Gkn: la lotta dei lavoratori ci riguarda tutti
DA: KRITICA ECONOMICA (Salvatore Pompei)
La lotta dei lavoratori Gkn sta scrivendo una nuova pagina nella storia del nostro Paese e sta risvegliando le coscienze su problemi che ci riguardano tutti.
L’azienda, che ha la propria sede operativa in Italia nel comune di Campi Bisenzio, opera in un settore fondamentale per la nostra economia, quello della componentistica, che conta circa 250 mila addetti tra diretti e indiretti, quasi il 7% degli occupati nel settore manifatturiero”. Gkn si occupa di componentistica per auto, più specificamente della produzione di semiassi. Secondo la testimonianza di uno dei dipendenti, intervistato nel reportage di Corrado Formigli su Piazza Pulita, la fabbrica produce per l’80/85% pezzi per marche italiane, come la Ferrari.
Tutto ha avuto inizio con le famigerate 422 mail di licenziamento di luglio 2021. “L’azienda nel giorno del licenziamento aveva messo tutti i lavoratori in Par (Permesso annuo retribuito) così che non ci fosse nessuno fisicamente in fabbrica”, come si legge in un’intervista rilasciata dai lavoratori a Jacobin Italia.
I lavoratori, quando si è diffusa la notizia hanno raggiunto lo stabilimento e da lì non si sono più mossi. Non si tratta di un’occupazione ma di un’assemblea permanente, che ha ricevuto il supporto e la solidarietà di tutta la comunità: la protezione civile ha fornito la cucina da campo e i cittadini riforniscono i lavoratori di ciò di cui hanno bisogno.
Fondamentale è il supporto del sindaco, che, dimostrando una spiccata sensibilità sociale, ha difatti impedito lo smantellamento dei macchinari, impedendo con un’ordinanza comunale ai tir di transitare nelle vie attorno alla fabbrica. Si spiegano così anche le ronde dei lavoratori, che con la loro presenza costante vogliono proteggere da possibili furti il preziosissimo patrimonio aziendale.
Dov’è la politica industriale?
Come ha sottolineato Guendalina Anzolin sul manifesto, la mancanza di una politica industriale attenta è alla radice di questa crisi. Nello stesso settore della Gkn, ma in un altro Paese, le cose sono andate diversamente: in Francia l’azienda Faurecia ha svolto un ruolo di “attore di aggregazione e coordinamento della catena di fornitura” nazionale nella componentistica. Questo settore ha bisogno di manovre di coordinamento per due ragioni. La prima è che “c’è in ballo l’elettrico, ma anche la pressante modularizzazione: si sta andando verso il modello one model one plant”. La seconda ragione è che vi sono “sfide organizzative, tecnologiche e di apprendimento oltre che un continuo confronto con altri stabilimenti che competono sulla stessa struttura dei costi”.
In Italia però queste problematiche non sono state valutate con il necessario rigore, tant’é che l’unico attore che sarebbe stato in grado di ricoprire il ruolo che in Francia ha avuto Faurecia, Magneti Marelli, è stata ceduta da FCA al fondo statunitense Kkr.
La Gkn nel 2018 è stata così acquistata da un fondo speculativo privato, il gruppo Melrose, il cui motto poco rassicurante è “buy, improve, sell” (compra, migliora, vendi). L’anno prima, nel 2017, era stato presentato un piano quinquennale per l’ammodernamento della struttura, con l’obiettivo di raggiungere l’automazione totale. Come si vede nel servizio di Piazza Pulita i macchinari della fabbrica hanno ancora le etichette.
Il gruppo Melrose ha potuto usufruire delle politiche di agevolazioni fiscali e di incentivi con cui lo Stato mira a favorire la diffusione del modello dell’industria 4.0. Il risultato per l’amministratore delegato Simon Peckham e il vicepresidente Chistopher Miller è stato ad aprile un guadagno di ben 22 milioni di sterline in totale attraverso la vendita di azioni: più del costo del personale dello stabilimento italiano, che nel 2020 ammontava a 19 milioni di euro.
A tal proposito, possiamo prendere a prestito le parole del filosofo Emmanuel Mounier, che con coraggio accusava così il regime socioeconomico che aveva provocato la crisi degli anni ‘30: “La cura, elemento essenziale della proprietà, manca in forma assoluta all’azionista. È indifferentemente azionista di sapone, di dischi, di coperture metalliche. Costoro possono mandare in rovina l’impresa, impegnando le loro quote in una speculazione completamente ignota a quanti dirigono l’impresa o a quanti da essa traggono il loro pane quotidiano” (Dalla proprietà capitalista alla proprietà umana, p. 126) e ancora, accusava tale sistema di aver “dissolto la persona del padrone nella Società anonima del denaro. Ha oppresso tutta l’impresa sotto questa dittatura finanziaria” (p. 167).
La legge anti-delocalizzazioni
Tornando a noi, colpisce il fatto che l’azienda abbia “rifiutato persino di chiedere 13 settimane di cassa integrazione Covid, per loro gratuita”. Si è iniziato proprio per questo a pensare sin da subito ad un decreto antidelocalizzazioni per tutelare “i posti di lavoro di queste fabbriche delocalizzate dalla sera alla mattina da imprese tutt’altro che in crisi”. Tuttavia “le uniche norme concordate fra Ministero del Lavoro e Ministero per lo Sviluppo Economico sono il preavviso di 90 giorni e un piano di mitigazione […] che – se non rispettato dall’azienda – porterebbe” solo “ad aumentare il costo dei licenziamenti”.
Dalle bozze del decreto sono inoltre sparite sia la multa del 2% del fatturato inizialmente presa in considerazione, sia la creazione di una lista nera di imprese che, delocalizzando, avrebbero perso la possibilità di accedere a incentivi e appalti pubblici.
Ci sono stati ripensamenti anche sul tetto dei dipendenti previsti nella prima bozza: si è passati da 150 dipendenti a un tetto superiore ai 250. Un altro rischio è che si scelga per la legge anti-delocalizzazioni la strada del disegno di legge, che, dovendo essere approvato secondo la procedura di legislazione ordinaria prevista dall’articolo 72 della Costituzione, richiederebbe tempi lunghi e rischierebbe di non poter essere applicata al caso Gkn.
I lavoratori vorrebbero invece scrivere insieme al Governo un decreto-legge, che prevede un’approvazione più agile (art. 77.2 Cost.) proprio”in casi straordinari di necessità e di urgenza”, dato che dovrebbe essere approvato dal Parlamento solo in un secondo tempo, entro 60 giorni.
L’assemblea permanente dei lavoratori Gkn ha già approvato un documento di indirizzo per una legge contro le delocalizzazioni, “Fermiamo le delocalizzazioni”, che è stato redatto da 9 giuslavoristi. Ma dal governo non è arrivata nessuna risposta.
È in questo contesto che si inserisce la manifestazione nazionale del 18 settembre 2021, voluta dall’assemblea permanente dei lavoratori Gkn.
“Non venite in piazza per i nostri problemi di lavoro, venite in piazza con i vostri problemi. E che la nostra vertenza apra la via a un fiume in piena di rivendicazioni […] Portate le vostre debolezze e paure, e allora saremo invincibili”. Queste sono le parole che il Collettivo di fabbrica Gkn ha scelto per invitare cittadini e lavoratori alla manifestazione nazionale, che non solo dovrebbe riaccendere i riflettori sulla vicenda dei 422 lavoratori dal 9 luglio in assemblea permanente a Campi Bisenzio, ma più in generale sulle conseguenze dello sblocco dei licenziamenti e sulla necessità impellente di una legislazione che impedisca una volta per tutte delocalizzazioni “da Far West”, come quella che il fondo finanziario Melrose intende portare a termine.
La nostra Costituzione, all’articolo 2 afferma che “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”. A questo dovere inderogabile hanno risposto in migliaia, uniti da una parola d’ordine “insorgiamo”, la scritta dal grande valore simbolico che si leggeva sullo striscione che svettava alla testa del corteo.
Perché bisogna prendere posizione
Bisogna innanzitutto fare tre constatazioni di natura politica, alla luce della lotta dei lavoratori Gkn e della numerosa partecipazione alla manifestazione del 18 settembre. La prima è che il senso civico non si è ancora esaurito nel nostro paese. La seconda è che il sindacato, se ben organizzato, può ancora svolgere un ruolo incisivo, non solo per la difesa dei diritti dei suoi iscritti, ma per la stessa vita democratica delle istituzioni.
La terza considerazione, più densa, è che noi non siamo solo consumatori, utenti o individui separati gli uni dagli altri. Siamo immersi in comunità intermedie (come la famiglia, la comunità di lavoro, quella sindacale, quella cittadina, quella nazionale) che nei momenti critici possono unirsi insieme e possono mobilitarci per realizzare quello che il singolo da solo non riuscirebbe a fare.
È evidente che la posta in gioco non è solo la questione Gkn. La Costituzione all’articolo 4.1 afferma che ”la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto” e all’articolo 42.2 specifica che la legge deve assicurare “la funzione sociale” della proprietà privata.
In questa vicenda non dobbiamo dimenticarci che sono coinvolte persone, non numeri: gente in carne ed ossa, con una storia, un vissuto, un insieme di relazioni familiari e sociali ed aspirazioni legittime. È fondamentale ribadire dunque un principio etico prima che giuridico: le persone prima dei profitti. Solo chi è immerso nell’indifferenza non può percepire la profonda ingiustizia perpetrata ai danni dei lavoratori Gkn.
Fonte: https://www.kriticaeconomica.com/gkn-lotta-lavoratori-ci-riguarda-tutti/
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