Il Marx Messia
di L’INTELLETTUALE DISSIDENTE (Luca Bistolfi)
Troppi intellettuali laccati, lacchè del potere, citano Marx a casaccio. Ecco perché il Grande Vecchio di Treviri è necessario nel momento terribile ed epocale che stiamo vivendo
Ben conoscendo certi suoi ciarlatani contemporanei e soprattutto i professori universitari, nella Prefazione alla seconda edizione della Welt, Schopenhauer fu costretto a intingere più del solito la penna d’oca nell’acido per censurare l’abitudine di un certo pubblico a ricorrere alle esposizioni di seconda mano anziché ai testi originali. È «l’affinità elettiva, in base alla quale una natura comune si sente attratta verso i suoi simili», così come i bambini «apprendono meglio da altri bambini». E chissà cosa scriverebbe oggi davanti ai bignami e ai “tutorial” filosofici!
Non bisogna tuttavia essere troppo rigidi, e se si desideri addentare idee e autori dalla dura scorza da autodidatti, al fine di evitare le muffe accademiche, si può senz’altro ricorrere a lavori propedeutici. È in tal senso che voglio portare all’attenzione del lettore due Karl Marx.
Il primo esce in queste settimane da Adelphi e ne è autore Isaiah Berlin. Si tratta invero d’una riproposizione del testo apparso nel 1969 per La Nuova Italia, solo con un apparato critico più efficiente. Berlin non è il primo pensatore antimarxista a scrivere un’opera onesta, lucida e informata sul «dottore del terrore rosso», com’egli fu definito ai tempi suoi: si pensi ad esempio alla notevole conoscenza dimostrata da Giovanni Gentile, primo maestro di Antonio Gramsci, e da Benedetto Croce, allievo del marxista Antonio Labriola. Lo studio di Berlin non manca di qualche imprecisione terminologica, di alcune citazioni spericolate – a cui tuttavia pone rimedio la curatela – e di un paio di giudizi piuttosto avventati; ma sono peccati tutto sommato trascurabili a fronte di uno studio rigoroso e soprattutto onesto, anche se datato poiché risalente al 1938. Chi volesse avere una panoramica generale su Marx pensatore, studioso e attivista politico qui troverà soddisfazione. È una sorta di vasta voce da enciclopedia, di quelle che ormai non si compongono più in nessun senso.
Non si dovrà pertanto avere la pretesa di trovarvi un’esposizione delle scoperte marxiane dei Grundrisse o del Capitale. La cifra di questo Karl Marx sta nella capacità di Berlin a incastonare il soggetto nel suo tempo e soprattutto nel descriverne alcuni cruciali fondamenti filosofici con una competenza e una chiarezza espositiva esemplari, che emergono particolarmente in alcuni momenti, come ad esempio le magistrali pagine dedicate a Hegel e al fondamentale rapporto del giovane Marx con la sua filosofia e il capitolo sul «Materialismo storico», argomento, come sanno tutti, piuttosto aspro, ma che Berlin dimostra di saper “maneggiare con cura”, senza ingenerare gli imbarazzanti equivoci, sia per eccesso di ortodossia, sia altrettanto per suo difetto, che purtroppo costellano le pagine di molti marxisti, reali o presunti.
Mi si consenta tuttavia di offrire due suggerimenti prima di accostarsi a questo studio. Anzitutto è necessario leggere con attenzione la «Prefazione del curatore alla quinta edizione», une delle poche premesse utili in circolazione. In secondo luogo di non leggere il risvolto di copertina: in tutta evidenza pare scritto o con l’intenzione di mettere in guardia da Marx o piuttosto senza aver letto libro, dando per scontato che il liberale Berlin fosse un trinariciuto al contrario. Qui mi sa che i trinariciuti a volte vanno cercati nelle redazioni editoriali.
Differente sotto tutti i rispetti è il Karl Marx di Maximilien Rubel, uscito vent’anni fa, nel 2001, ma ancora disponibile, presso l’editore milanese Colibrì e strumento dei più cruciali per chiunque voglia seriamente studiare il Grande Vecchio di Treviri. Al contrario di Berlin, noto a tutti, il nome di Rubel risulterà sconosciuto ai più: ma, per ciò che conta, vi posso garantire che siamo davanti a uno dei più intelligenti, acuti e preparati studiosi del marxismo europeo e capace di maneggiare con abilità e destrezza un argomento molto complesso. Per fornire l’abbrivio necessario a invitare il lettore alla lettura bisogna partire dal secondo sottotitolo del libro: «Prolegomeni per una sociologia etica», che l’autore ha voluto aggiungere alla sola edizione italiana, assai migliore sotto ogni riguardo dell’originale francese. È tra l’altro anche dotata di una cronologia ragionata e meticolosa di oltre cento pagine e di un solidissimo apparato critico.
L’intendimento principe di Rubel è liberare Marx da aride letture economicistiche, cogliendo la continuità, dagli anni giovanili sino alla morte, di un’istanza etica prepolitica e pre-economica. Ma ascoltiamo le eloquenti parole dell’autore:
“Non solo non c’è, in Marx, alcun intento specialistico, ma bisogna anche astenersi dal vedervi un tentativo filosofico di elevarsi al di sopra delle diverse specializzazioni in virtù dell’attività sistematica e di mediazione del pensiero: tale “filosofia”, per lui, aveva a sua volta un carattere frammentario, era un puro prodotto della divisione del lavoro e della sua alienazione. O almeno gli sembrava concepibile – poiché filosofare bisogna – solo se superata e realizzata nella pratica, cioè resa inutile come progetto. Le ragioni di Marx sono state di un altro ordine, che penso di poter definire etico, nella misura in cui l’etica è proprio ciò che, nel pensiero di un uomo, si sottrae istintivamente a ogni particolarizzazione riduttiva per abbracciare la diversità delle attività in una visione d’insieme sempre più elevata e rapportarle, incessantemente alla verità pratica […]. Marx non ha creato, né aveva intenzione di farlo, un nuovo sistema di economica politica. Voleva dare agli uomini in lotta per la trasformazione radicale della società una spiegazione teorica e critica del modo di produzione capitalistico. Karl Marx desiderava finalizzare la conoscenza scientifica della società a una causa eminentemente rivoluzionaria: il rovesciamento del capitalismo e l’edificazione di una società libera dallo sfruttamento e dall’oppressione”.
Tale liberazione consentirà agli individui di poter finalmente realizzare se stessi senza alcun vincolo, di diventare esseri umani integrali poiché svincolati dalla lotta e dai domini di classe, che irretiscono e conculcano il libero sviluppo rivolto alla conoscenza – progressiva e pur necessariamente asintotica – tanto del singolo quanto del cervello sociale, espressione quest’ultima non presente in Rubel ma che piglio a prestito dal vocabolario di Amadeo Bordiga, tra i massimi teorici rivoluzionari del XX secolo.
Ma perché accostarsi a Marx?
Fonte: https://www.lintellettualedissidente.it/controcultura/filosofia/marx-berlin/
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