Notte fonda
di PAGINA FACEBOOK (Ugo Boghetta)
I risultati elettorali per loro natura sono variamente interpretabili. Tutti (o quasi) possono dire, dal proprio punto di vista, di aver vinto. Per quel che mi riguarda, poco o nulla mi importa dei risultati di questa tornata elettorale. Quello che voglio affrontare è invece il non voto. Più precisamente, mi interessa quella parte che lo fa per motivi politici in quanto non trova una proposta adeguata e coerente, e si è stancata di votare il male minore. Ma non diversa è la situazione di chi si astiene con motivazioni sociali: le periferie.
Il quadro di riferimento non può che andare a questa legislatura pazzesca. Una legislatura in perfetto stile postmodernista dove ogni alleanza è possibile ed intercambiabile.
Ed è proprio questo a rendere passabile il confronto fra elezioni molto diverse come le amministrative e le politiche.
La partecipazione scende dal 73% delle politiche del 2018 al 54.7% delle amministrative: – 18%! Stiamo parlando di circa 9 milioni di cittadini. A questi vanno aggiunte le schede bianche e 12/13 milioni di assenteisti di lungo corso. Chi sono costoro?
Per dare una risposta alla domanda bisogna risalire alle ultime politiche dove, per la prima volta nella storia repubblicana, si è registrata un’egemonia delle componente anti élite, dire anti sistema è un po’ troppo, avversa alle politiche austeritarie, euroscettica e contro l’immigrazionismo. Come è noto, questi voti si sono riversati su M5S e Lega. Parlo di egemonia perché, ovviamente, non tutto il voto al M5S e alla Lega aveva la stessa natura, convinzione.
Quello che è accaduto lo sappiamo tutti. Nella stessa legislatura, con lo stesso Parlamento, si è passati da un governo antieuropeo ad uno che più europirla non si può, nonché presieduto nientepopodimeno che dal sommo Draghi.
La gestione ed il crollo del governo gialloverde, data l’inconsistenza e dabbenaggine dei gruppi dirigenti del M5S e di Lega, ha comprensibilmente prodotto sconcerto, disillusione, perfino rabbia.
Il Covid ha poi cambiato l’agenda e capovolto attori e sceneggiature. Se prima l’insicurezza era “gestita” dalle forze anti élite, con il virus le élite hanno riconquistato il centrocampo. Persi i 5S e con la Lega in confusione, la galassia sovranista dispersa non è stata in grado di costruire un’alternativa che facesse i conti con i motivi del fallimento gialloverde. Cosa peraltro difficile poiché, una cosa è giocare di sponda, altro è cercare di conquistare una parte del campo di gioco dove essere protagonisti. Alcuni hanno pensato di utilizzare il covid con la menata della dittatura sanitaria sposando la parte sbagliata del problema. Si sono inventate le analisi più demenziali quando bastava usare il rasoio di Occam per vedere che la gestione della pandemia era tutta politica e non sanitaria. Che la vaccinazione serve per rilanciare l’economia e non compromettere il PNRR. Tutti gli atti sono rivolti a questi obiettivi: “whatever it takes”. In questo quadro, il green pass è “solo” un ricatto: un inaccettabile ricatto. E per questo è anche più grave: mina il rapporto Stato-cittadino che non può essere improntato ad un paternalismo autoritario. Ricatto portato alle estreme conseguenze come l’abolizione dello smart working, altro che distanziamento sociale perenne! Si è giunti perfino a mettere in discussione lavoro e salario. Una cosa inaudita!
La contestazione efficace del green pass è stata tuttavia minata dagli approcci, obiettivi ed argomentazioni sbagliati avvenuti in precedenza. Al grido di libertà, libertà si è consumato un altro svilimento della politica. La politica infatti è polis e individuo nella polis, non individualismo: nemmeno nel senso di “free vax”. Questa forma di populismo antipolitico è stato inefficace e sconfitto. Ed anche per questo sono rimaste sullo sfondo le lotte del lavoro, lo stato dei servizi, il significato della fuga da Kabul, e ciò che sta accadendo nell’Unione.
Il tutto ha dato, a parte qualche eccezione, anche scarsi risultati elettorali. Ha colpito la maledizione nenniana delle piazze piene e urne vuote. Il grosso dei dissenzienti e dissidenti infatti ha scelto di stare a casa. Il che vuol dire che ancora, ed in questo modo, il sociale non diventa politico e, dunque, è destinato alla sconfitta. La speranza è che il green pass esteso al mondo del lavoro faccia diventare protagonisti i lavoratori e metta da parte “gli scappati di casa”. Lo sciopero dell’ 11 ottobre potrebbe essere un piccolo passo.
Rimettere ordine, risalire la china ovviamente non è affatto semplice. I 9 milioni non sono immediatamente sommabili. Qualcuno magari pensa che le idee ci sono ma non ci sono i leaders giusti, l’organizzazione, l’unità. No, sono le idee, le proposte politiche ad essere sbagliate e/o ad essere rappresentate in modo sbagliato. Mark Twain affermava che dobbiamo temere ciò che sappiamo. E’ infatti ciò che sappiamo che ci ha indotto in errore.
Abbiamo allora bisogno di un Nostro Grande Reset.
Ma non so se avremo capacità e coraggio. Il cambiamento spaventa sempre. Il cambiamento è sempre doloroso, anche a livello personale. L’autocritica infatti la chiediamo sempre agli altri.
La notte è fonda e non sempre il sole sorge per tutti.
FONTE: https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=4379509032085630&id=100000797283987
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