COMSUBIN: le armi in dotazione al GOI (Gruppo Operativo Incursori)
di DIFESA ONLINE (Tiziano Ciocchetti)
“Comunque sia, nonostante il budget destinato al nostro comparto, elemento strategicamente prioritario, non sia paragonabile a quello degli alleati europei, mantiene una capacità economica sufficiente. D’altronde quello che è davvero rilevante è che tutti noi facciamo il lavoro che abbiamo sempre voluto fare. Possiamo accedere al meglio che c’è sul mercato per quanto riguarda i mezzi, i dispositivi tecnologici, l’equipaggiamento tattico. Siamo dei privilegiati.
Operiamo per primi, in modo preventivo o nell’immediatezza di una crisi, preparati tecnicamente, fisicamente e predisposti mentalmente a lasciare in qualsiasi momento i propri cari, per proiettarci in luoghi remoti o dove sia richiesta la nostra presenza. Uomini coscienti, pronti a intervenire, disponibili a offrire la loro passione, la loro professionalità operativa, sempre, fino all’estremo sacrificio, se dovesse essere necessario.
Siamo italiani. Siamo presenti”.
(Estratto dal libro di Mario Chima, “Caimano 69. Sabbia e polvere“).
Proseguiamo con gli articoli dedicati al COMSUBIN occupandoci del GOI, il braccio offensivo del Raggruppamento.
In questi mesi, con il ritiro definitivo delle forze occidentali dall’Afghanistan, si è ufficialmente concluso un impegno operativo, ventennale, che ha visto il GOI in prima linea nella lotta al terrorismo islamico.
Dopo gli attentati alle torri gemelle e al Pentagono occorreva abbattere il regime integralista talebano, il quale dava supporto ad al-Qaeda, grazie alla creazione di basi addestrative sul territorio afghano.
L’allora governo Berlusconi decise la partecipazione ad Enduring Freedom, dopo un voto quasi unanime da parte del Parlamento. Visti i tempi assai ridotti, venne inviato un gruppo navale che comprendeva anche la portaerei Garibaldi (compresi gli AV-8B Harrier II) con a bordo un distaccamento del GOI.
Dopo la fine della missione navale gli incursori rimasero a bordo delle unità della U.S. Navy, operando a fianco dei SEAL, impegnati a condurre raid contro le basi dei jihadisti in Afghanistan (sebbene non ci siano informazioni ufficiali in merito ad un impiego offensivo del GOI in queste fasi iniziali di Enduring Freedom, non è da escludere una sua partecipazione).
La stretta collaborazione, instaurata da tempo con le forze speciali statunitensi, si rivelò assai importante dal punto di vista operativo, tuttavia i distaccamenti del GOI non vennero mai inseriti nel comando congiunto delle forze speciali di Enduring Freedom. Questi distaccamenti (insieme a quelli del Col Moschin) hanno operato in Afghanistan nell’ambito delle due fasi dell’operazione Nibbio, nel 2003, inizialmente su una componente di alpini e successivamente su un contingente di paracadutisti.
L’area operativa era quella di Khowst, al confine con il Pakistan. Dato il pessimo stato delle strade, per cui gli operatori delle nostre forze speciali dovevano muoversi a piedi, magari dopo una infiltrazione con elicotteri. La missione era quella di fornire una cornice di sicurezza al contingente, sorvegliando i valichi di frontiera col Pakistan, dato che venivano utilizzati dai jihadisti per entrare in territorio afghano.
In un contesto simile molto preziosa si è rilevata l’attività dei tiratori scelti, inseriti nei distaccamenti operativi, in quanto erano capaci di eliminare possibili minacce anche di notte, grazie all’utilizzo di ottiche notturne.
L’attività congiunta tra gli incursori del GOI e quelli del Nono ha probabilmente dato un forte impulso ai vertici di SMD per la creazione di un Comando congiunto delle Forze Speciali (COFS), realizzatosi nel 2004.
Intanto stava prendendo piede il progetto della Task Force 45. Ovvero creare una componente di forze speciali attingendo, a seconda delle disponibilità, dai quattro reparti di incursori (Col Moschin, GOI, GIS e 17° Stormo) di cui disponevano le Forze Armate. Il numero maggiore di operatori lo avrebbe fornito il Nono (50%), il 25% dal GOI e il restante 25% lo si poteva attingere ulteriormente agli incursori della Marina oppure al GIS o agli incursori dell’Aeronautica.
Bisogna ricordare che il GIS doveva avere sempre un’aliquota di operatori pronti ad intervenire sul territorio nazionale mentre gli incursori dell’Aeronautica erano alla loro prima esperienza operativa (il reparto era stato creato solo nel 2003).
Inutile sottolineare l’intensa attività portata avanti dagli incursori nel corso della missione in Afghanistan. Le operazioni andavano dalla ricognizione in profondità, all’addestramento delle forze afghane, alla cattura di capi jihadisti.
Alcune di queste operazioni vengono descritte da Mario Chima – pseudonimo di un sottufficiale incursore tuttora in servizio – nel suo libro Caimano 69.
Altro teatro operativo dove il GOI è stato impiegato è quello irakeno, in conseguenza dell’avanzata dello stato islamico. Nel febbraio 2015 venne costituita la Task Force 44, la quale ricalcava la struttura della TF 45.
Il 10 novembre 2019, un distaccamento formato da incursori del GOI e del Col Moschin, nel corso di un’attività di accompanying per i peshmerga, è stato colpito da un IED causando il ferimento di 5 operatori (tre del GOI e due del Nono).
Nel corso della nostra visita al Varignano abbiamo potuto visionare anche le armi in dotazione al GOI (vedi video).
Come lama ogni operatore dispone del SERE 2 prodotta dalla Extrema Ratio di Prato. La sigla SERE sta per Survival, Evasion, Resistance and Escape.
Per quanto riguarda l’arma da fianco, il modello Beretta della serie 92 è stato abbandonato ormai da tempo in favore delle Glock. Molto utilizzata è la versione camerata per il .45 ACP (Glock 41) che, rispetto al 9×19 mm standard possiede un maggiore potere d’arresto. D’altronde gli incursori hanno utilizzato a lungo, negli anni passati, la pistola mitragliatrice di fabbricazione americana M-3A1 Grease Gun (con soppressore di suono integrato) calibrata proprio in .45 ACP.
Per gli incarichi di scorta sovente viene impiegata la pistola mitragliatrice della H&K MP-7 in calibro 4,6×30 mm. Compatta e leggera ben si adatta alle operazioni covert.
Circa 10 anni fa il GOI ha deciso di adottare, in luogo della Colt M-4A1, il fucile d’assalto della Heckler & Koch 416 in calibro 5,56×45 mm, a questo si è poi affiancato il fucile da battaglia 417 in calibro 7,62×51 mm.
Durante la visita abbiamo constatato una particolare predilezione per i sistemi d’arma della Sig Sauer, infatti gli incursori, soprattutto per le operazioni “navali”, hanno cominciato ad impiegare il fucile MCX camerato con il .300 Blackhawk (7,62×35 mm), con soppressore di suono integrato. Rispetto al calibro 7,62×51 mm il potere d’arresto rimane elevato senza tuttavia incrementare eccessivamente i pesi, un problema non da poco specialmente se si deve operare in ambiente marino.
Particolare attenzione viene posta dal GOI al tiro di precisione.
Negli anni passati si è fatto ricorso a modelli di fucili d’assalto adattati al tiro di precisione, come ad esempio l’H&K G-3SG1. Successivamente ci rese conto che per ottenere un tiro più preciso, sulle medie e lunghe distanze, occorreva utilizzare modelli di fucili a ripetizione manuale. I modelli della Mauser, 66 e 86SR, (in calibro 7,62×51 mm) utilizzati dal GOI erano armi di ottima fattura, tuttavia progettati più per un impiego di polizia che militare.
Il problema venne risolto con l’adozione dei fucili bolt-action della finlandese Sako (poi transitata nel gruppo Beretta). Molto apprezzati sono il TRG-21 in calibro 7,62×51 mm e il più potente TRG-42 in calibro .338 Lapua Magnum (8,6×70 mm). Attualmente vengono impiegati il Sako SSR Mk.3 in calibro 7,62×51 mm, con soppressore di suono integrato (utilizza munizionamento subsonico) e il britannico Accuracy International AW, con funzionamento a otturatore rotante, in calibro 7,62×51 mm.
Oltre ai bolt-action viene utilizzato il semiautomatico Mk.11/SR-25 in calibro 7,62×51, un’arma con capacità d’ingaggio superiore rispetto ai modelli sopracitati.
Il GOI segue attentamente lo sviluppo dei nuovi calibri. Oltre a un modello di Sig Sauer 716 in calibro 7,62×51 mm, abbiamo potuto visionare un Sig 716G2 in calibro 6,5 Creedmoor (6,5×49 mm).
Particolare attenzione ha destato la presenza di armi ex sovietiche, nonché copie cinesi, come fucili mitragliatori PPSh, PPS, carabine SKS e fucili Mosin Nagant e Ak-47.
Passiamo ora ai pesi massimi. In bella mostra sopra un tavolo erano presenti lo Scorpio della Victrix in calibro .338 Lapua Magnum, l’Accuracy axmc nel medesimo calibro (ma riconvertibile in modo rapido in calibro .300 e .308) e gli heavy sniping in calibro .50 BMG (12,7×99 mm) come il Barrett M-107 e il Victrix Corvo. Tale tipologia di armi sono impiegate, principalmente, in funzione anti-materiale, in quanto possono ingaggiare bersagli a lunghissime distanze (2.000 metri).
Aumentando di calibro, in un angolo, troviamo un lanciagranate automatico della H&K GMG da 40×53 mm. In genere queste armi vengono montate sui Lince 4×4 in dotazione al reparto, ma potrebbero anche essere installate sui gommoni Hurricane oppure sulle UNPAV classe Cabrini.
Presenti nelle dotazioni anche vari modelli di lanciarazzi, quali lo M72A12, fabbricato dalla norvegese NAMMO. La versione in uso, in calibro 66 mm, è stata progettata per ingaggiare postazioni protette con pareti di mattoni nell’ambito della guerra urbana.
Il Matador-90 (in calibro 90 mm) è un lanciarazzi sviluppato congiuntamente dall’Agenzia di Stato di Singapore DSTA e dalla Israeli Defence Corporation Rafael Advanced Defense Systems Ltd, con la partecipazione della società tedesca Dynamit Nobel AG. Il razzo dalla canna viene espulso usando una carica di polvere situata tra i due pistoni. Mentre il pistone anteriore lancia il razzo, quello posteriore spinge il contrappeso nella direzione opposta, che consente di sparare in sicurezza anche in ambienti chiusi.
Per concludere erano presenti tre modelli di shotgun: il Benelli M3T con calcio pieghevole (funzionamento solo semiautomatico) in calibro 12/76, il Beretta RS202 in calibro 12/70 (funzionamento a pompa) e il Fabarm STF/12 Compact (funzionamento a pompa), munito di slitta picatinny, in calibro 12/76. Queste armi sono principalmente utilizzate dagli incursori con la qualifica di breacher, ovvero coloro che creano brecce nei confronti di un edificio e ne assicura, al distaccamento, l’accesso all’interno dello stesso.
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