Quanto accade da una settimana in Kazakistan è la quinta fase di un piano della RAND Corporation; la sesta riguarderà la Transnistria; le precedenti quattro fasi si sono svolte negli ultimi due anni in Ucraina, Siria, Bielorussia e Nagorno Karabakh. Obiettivo: indebolire la Russia e costringerla a sovraesporsi.
In Kazakistan Washington porta avanti il piano della RAND, poi toccherà alla Transnistria
da RETE VOLTAIRE (Thierry Meyssan)
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«La Russia vuole costringere gli USA a rispettare la Carta delle Nazioni Unite», 4 gennaio 2022.
Durante il colloquio telefonico del 30 dicembre 2021 con l’omologo russo Vladimir Putin, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha risposto alla proposta della Russia di un Trattato che garantisca la pace sulla base del rispetto scrupoloso della Carta delle Nazioni Unite e degli impegni assunti [1]. Non sorprende che Biden abbia ignorato la sostanza della richiesta russa, limitandosi ad alludere a una possibile cessazione delle operazioni USA in Ucraina.
Il Consiglio di Sicurezza degli Stati Uniti ha simultaneamente avviato parecchie azioni contro la Russia. L’obiettivo non è rovesciare governi o scatenare nuove guerre, ma sfiancare Mosca, obbligandola a intervenire fuori dalle proprie frontiere. La Federazione di Russia si estende infatti su un territorio gigantesco, che non riesce a gestire con una popolazione di appena 150 milioni di abitanti.
A tal proposito, a maggio 2019 la RAND Corporation, il think-tank del complesso militare-industriale USA, aveva enumerato sei opzioni [2]:
1. armare l’Ucraina;
2. incrementare il sostegno agli jihadisti in Siria;
3. promuovere un cambiamento di regime in Bielorussia;
4. sfruttare le tensioni nel sud del Caucaso;
5. ridurre l’influenza russa in Asia centrale;
6. competere con la presenza russa in Transnistria.
Dall’11 al 13 ottobre 2021 la sottosegretaria di Stato per gli Affari politici, Victoria Nuland, ha incontrato a Mosca il governo russo. Con l’occasione è stato rimosso in via eccezionale il veto d’ingresso in Russia [3]. Nuland infatti non è una funzionaria qualsiasi. È una ragguardevole esponente dello Stato Profondo USA, che ha fatto parte di tutte le amministrazioni, repubblicane e democratiche, a eccezione dell’amministrazione jacksoniana del presidente Donald Trump. Fu lei a chiamare a raccolta nel 2001 gli alleati per combattere in Afghanistan, nonostante l’opposizione del presidente francese Jacques Chirac e del cancelliere tedesco Gerhard Schröder. Fu ancora lei che, alla fine della guerra del 2006 contro il Libano, salvò Israele organizzando un cessate-il-fuoco unilaterale ed evitandogli l’umiliazione della disfatta militare. Fu di nuovo lei a organizzare nel 2014 la rivoluzione colorata del Maidan per rovesciare il presidente ucraino Viktor Yanukovich e sostituirlo con dei nazisti. Se ne poté allora costatare il disprezzo nei confronti degli europei, provocando disagio a Bruxelles e sanzioni contro Mosca.
Nuland appartiene a un’illustre famiglia neoconservatrice. Il marito non è altro che Robert Kagan, uno dei fondatori del Progetto per un nuovo secolo americano (Project for a New American Century – PNAC) che raccolse fondi per mandare alla Casa Bianca George W. Bush (figlio) e auspicò «una nuova Pearl Harbor», che gli attentati dell’11 Settembre poi realizzarono. Il cognato, Frederick Kagan, è un pilastro dell’Istituto dell’Impresa America (American Enterprise Institute). Fu l’ispiratore della politica USA di occupazione dell’Afghanistan e dell’Iraq. La cognata, Kimberly Kagan, è presidente dell’Istituto per lo studio della guerra (Institute for the Study of War). Svolse un ruolo di primo piano in tutte le guerre del Medio Oriente Allargato, in particolare nella politica dei rafforzamenti (the surge) in Iraq.
A luglio 2020 Nuland spiegò come trattare con la Russia in un provocatorio articolo su Foreign Affairs, “Inchiodare Putin” [4]. L’autrice, neoconservatrice, all’epoca collaboratrice dell’ex segretaria di Stato democratica Madeleine Albright, illustrava come il futuro presidente avrebbe dovuto agire nei confronti di Mosca. Dopo aver presentato una Russia in rovina e un Putin allo stremo, proponeva di negoziare un nuovo Trattato START [Strategic Arms Reduction Treaty, Trattato di riduzione delle armi strategiche, ndt], di ostacolare l’uso di internet da parte dei russi, di sostenere l’adesione dell’Ucraina alla UE (e successivamente alla NATO), nonché l’opposizione armata in Siria. Preconizzava investimenti USA per modernizzare quel povero Paese che è la Russia, in cambio del suo allineamento politico alle «democrazie occidentali». Il Cremlino, che ne respinge totalmente le affermazioni, l’ha ricevuta comunque, così come ha accettato il vertice Biden-Putin di Ginevra, sebbene il presidente statunitense avesse insultato l’omologo russo in televisione.
Non è trapelato niente delle riunioni a porte chiuse con il governo russo, ma è molto probabile che Nuland per l’ennesima volta abbia minacciato la Russia, visto che lo fa da vent’anni. Il ministro degli Esteri russo, Sergueï Lavrov, ha comunque confermato che la sottosegretaria USA non è pronta a sostenere l’applicazione dell’Accordo di Minsk per risolvere la crisi ucraina.
Da Mosca Nuland si è recata a Beirut per incontrare il nuovo governo di Najib Mikati, poi a Londra per suonare l’allarme, annunciando che Mosca stava ammassando truppe alla frontiera ucraina e s’apprestava a invadere il Paese.
Tre settimane dopo, il direttore della CIA, William Burns, si precipitava a Mosca per aggiustare quel che Nuland aveva mandato in frantumi: si è sforzato di essere conciliante ed è stato ricevuto dal presidente Putin in persona.
Ora però Washington ha smesso di fare il bello e il cattivo tempo. Dopo aver realizzato le prime quattro fasi: 1. armato l’Ucraina; 2. sostenuto gli jihadisti in Siria; 3. tentato di cambiare regime in Bielorussia [5]; 4. sfruttato le tensioni nel Caucaso del sud con l’attacco dell’Azerbaijan all’Armenia [6]; ora tenta di ridimensionare l’influenza di Mosca in Kazakistan – fase 5 – e successivamente dovrebbe misurarsi con la Russia in Transnistria – fase 6. In poche parole gli Stati Uniti mettono in pratica il piano della RAND Corporation.
Kazakistan
Nella cultura dell’Asia centrale il capo è una specie di Kublai Khan e i membri della sua famiglia sono dei privilegiati. Il Kazakistan è nazione da pochi decenni. Lo deve al presidente Nursultan Nazerbayev, che ha saputo federare le diverse tribù. Il successore Kassym-Jomart Tokayev ha democratizzato il Paese, ma la condotta della popolazione continua a essere influenzata dalla cultura turco-mongola.
Il 2 gennaio 2022 manifestazioni contro il rialzo del 13% del prezzo del gas si sono trasformate in rivolta. Gruppi coordinati hanno attaccato edifici pubblici e spesso attività commerciali. Appostati sui tetti, dei cecchini hanno sparato sia sui manifestanti sia sulla polizia. Armerie militari sono state attaccate. Il bottino è stato distribuito ai componenti dei gruppi assalitori. Lo stesso è accaduto un po’ ovunque nel Paese. A Taldykorgan è stata attaccata anche la prigione dove sono rinchiusi degli islamisti.
L’operazione è opera di jihadisti che hanno combattuto in Siria, nonché di ex collaboratori della CIA afghani. Comandano gruppi formati da islamisti kazaki.
Il presidente Tokayev ha riconosciuto la legittimità delle manifestazioni e represso gli attacchi dei terroristi. Ha proclamato lo stato d‘assedio e fatto arrestare il presidente del Consiglio di Sicurezza, Karim Masimov, ex banchiere che fu due volte primo ministro, nonché capo dell’ufficio esecutivo del presidente. È accusato di alto tradimento. Tokayev dopo aver nominato il successore ha riunito il Consiglio di Sicurezza.
I rapporti ufficiali stimano in 20 mila circa il numero degli insorti, formati sia da jihadisti e rivoltosi stranieri sia da islamisti kazaki. Da anni, molto prima del piano Kushner di normalizzazione, il Paese era in rapporti cordiali con Israele. L’ex presidente Nazerbayev, che durante il periodo sovietico aveva assunto posizioni antireligiose, si è in seguito convertito e ha compiuto il pellegrinaggio alla Mecca. Le Chiese sono autorizzate, purché si registrino. Ogni anno si tiene un incontro inter-religioso, assimilabile a quello che il Vaticano organizza ad Assisi.
Il Kazakistan distingue le religioni, senza eccezioni, dall’islam politico, che è invece vietato. La Confraternita dei Fratelli Mussulmani e lo Hizb ut-Tahrir (Partito della Liberazione) si sono tuttavia sviluppati nell’intera l’Asia centrale con l’aiuto dell’MI6 britannico. Del resto, l’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai è nata per combattere questo separatismo.
Il Consiglio di Sicurezza kazako ha trasmesso al Cremlino gli elementi posseduti sul complotto di cui è vittima il Paese. Ha chiesto l’aiuto dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO) per combattere gli jihadisti. Il presidente Tokayev ha subito ordinato alle forze di sicurezza di sparare a vista e di uccidere gli jihadisti intercettati [7].
Il CSTO ha immediatamente risposto inviando 2.500 soldati armeni, bielorussi, russi e tagiki agli ordini del generale Andrei Serdyukov, comandante in capo dei paracadutisti della Federazione di Russia. La Cina Popolare ha annunciato di essere pronta a intervenire in caso di bisogno.
La Turchia ha manifestato il proprio sostegno al presidente Tokayev, facendo così sapere di non essere implicata nel complotto jihadista. Senza sorpresa l’Afghanistan ha fatto altrettanto: parte dei talebani sono infatti deobandi e, del resto, gli afghani che partecipano all’attacco jihadista in Kazakistan sono ex collaboratori della CIA fuggiti dal Paese [8].
Rapidamente si apprendeva altresì che la National Endowment for Democracy [9], di cui Nuland è un’ex amministratrice, dall’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca ha speso milioni di dollari per «estendere la democrazia» in Kazakistan.
In passato, l’ex ministro dell’Energia, l’oligarca Mukhtar Ablyazov, insieme al genero del presidente Nzerbayev, Rakhat Aliyev, ha fondato un partito d’opposizione (non riconosciuto): Scelta Democratica del Kazakistan (QDT). Insieme hanno tentato di rovesciare Nzerbayev, aiutati da George Soros. Aliyev è morto nel 2015 in prigione in Austria, Ablyazov è andato invece in esilio, prima nel Regno Unito, poi in Francia. Arrestato diverse volte in Unione Europea per omicidio commesso in Russia, non è mai stato estradato. Ha ottenuto asilo politico in Francia e da un anno risiede a Parigi. Sin dal primo giorno di rivolta Ablyazov ha lanciato un appello per rovesciare il regime, ossia per liberarsi non soltanto del presidente in carica Tokayev, ma anche dell’ex presidente Nursultan Nazarbayev, ufficialmente ritiratosi dalla vita pubblica ma che continua a esercitare molta influenza.
Secondo alcune fonti non confermate, Ablayazov sarebbe in collegamento con il nipote del presidente Nazerbayev, Samat Abish, ex vicedirettore dei servizi segreti. Costui sarebbe stato arrestato il 7 gennaio per alto tradimento. È notoriamente un militante dell’islam politico, come il padre, che ha fatto edificare una gigantesca moschea ad Almaty.
L’ex presidente Nursultan Nazerbayev è rientrato nella capitale. Salute permettendo, potrebbe prendere in mano la situazione, aiutato soprattutto dalla figlia, Dariga Nazarbayeva.
Transnistria
Secondo il piano della RAND, dopo il Kazakistan sarà il turno della Transnistria.
Gli Stati Uniti hanno mobilitato l’Unione Europea per decretare un blocco economico della Transnistria, Stato non riconosciuto, la cui popolazione al momento della dissoluzione dell’Unione Sovietica si è separata per referendum dalla Moldavia. I funzionari della Missione d’assistenza dell’Unione Europea alle frontiere della Moldavia e dell’Ucraina (European Union Border Assistance Mission to Moldova and Ukraine – EUBAM), sotto la direzione di Stefano Sannino (ex rappresentante dell’OSCE in Serbia), coordinano le dogane di Moldavia e Ucraina (Paesi che non sono membri della UE) per procedere dal 1° gennaio 2022 al blocco del Paese. La Russia sarà costretta a sistemare l’ex base spaziale sovietica e istituire un ponte aereo per nutrire i 500 mila abitanti dell’enclave.
I cittadini dell’Unione Europea l’hanno dimenticato, ma nel 1992 gli Stati Uniti tentarono invano di schiacciare militarmente la Transnistria (oggi Repubblica Moldava del Dnestr) utilizzando un esercito reclutato nelle prigioni rumene [10]. Il coraggio di questa popolazione fedele al modello dei Soviet, in particolare delle donne, ha fatto fallire il progetto della CIA.
Segnaliamo en passant che, seppure la popolazione della Transnistria parli russo, tre villaggi continuano a parlare francese. Gli abitanti sono discendenti dei soldati della vecchia guardia napoleonica che durante la campagna di Russia lì si sposarono e vi si stabilirono.
- In conclusione, se la risposta di Washington alla proposta di Trattato di Mosca per garantire la pace è ufficialmente un arresto dell’espansione a oriente, ufficiosamente è la conferma che Washington è sempre in grado di nuocere.
Rachele Marmetti
FONTE: https://www.voltairenet.org/article215270.html
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