via tutte sono cadute: con l’apertuta alla possibilità di accesso alle tecniche di PMA alle coppie fertili portatrici di patologie genetiche ereditarie, con la conseguente legittimità della DPI – primi passaggi per estendere la PMA a tutte e tutti -, alla fecondazione eterologa e alla possibilità del ricorso sia a un donatore di seme sia a una donatrice di ovuli, alla possibilità di donare i gameti delle coppie che accedono alle cliniche di fecondazione assistita ad altre coppie per la fecondazione eterologa e la possibilità della crioconservazione degli embrioni in sovrannumero.
Di fatto questa nuova legge di bioetica francese rende legale la modificazione del genoma umano.
Non dobbiamo stupirci, ricordo che già nel 2008 il Comitato bioetico britannico si era espresso chiaramente in tal senso: «La modifica del DNA di un embrione per influenzare le caratteristiche di una persona futura (modificazioni genetiche ereditarie) potrebbe essere moralmente ammissibile».
Durante il vertice internazionale storico sull’editing genetico umano nel dicembre 2015 il presidente della conferenza David Baltimore fece eco alle parole di Julian Huxley: «Nel corso degli anni, l’impensabile è diventato concepibile. Siamo all’apice di una nuova era nella storia umana».
Eric Lander aveva annunciato la conclusione del Progetto Genoma Umano con queste significative parole: «Il Progetto Genoma Umano rappresenta uno dei notevoli risultati nella storia della scienza. Il suo culmine questo mese segna l’inizio di una nuova era nella ricerca biomedica. La biologia si sta trasformando in una scienza dell’informazione», commentando così la possibilità di guidare l’evoluzione umana grazie alla lettura del DNA (in realtà di una sola parte del DNA, considerando che è ne stata letto solo una parte3) del Progetto Genoma Umano e grazie ai nuovi sviluppi della tecnologia CRISPR dell’mRNA. Significativo che nel gennaio 2021 Erik Lander è stato nominato Direttore della politica scientifica e tecnologica della Casa Bianca di Joe Biden.
Transfemminismo, movimento LGBTQ, falsi diritti e nuove espropriazioni
La riproduzione artificiale dell’umano, quale espressione di libertà, prende strada anche in ambito femminista negli anni ’70 con Shulamith Firestone che considera l’utero artificiale come possibilità di liberare le donne dalla «tirannia biologica» e dalla «barbarie» della gravidanza.
Il manifesto del Gay Liberation Front del 1971 dichiarava che l’ectogenesi avrebbe avuto il potenziale di emancipare sia gli uomini sia le donne cancellando le distinzioni imposte loro dalla natura. Nel 1997, in un articolo per la rivista LGBT The Advocate, il neuroscienziato omosessuale Simon LeVay ha scritto parole molto precise sulla gestazione interspecifica o xenogravidanza: «Certo, vedo la clonazione come un beneficio per i gay (…) e anche la xenogravidanza (far partorire un feto umano da una specie differente) potrebbe essere di enorme beneficio, specialmente per le coppie di maschi gay, che attualmente devono pagare $40.000 o più per avere un bambino da una surrogata umana. L’idea ti rivolta, ma perché? Sceglierei senza problemi l’utero di un sobrio, non-drogato, non-fumatore maiale invece di un normale ambiente naturale». Far partorire bambini da maiali – che non fumano, non bevono, non si drogano quindi sono più “sani” delle gestanti – dopo aver impiantato in essi embrioni umani.
L’utero artificiale sarà rivendicato a gran voce dal tranfemminismo e dal movimento LGBTQ come diritto per uomini single, omosessuali, persone trans MtF. Oggi rivendicano utero in affitto e PMA per tutti e tutte. Smascheriamo i falsi diritti. Avere un figlio non può essere rivendicato come un diritto, né per una coppia eterosessuale, né per una coppia omosessuale, né per una donna o né per un uomo singoli. Non può esistere il diritto ad avere un figlio.
Il poter generare non può essere rivendicato come nuovo diritto per gli uomini che si identificano come donne. La dimensione della procrazione non potrà mai appartenergli.
I figli e la dimensione della procreazione non sono in vendita nel mercato biotech dei desideri, non sono oggetto di appropriazione da parte del sistema tecno-scientifico e transumanista.
Sul potere di mettere al mondo si fonda la differenza sessuale e una lunga storia di dominio sui corpi delle donne da parte di chi non ha e non potrà mai avere questo potere.
In Cina è stata avviata una nuova ricerca, A rat model of male pregnancy: Modello di gravidanza maschile nel ratto. A che cosa può servire prendere un topo maschio e un topo femmina, attaccarli chirurgicamente come gemelli siamesi -parabiosi-, collegare i due sistemi circolatori per fare correre il sangue della femmina nel maschio, castrare il maschio, trapiantare un utero nel suo corpo, ingravidare artificialmente la femmina, inserire embrioni anche nell’utero del topo maschio e condurre le due gravidanze fino a parto cesareo di entrambi?
Serve a sperimentare la possibilità di gravidanza maschile umana.
Nel loro documento di ricerca si legge: «Per la prima volta, abbiamo costruito un modello animale di un mammifero con una gravidanza maschile. […] La nostra ricerca rivela la possibilità di un normale sviluppo embrionale negli animali mammiferi maschi e può avere un profondo impatto sulla ricerca sulla biologia riproduttiva».
Se invocassimo la difesa dei diritti animali avremmo un sostegno mentre così temiamo possa non essere se denunciassimo questa ulteriore espropriazione della dimensione della nascita che ha lo scopo di fa partorire un uomo.
Gli interessi e le rivendicazioni del movimento LGBTQ e del transfemminismo si sovrappongono, ancora una volta, alle direzioni di questo sistema tecno-scientifico e transumanista che vuole compiere uno degli ultimi passaggi per controllare e gestire il processo della nascita e chiudere il cerchio sul controllo del vivente.
Opporci, adesso!
«Nessuno degli alchimisti di Los Alamos, artigiani della morte istantanea, perse il sonno per Hiroshima e Nagasaki: fu un aviatore a entrare nei trappisti dopo aver sganciato la bomba atomica. Coloro che gliel’avevano fornita non lo accompagnarono neppure fino alla porta del convento.
Il giorno in cui, e vi dico che non tarderà molto, i vostri biologi avranno trovato il modo di cambiare la natura umana agendo sulle sue cellule iniziali, essi se ne serviranno, statene certi, anche se dovessero in un primo momento popolare la terra di fenomeni da baraccone»4.
Smascheriamo gli scopi del mondo della ricerca transumansista ed eugenista dove il tutto viene propagandato come se si trattasse di un aiuto destinato a donne e gli uomini con patologie degli apparati riproduttivi, con possibile trasmissione di patologie genetiche, con infertilità e per far accedere anche lesbiche, omosessuali, transessuali alle tecniche di fecondazione medicalmente assistita.
È il desiderio di avere un figlio o, meglio, il diritto ad avere un figlio, che serve come pretesto per rendere possibile l’espropriazione della procreazione, la sua appropriazione e artiticializzazione, la generalizzazione della riproduzione artificiale che, asservita ai piani e ai processi degli scienziati eugenisti e transumanisti, diventa la nuova norma e il normale modo di venire al mondo. Serve come pretesto per riproporre l’eugenetica attraverso altri linguaggi e altre retoriche rispetto al passato, per un controllo e una gestione di tutti i processi del vivente, per un controllo della stessa evoluzione della specie umana, per una nuova umanità, per un mondo post-umano e post-natura.
Negli anni ’80 le femministe radicali della rete FINRRAGE (Feminist International Network of Resistance to Reproductive and Genetic Engineering, Rete femminista internazionale di resistenza all’ingegneria genetica e riproduttiva) e delle Rote Zora avevano profondamente compreso cosa avrebbe portato lo sviluppo delle tecniche di riproduzione artificiale, Gena Corea lo aveva paragonato all’equivalente in biologia del progetto Manhattan. In quegli anni Ellul e Charbonneau scrivevano di «fabbricazione dell’uomo da parte dell’uomo», «eugenetica scientifica», «uomo-macchina».
Noi, e pochi altri, da più di vent’anni anni scriviamo rispetto a questi processi, allo sviluppo delle tecno-scienze e al transumanesimo, quando ancora questi non erano nemmeno minimamente conosciuti, ma nonostante l’allerta che lanciamo da tempo, non immaginavamo che saremmo arrivati a questo punto, che avrebbero così spinto e velocizzato le ricerche sull’utero artificiale, ma questo era il fine, fin dall’inizio.
Eugenisti e transumanisti hanno sempre lavorato a farsì che «ciò che ora è considerato impensabile possa finalmente divenire pensabile», dalle parole di Julian Huxley.
Oggi dobbiamo contrastare quello che è già presente. Opporsi alla PMA è essenziale per arrestare questa folle corsa verso un mondo senza madri. Altrimenti, in un domani che presto diventerà presente, ci troveremo di fronte all’utero artificiale impreparate. Tralasciare di opporsi oggi, senza eccezioni, a ogni tecnica di riproduzione artificiale, per la paura di non avere consensi, continuare a difendere e a rivendicare come un diritto la possibilità di accedere alle tecniche di PMA in alcune circostanze, non compendere la centralità della riproduzione artificiale e quindi della nascita nei progetti del sistema tecno-scientifico equivale a rafforzare solo la sua direzione e a spianare ancora con più facilità e velocità la strada alla completa artificializzazione della nascita.
Opporsi oggi all’utero in affitto e all’utero artificiale, ma accettare la PMA sarebbe un grave errore. Prima del passaggio all’ectogenesi avremo l’estensione della PMA per tutti e tutte. Non cercare di fermare questo processo, comprendendo che l’unico modo per farlo è essere, senza eccezioni, contro ogni PMA non farà altro che velocizzare quel processo che porterà all’utero artificiale.
E non ci si può oggi opporsi all’utero artificiale senza comprendere dove questo processo ha avuto inizio, senza comprendere la visione di mondo e di essere vivente che nutre queste ricerche, senza opporsi ai laboratori dove sperimentano sui corpi e sull’intero vivente, senza opporsi a tutto quel mondo fatto di ricerca, di comitati bioetici, di moratorie, senza opporsi a questo sistema tecno-scientifico e transumanista.
Silvia Guerini, Giugno 2021
Pubblicato sul giornale L’Urlo della Terra, numero 9, Luglio 2021
www.resistenzealnanomondo.org
Ricordando le parole di FINRRAGE
Miti sulla tecnologia riproduttiva
MITO: Le nuove tecnologie riproduttive sono state sviluppate per curare l’infertilità
FATTO: Le nuove tecnologie riproduttive sono progettate per produrre bambini; non fanno nulla per rimediare alla condizione di infertilità
MITO: Le nuove tecnologie riproduttive sono state sviluppate da una preoccupazione per le donne che soffrono di infertilità
FATTO: sono state condotte poche o nessuna ricerca sulle conseguenze sulla salute a lungo termine per le donne che utilizzano le nuove tecnologie riproduttive o per i bambini da esse prodotti
MITO: Le nuove tecnologie riproduttive rappresentano una maggiore scelta riproduttiva per le donne
FATTO: Non solo queste tecnologie sono limitate a clienti “appropriati” e hanno un costo proibitivo, ma precludono anche determinate scelte creando nuove dipendenze tecnologiche
MITO: le nuove tecnologie riproduttive non hanno nulla a che fare con l’ingegneria genetica
FATTO : Insieme alla fecondazione in vitro e alle tecnologie correlate, l’ingegneria genetica viene utilizzata per scopi eugenetici, ad esempio con l’uso della diagnosi genetica preimpianto (PGD) per creare “bambini designer”
MITO: Le nuove tecnologie riproduttive sono utili finché sono “nelle mani giuste”
FATTO: ci sono alleanze storiche e contemporanee tra le nuove tecnologie riproduttive e altre tecnologie come la tecnologia nucleare e la guerra biologica che si sono dimostrate pericolose in qualsiasi mano
MITO: Le nuove tecnologie riproduttive sono nuove
FATTO: L’ingegneria genetica in agricoltura e allevamento ha una lunga storia commerciale che ha implicazioni significative sul modo in cui queste nuove tecnologie verranno applicate agli esseri umani
MITO: Le nuove tecnologie riproduttive sono un esempio dei benefici sociali del progresso scientifico
FATTO: il “progresso” scientifico non è necessariamente vantaggioso e in effetti può essere esso stesso responsabile sia direttamente che indirettamente del tasso di infertilità in rapida crescita utilizzato per giustificare lo sviluppo di nuove tecnologie riproduttive
Note:
1 Per approfondire: www.antipredazione.org
2 Corpi, malattie, poteri, in Sarajevo 152a-153a
3 Un gruppo internazionale di ricercatori nel 2001 ha annunciato un aggiornamento del Progetto Genoma Umano di Francis Collins, a capo del Progetto Genoma Umano finanziato da fondi pubblici, e di Craig Venter, scienziato imprenditore e fondatore della Celera Genomics. Questa ulteriore decodifica è stata resa possibile grazie all’avanzamento della tecnologia di sequenziamento.
4. André Frossard
Fonte: https://www.resistenzealnanomondo.org/2021/08/
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