Elon Musk, o della banalità
da L’INTELLETTUALE DISSIDENTE
“Time” incorona Elon Musk uomo dell’anno. Che tristezza. Il nostro personaggio del 2021 si chiama Germano: alla finanza ha preferito la povertà, ai voli su Marte le passeggiate sulle colline, a stanare il buon vino
Elon Musk, di per sé, è un nome che prevede il romanzo. Elon in ebraico significa “albero di Dio”; Elon Musk è stato eletto da “Time” 2021 Person of the Year. Le copertine di “Time” che celebrano la personalità dell’anno sono spesso intrise di humour nero: la prima copertina, del 1927, è andata a Charles Lindbergh; nel ’30 fu eletto Gandhi, l’anno dopo Pierre Laval (alfiere di Vichy, collaborazionista, fu fucilato nel ’45); nel ’38 fu Hitler a finire in copertina, Iosif Stalin he ha conquistate un paio (nel 1939 e nel ’42). “Time” ha omaggiato Nixon e Kissinger, le American women, l’Ayatollah Khomeini e Deng Xiaoping (per due volte), Bill Clinton, Putin e Greta Thunberg. A dire che la copertina, in un paese ossessionato dalle classifiche – il The Best of compilato da ogni giornale a fine anno per ogni categoria, dai libri ai calzini, dimostra, dietro i fini vili, commerciali, una sostanziale impotenza: ciò che conta è, sempre, il ‘fuoriclasse’, l’inclassificabile – è per lo più uno scherzo.
L’elezione di Elon Musk come personaggio dell’anno, piuttosto, denota una visione del mondo.
Elon Musk, infatti, incarna, nella giocattoleria onirica occidentale, il ‘sogno americano’. È l’uomo più ricco della Terra, è passato dall’umiliazione – i bulli di Pretoria – al riscatto, vuole cambiare il mondo. La scaltrezza finanziaria, il talento ossessivo, si fondono alla protervia dell’infanzia perpetua, disneyana: Elon Musk ha fatto così tanti soldi da disinteressarsene e pretende di “salvare il pianeta”. Egli appartiene a quella generazione di pionieri digitali che in California, negli anni Novanta, hanno ideato questo mondo – l’onda lunga che dagli Steve Jobs e i Jeff Bezos arriva fino a Mark Zuckerberg & Co. – e che ora da questo mondo se ne vogliono andare. Sulle proprie astronavi. Meglio marziani che umani. Da PayPal a SpaceX il processo è irreversibile: si tratta pur sempre di finanza. Chi non può permettersi una navicella, si compri una Tesla.
Il ritratto di Elon Musk firmato per “Time” da Molly Ball, Jeffrey Kluger, Alejandro De La Garza, spinge sui caratteri ‘da romanzo’: l’uomo scompare alle spalle dell’immaginario che ha forgiato, di cui è re.
“L’uomo più ricco del mondo non possiede una casa e ha recentemente venduto la sua fortuna. Lancia satelliti in orbita e tenta di imbrigliare il sole; guida un’auto che non consuma benzina e che non ha bisogno di autista. Con un moto del dito fa schizzare il mercato azionario, o lo deprime. Un esercito di devoti pende da ogni sua singola espressione. Sogna Marte, cavalca la Terra, ha la mascella squadrata, è indomito. Di recente, Elon Musk ha twittato le sue feci. ‘Ho appena mollato alcuni amici in piscina’, ha scritto la sera del 29 novembre scorso il miliardario cinquantenne, informando i suoi 66 milioni di seguaci su Twitter che almeno la metà dei suoi tweet sono ‘pensati su un trono di porcellana’. Dopo una pausa – 21 minuti se ci tenete a saperlo – segue aggiornamento, ‘Splish splash’”.
Più che merda d’artista, stronzi che valgono oro, verrebbe da dire: qualcuno, leccandoli (inscatolateli, inscatolateli!), penserà di poter saggiare il genio di Elon nell’arte finanziaria. L’articolo, poi, passa dalle stronzate ai dati di fatto:
“Questo è l’uomo che aspira a salvare il mondo e a procurarcene uno nuovo: pagliaccio, genio, showman, visionario, industriale di talento, robotico: un folle incrocio tra Thomas Edison, P.T. Barnum e Andrew Carnegie. La sua compagnia di razzi, SpaceX, ha sovrastato Boeing e altri nel progettare il futuro spaziale dell’America. La sua azienda automobilistica, Tesla, controlla i due terzi del mercato multimiliardario dei veicoli elettrici, di cui è stata l’avanguardia, e ha un valore di un trilione di dollari… Domina Wall Street: ‘Il modo in cui funziona la finanza, attualmente, è che una cosa ha valore non in base ai flussi di cassa ma alla vicinanza o meno a Elon Musk’, ha scritto Matt Levine, editorialista di Bloomberg”.
Elon Musk, della cui audacia non possiamo che godere, che tiene insieme lo sterco del diavolo – Wall Street, tempio demoniaco – e Jules Verne – l’utopia di colonizzare Marte –, è un eroe hollywoodiano, pronto al film. Certo, per diventare una specie di Charles Foster Kane o di Howard Hughes – secondo la versione che ne dà Martin Scorsese in The Aviator – gli manca la propensione per l’abisso, il cinismo, lo schifo verso l’umanità, un amore che disintegra. Ci si può lavorare. L’indifferenza verso il denaro – cocaina per i suoi invidiosi avversari –, i piccoli tic, le manie, il desiderio di mollare gli ormeggi e andare in un altro pianeta, di cui essere imperatore (pur con l’ipocrisia filantropica) sono segni chiari dell’orrore che Elon Musk prova verso l’umanità.
Piuttosto, è interessante osservare la metamorfosi cui obbliga la fama, la famelica. Il volto si modifica, attinge al valore di maschera: il ragazzino sorridente e un po’ disadattato, decisamente pallido, privo di carisma, è un uomo che, ora, fin dalla pettinatura, dal tono, dal modo in cui si fa la barba, dagli abiti che indossa, sa di fare moda, di dover dimostrare uno stile. Non è più lui; è a servizio del pubblico, dello stato, della storia. Che un imprenditore di grandissimo successo, geniale nel fare soldi e nell’intuire i rigurgiti del mercato finanziario, debba dotarsi di una ‘filosofia’, sia perciostesso un guru, uno smaliziato pensatore, fa perfino sorridere.
Ciò che stona in Elon Musk, ecco, è che è esattamente consecutivo a questo tempo: è un uomo di successo, un visionario – come amano dire, nel tempo privo di visioni, di profeti –, è l’uomo più ricco del mondo, sagace e utopista al tempo stesso. Non c’è uno scarto, la spina che mette in crisi la norma, il bastone tra le ruote del sistema. Tutti vogliono essere Elon Musk, non serve “Time” a ribadirlo. Elon Musk è l’esatto figlio solare dell’America di oggi, di sempre: ricco, intrepido, apparentemente folle (la follia riguarda la sovversione del canone, ad esempio della padronia del denaro). La sua grandezza è santificata dal conto in banca; dunque, è sotto ricatto. Eppure, il manto messianico con cui, abbacinati dalla cecità, rivestono Elon Musk è spergiuro e idiozia, autentica sovversione dei segni. Secondo la tradizione, feroce, il Messia, infatti, è figura anonima, irriconoscibile, dileggiata, disprezzata. L’uomo che viene a salvare il mondo resta incompreso, sterminato per fraintendimento, vero e proprio capro espiatorio. “Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi”, scrive Isaia nel micidiale capitolo 53, da usare come antidoto alle spurie copertine di “Time”.
“Disprezzato e reietto dagli uomini
uomo di dolori che ben conosce il patire…
egli si è addossato i nostri dolori
egli è stato trafitto per le nostre colpe
schiacciato per le nostre iniquità…
per le sue piaghe noi siamo stati guariti”.
Eccolo, l’uomo che salva il mondo, a salvezza degli uomini. Infine, Elon Musk è un tizio che ha fatto tanti soldi e vuole viaggiare nel cosmo: cosa c’è di singolare, di seducente, di provocatorio in questo? Egli riproduce in estasi ciò che vogliono tutti gli uomini: i soldi, la fama e la grande fuga.
A Santarcangelo di Romagna, nella bella provincia italiana ora vampirizzata dal turismo, con fottio di ristoranti di lusso, c’è una lapide di devota inattualità, che rimanda al mondo perduto, dei docili perduti. È del marzo 1987, dedicata a “Germano”; questa è l’iscrizione:
“Germano era calzolaio e assaggiatore di vino e acqua per conto di amici. Andava a piedi lungo il fiume e sulla groppa delle colline a cercare del Sangiovese con l’odore delle viole e l’acqua dei pozzi contadini che sapesse di menta. Germano è morto che aveva 94 anni povero com’era sempre vissuto. I parenti hanno trovato un suo libretto di banca carico di soldi che lui si è sempre rifiutato di toccare. Erano gli assegni che da trent’anni gli arrivavano mensilmente per la morte nella Grande guerra del giovane figlio ufficiale d’artiglieria”.
Che grazia: sembra l’abbrivio di un racconto. Germano, anonimo e dunque indimenticabile, ribalta il mondo idolatrato da Elon Musk. Al delirio di Wall Street preferisce la povertà – il senso dell’onore e dell’amore, che nessun sussidio può comprare, dacché una morte non ha peso in denaro –, ai voli galattici e transumani antepone le passeggiate tra i colli e i pozzi. Già: Germano è il nostro uomo dell’anno.
FONTE: Elon Musk, o della banalità – L’ Intellettuale Dissidente (lintellettualedissidente.it)
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