di OSSERVATORIO GLOBALIZZAZIONE (Luca Colaninno Albenzio)
Il tempo in politica è tutto. Il tempismo, libero da pregiudizi, consente di ridurre il numero degli errori.
Una misura può essere positiva in un dato momento storico, ma può tramutarsi in dannosa nel corso di una fase successiva, in quanto le condizioni iniziali sono mutate.
Nelle Relazioni Interinazioni tra gli Stati che si pongono obiettivi di medio e lungo periodo non si guarda tanto il singolo fotogramma dello stato presente dei rapporti tra le Nazioni, quanto le coordinate degli sviluppi successivi, anche sulla base delle caratteristiche salienti degli Stati, incluse quelle storiche.
Il Trattato del Quirinale[1] tra Italia e Francia, per la parte pubblica resa nota, sarebbe una buona iniziativa[2], ma giunge fuori tempo massimo. È cronologicamente sfasato.
Lasciando da parte i dubbi di costituzionalità sulla parte segreta e le perplessità sui coni d’ombra di incostituzionalità[3] per gli aspetti modificativi dell’architettura governativa, le undici macro aree tematiche (Affari esteri; Sicurezza e Difesa; Affari europei; Politiche migratorie, giustizia e affari interni; Cooperazione economica, industriale e digitale; Sviluppo sociale, sostenibile e inclusivo; Spazio; Istruzione e formazione, ricerca e innovazione; Cultura, giovani e società civile; Cooperazione transfrontaliera) del Trattato di Cooperazione Rafforzata investono buona parte dell’azione dell’Esecutivo.
Il Trattato dell’Eliseo tra Francia e Germania del 1963, rinnovato ad Aquisgrana nel 2019, ha a lungo segnato le tappe delle Comunità Europee/Unione Europea. Quando l’Italia nella prima parte degli anni settanta ha raggiunto l’acme dello sviluppo industriale, il Trattato dell’Eliseo ha funzionato all’interno della CEE anche come la più classica delle alleanze tra la prima e la terza potenza continentale contro la seconda.
Nel momento in cui l’asse tra Parigi e Berlino manifesta segni di affaticamento in ragione dello sguardo tedesco sempre più proteso ad Est, la Francia cerca di restare al centro dell’azione dell’UE, grazie all’intesa di scorta[4] siglata con l’Italia al Quirinale. Macron ha dichiarato che: “in Francia abbiamo l’ossessione di dire che quando le cose diventano complicate con la Germania, ci rivolgiamo all’Italia[5]… ”.
L’opinione pubblica tedesca teme che il Trattato del Quirinale sia l’unione di due debiti[6] in danno della Germania.
Più che un rafforzamento dell’UE, il Trattato del Quirinale ne è il canto del cigno.
Gli Stati nazionali, lungi dal fondersi un una specie di Confederazione mai nata, hanno fatto di un’Unione sempre più divisa la palestra delle proprie brame.
Parigi, in nome dell’appartenenza al ristretto club atomico, rivendica il primato politico e militare (finanziato però dagli altri Stati) sul Continente europeo, tanto più se ha a disposizione alternativamente il “forno” tedesco e quello italiano.
Berlino, aliena dall’impegno politico a favore dell’Europa, anche per i suoi trascorsi storici, vede nell’Unione Europa uno dei mercati di sbocco delle sue produzioni.
Roma è stata sede vacante. L’Italia è terra di conquiste.
Il primo allargamento del 1973 a Londra, Copenaghen e Dublino ha introdotto nella CEE più freni e riserve, che coesione.
Per i Paesi di Visegrad, presso i quali Parigi non ha nessuna influenza, l’elefantiaca Unione Europa è poco più, poco meno, che un Bancomat. Hanno fatto blocco per non essere meno uguali tra i più uguali Francia e Germania, cui si è aggiunta l’Italia.
Gli egoismi nazionali hanno avvelenato l’Unione Europea[7], della cui certificazione cadaverica si incaricherà un qualche evento dirompente che ne dimostrerà la immobile rigidità.
Il Trattato di Aquisgrana, e ancor più quello del Quirinale, hanno tentato di rianimare la salma insepolta dell’Unione Europea.
L’Europeismo, per quanto idea ardua, non è nato morto.
È stato soffocato in culla nel secondo dopoguerra, quando nel 1954 il Parlamento francese affossò definitivamente la CED (Comunità Europea di Difesa), la più politica delle Comunità a sei.
Nel primo dopoguerra l’Atlantismo temperato di Renè Pleven, Robert Schuman Conrad Adenauer, di Alcide De Gasperi e di Attilio Piccioni era il terreno ideale sul quale sviluppare la cooperazione politica europea, tra Francia, Italia, Germania dell’Ovest e Paesi del Benelux.
Quelli erano i tempi giusti della concertazione rafforzata ai più alti livelli tra i sei Stati fondatori delle Comunità, quasi sulla stessa linea di partenza e con prospettive politiche ed economiche rosee.
Così non è stato.
L’allora Germania dell’Ovest e i tre Paesi del Benelux approvarono il Trattato CED.
Il Parlamento francese ne procurò l’aborto nell’agosto 1954.
In Italia De Gasperi fu punto da un insetto letale nel natio Trentino. Altri parlano di un infarto.
Piccioni, che condivideva lo stesso afflato europeista di De Gasperi, fu ingiustamente eliminato dalla scena politica per via giudiziaria trasversale.
La Storia europea ha preso altre vie, per lo più economiche[8].
Dopo un lungo elenco ultradecennale fatto di schiaffi, sberle, sgambetti, misfatti, deprecazioni, guerricciole e offese varie, (ricevuti il più delle volte, ma talvolta ricambiati ai nostri partners europei), il Trattato del Quirinale trova l’Italia della Seconda Repubblica priva di una classe politica all’altezza delle sfide venture.
Siamo di fronte ad una alleanza necessitata con la Francia[9], dettata dallo smantellamento interno e internazionale di quelle fucine delle classi politiche nazionali che furono i partiti della Prima Repubblica.
Immaginare le stesse regole per soggetti dal peso diverso, quali Francia e Italia sono, significa produrre disuguaglianze a tutto vantaggio del più forte[10].
I settori pubblici italiani hanno molto da offrire alla Francia, ma non vale il contrario.
Malgrado l’attivismo mercatorio dell’Eliseo, travisato in forma diplomatica, il saldo netto dell’interscambio tra Italia e Francia è a favore della prima, segno della vivacità dell’imprenditoria italiana, che nel Trattato dell’Eliseo non trova uno strumento per favorire le acquisizioni nel settore privato francese.
Dal punto di vista della politica internazionale l’Italia si troverà sovraesposta sulle questioni scottanti della Francafrica, dove si legherà al carro dell’Esagono. Il vantaggio per la Francia di poter disporre direttamente delle basi italiane al centro del Mediterraneo non ha equivalenti per l’Italia verso il territorio di Marianna. Basti ricordare che dalla Sicilia decollavano gli aerei della NATO, che bombardarono insensatamente la Libia nel 2011.
In generale la Francia ha molto di più da chiedere all’Italia di quanto l’Italia non ne abbia nei confronti della Francia.
Parigi, come con una sua qualsiasi ex colonia, ha saputo ben vendere all’Italia il profumo del proprio seggio permanente al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e le scie dei suoi sommergibili nucleari.
Roma non è più sede vacante dato che è stata occupata da Parigi.
Al di là delle apparenze egalitarie formali, questa classe politica inconsistente ha condannato l’Italia ad essere, attraverso il condizionamento politico, un partner junior della Francia, la quale ovviamente curerà precipuamente i propri interessi, non certo quelli dell’Italia.
Un ondivago Ministro degli Esteri italiano dall’incerta identità politica e internazionalmente, esordì come anticolonialista e pro gilet gialli[11]. Ha finito coll’auto commissionarsi e col mettere l’Italia sotto tutela politica di una Presidenza francese, tramutatasi da scintillante fenomeno mediatico a incolore agenzia d’affari globale.
L’Italia difficilmente potrà barcamenarsi tra Francia e Germania, perché il Trattato del Quirinale non investe questioni singole, ma interi settori politici, i quali richiedono di essere programmati. Più che un quadro dipinto, è una cornice contenitiva. Purtroppo in Italia, diversamente dalla Francia, la politica ha smesso da troppi lustri di programmare il futuro del Paese.
L’affidamento è il più madornale degli errori che si possa commettere in politica estera.
All’interno dello Stivale c’è un polpaccio da spolpare, rappresentato da quel che resta delle Partecipazioni Statali.
La Francia, affatto solinga, si è accomodata in ottima posizione al banchetto.
Nello stesso tempo non ci sarebbe da stupirsi se, da piazzista quale è, Macron, con complicità politiche nostrane, vendesse agli italiani il displuvio aostano del Monte Bianco.
La somma delle due debolezze italo-francesi non fa una forza.
Bisognava por mano al Trattato del Quirinale allorquando Francia e Italia erano due forze. Ora persino la Turchia spaventa sia l’Italia, sia la Francia.
Quel portentoso e irresistibile treno è passato. Quel tempo è stato impiegato nel destabilizzare l’Italia dall’interno e dall’esterno.
Mancò il coraggio politico in chi rimase prigioniero del passato, retaggio di pregiudizi e di miopie. Oggi saliamo su un trenino a due vagoni e a scartamento ridotto.
È singolare che il Trattato del Quirinale non abbia una scadenza, ma sia affidato al principio generale rebus sic stantibus. Gli stessi firmatari sembrano non nutrire eccessiva fiducia nella lunga durata del rapporto che hanno sottoscritto.
Sul piano politico l’iper liberismo vantato da Macron fa a pugni con la prevalenza dell’economia statale promossa dal Trattato: poche idee, ma ben confuse per interpretarle a proprio piacimento.
Francia e Italia si sono vincolate a cooperare non per amore, ma per il comune bisogno di frenare all’interno dell’UE le spinte rigoristiche tedesche in tema di politica monetaria e all’esterno l’espansionismo turco in Medio Oriente e in Nord Africa. Entrambi i Paesi non avevano partner alternativi migliori.
L’intesa italo francese giunge con ritardo, dopo che Berlino con la propria politica commerciale, a lungo export oriented,ha impoverito alcuni vicini, in particolare l’Italia.
Parigi non vede di buon occhio la morbida cedevolezza di Berlino verso Ankara, con cui la prima ha rapporti, a dir poco, molto tesi. Il colpo di Stato contro Erdogan del maggio 2016 è fallito, anche grazie all’appoggio tedesco al Sultano.
Neppure gli accordi a tutto campo[12] tra Londra e Ankara sono passati inosservati[13] a Parigi.
Nel conflitto tra Francia e Turchia la Gran Bretagna corre il pericolo di avere la peggio, perché le attuali tensioni post Brexit tra le due rive della Manica[14] rischiamo di alimentarsi e di scaricarsi sulla coesione interna del Regno, in particolare sulla devoluzione dell’Ulster e della Scozia[15].
Il convitato di pietra del Trattato del Quirinale è stato Erdogan.
La politica estera della Turchia consiste nel pendolare tra Russia e Stati Uniti, secondo le necessità del momento. Non è propriamente quel che si definisce un alleato affidabile.
Col Trattato del Quirinale Francia e Italia sono state poste, col placet di zio Sam, come mastini a catena corta contro le oscillazioni estreme filo e anti russe della Turchia[16].
Se Erdogan perderà la misura dell’equilibrio, prevedibilmente le dispute territoriali su Cipro e nel Caucaso saranno tra le primissime linee di faglia a muoversi, grazie all’allentamento della catena da parte di zio Sam.
Il Trattato del Quirinale è tardivo anche in funzione anti turca, perché si è lasciata fare alla Turchia ciò che ha voluto per molto tempo, sia da parte italiana, sia da parte francese, sia da parte americana, aggravando di fatto la risoluzione dei problemi.
In questo scenario l’Italia ha tutto l’interesse a tenere lontano da sé le linee di faglia dello scontro e a non farsi dettare l’agenda. È bene tenere presente che le truppe turche sono presenti in Albania e in Tripolitania a causa dell’irenismo inconcludente dei Governi italiani. Le sbornie da pacifismo arrendevole sortiscono al risveglio l’effetto opposto: l’intervento militare non è più per nulla chimerico[17]. L’Italia non sarà più terra di sbarco e passaggio di malintenzionati diretti altrove, ma contatto diretto con le tensioni del Sud del Mondo.
Agli Stati Uniti preme che Erdogan non dia fuoco alle polveri con un attacco alla Grecia, in quanto focalizzati sul contrasto alla Cina, alleato neanche tanto occulto, della Turchia.
La Russia farà quel che le riesce meglio con il minor sforzo: inserirsi nelle divaricazioni altrui e allargarle a proprio vantaggio.
Volente o nolente ora tocca all’Italia fare i conti in ritardo con le cose turche, dopo che per molto tempo la Farnesina è stata sede vacante, crogiolandosi nell’irrealtà della impossibilità di uno scontro nel Mediterraneo.
Si può essere certi che Londra, e ancor più, Ankara non hanno gradito il Trattato del Quirinale: in Turchia è stato arrestato un analista per spionaggio a favore dell’Italia e della Spagna[18]; le tensioni legate alla pesca nella Manica[19] e alle Isole del Canale[20], lungi dal distendersi, stanno assumendo tratti ritorsivi grotteschi e medievali.
La Guerra Fredda è terminata. Ha lasciato il posto a tanti conflitti covati sotto le ceneri, pronti ad esplodere. L’intera sponda africana del Mediterraneo che va dal Marocco all’Egitto è una polveriera. Se si aggiungono le tensioni Medio Orientali e sub Sahariane, su cui la Turchia pretende di giocare da protagonista, il rischio di un conflitto è dietro l’angolo.
In questo contesto all’Italia serve più che mai ricreare una classe politica che sappia pensare unitariamente e storicamente il futuro della Nazione in ragione dei propri interessi internazionali. Non è più il tempo degli ectoplasmi a Palazzo Chigi e alla Farnesina.
Con il Trattato del Quirinale si è inaugurato un nuovo corso della politica italiana. Salvo inaspettati lampi anatolici di guerra e colpi di testa della Germania in materia finanziaria, l’imminente elezione del nuovo Presidente della Repubblica sarà il banco di prova per saggiare il vincolo scaturito dal Trattato del Quirinale.
Accordi così complessi non vanno sottoscritti alla fine dei mandati politici dei leader, ma al principio. Per anni tra Parigi e Roma sono volati gli stracci. Tardivamente hanno trovato un’intesa nel vuoto di potere lasciato dagli USA nell’ormai affollato Mediterraneo.
Macron è a fine corsa. In Italia la maggioranza parlamentare non uscirà vincitrice dalle prossime elezioni politiche.
Saranno forze politiche diverse a dover implementare o depotenziare l’Accordo tardivo sottoscritto dal duo Ma-ghi/Dra-con. Sullo sfondo del Trattato campeggiano le infittite, e non affievolite per tempo, relazioni più o meno pericolose di Berlino[21], di Madrid[22] e di Londra con Ankara. E non è un dettaglio da poco. Anche Roma deve smetterla con le ambiguità in politica estera[23].
Washington chiude entrambi gli occhi sulle cose turche di Erdogan, pur di non consumare il divorzio[24] con la Turchia. Nello stesso tempo prova a dividere gli alleati per metterli gli uni contro gli altri, onde ergersi a leader incontrastato. È un gioco che non può funzionare a lungo, perché non è una partita chiusa al solo interno della NATO. Fuori dalla tana c’è l’orso russo, pronto ad azzannare l’oscillante e anomalo Sultano filo russo, ma anche filo ucraino.
Per Roma si dischiudono vasti orizzonti. Il Trattato del Quirinale impone all’Italia una nuova visione del Mediterraneo allargato. Bisogna stringere rapporti più stretti con Bulgari e Rumeni. Potrà essere pure sgradevole, ma con i Siriani bisogna interloquire, così come con i Curdi. Iran e Israele vanno seduti al tavolo della pace[25]. Le tensioni tra Algeria e Marocco devono essere stemperate, anche nell’interesse della sponda settentrionale del Mediterraneo[26].
[1] https://www.governo.it/sites/governo.it/files/Trattato_del_Quirinale.pdf
[2] Per uno sguardo d’insieme sul Trattato v.d. AA. VV. in www.dire.it/26-11-2021/688714-italia-e-francia-firmano-il-trattato-del-quirinale-draghi-momento-storico-da-oggi-ancora-piu-vicini/
[3] P. Zicchittu, La Corte Costituzionale di fronte alle “zone franche” in www.forumcostituzionale.it
[4] https://www.askanews.it/esteri/2021/11/26/macron-trattato-del-quirinale-non-%c3%a8-in-opposizione-a-germania-pn_20211126_00057/
[5] A. Contu, in www.lumsanews.it/draghi-e-macron-firmano-il-trattato-del-quirinale/
[6] https://www.lanotiziagiornale.it/merkel-mastica-amaro-trattato/
[7] Sull’idea di Europa per tutti c.f.r A. Giannuli, Storia dell’Unione Europea # 1, 2, 3, 4 in www.youtube.com
[8] K. Ruane, The Rise and Fall of the European Defence Community: Anglo-American Relations and the Crisis of European Defence, 1950-55, London, 2000
[9] D. Fabbri, Italia-Francia- Perché il Trattato del Quirinale, in www.youtube.com
[10] G. Gaiani, in www.analisidifesa.it/2021/11/il-trattato-italo-francese-opportunita-o-colpo-di-grazia-alla-sovranita-nazionale/
[11] https://en.minbarlibya.org/2019/01/24/gloves-off-as-italys-populists-mount-assault-on-coloniser-france/
[12] https://www.gov.uk/government/publications/ukturkey-free-trade-agreement-cs-turkey-no12021
[13]S. Lowee L. Scazzieri, Accordo commerciale Regno Unito-Turchia, in www.eupoliticalreport.eu/uk-turkey-trade-deal/
[14] https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/europa/2021/12/02/canard-enchaine-per-macron-boris-johnson-e-un-clown_ad88b103-c2df-4a4d-8e7a-f0f7b900c945.html
[15] https://pulse.express.co.uk/news/uk/1407477/emmanuel-macron-news-nicola-sturgeon-independence-eu-scotland-spt
[16] G. Cristini, in www.lavocedinewyork.com/news/primo-piano/2021/11/26/laccordo-tra-italia-e-francia-guarda-alla-libia-parlando-alla-turchia/
[17] https://www.linkiesta.it/2020/01/libia-italia-tregua-haftar-serraj/
[18] https://www.msn.com/it-it/notizie/mondo/analista-militare-turco-accusato-di-spionaggio-per-litalia/ar-AARj205?ocid=uxbndlbing
[19] https://www.quotidiano.net/esteri/migranti-manica-francia-gran-bretagna-1.7080862
[20] G. Ferraino, in www.msn.com/it-it/notizie/mondo/jersey-la-francia-minaccia-di-tagliare-lelettricit%c3%a0-londra-manda-le-navi/ar-BB1goEaZ
[21] F. S. Szabo, in www.brookings.edu/research/germany-and-turkey-the-unavoidable-partnership/
[22] https://www.linkiesta.it/2021/11/spagna-turchia-vendita-armi/
[23] https://www.huffingtonpost.it/entry/turchia-libia-ue-il-triangolo-delle-armi-e-il-business-delle-migrazioni_it_6188fd87e4b0c8666bdf29ec
[24] https://warontherocks.com/2021/10/not-a-divorce-but-a-defense-decoupling-whats-next-for-the-u-s-turkish-alliance/
[25] O. Ilany, in www.haaretz.com/israel-news/.premium-now-s-the-time-for-israel-to-make-peace-with-iran-1.9364306
[26] https://www.ilpost.it/2021/08/31/crisi-marocco-algeria/
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