I chierichetti della verità confondono Vitti e Melato
DA: BLOG IL SIMPLICISSIMUS (di Anna Lombroso)
Che scandalo! Ieri Ansa e Corriere della Sera hanno contribuito al generale compianto per la morte di Monica Vitti corredando il coccodrillo di una foto di una delle sue più celebri interpretazioni.
Peccato che si trattasse del film di Lina Wertmuller, del quale era protagonista Mariangela Melato.
Apriti cielo, gli altri media hanno approfittato della ghiotta circostanza, e si capisce: sono le regole della fatale concorrenza sleale in un settore in grande sofferenza per mancanza di clientela. Ma è sui social che è scoppiata la rivolta dei replicanti di link e post, e si capisce ancora di più.
Ma come? per due anni ci siamo bevuti come fonte di conoscenza ogni baggianata espulsa dall’orifizio visibile sotto la mascherina di altoparlanti pandemici, per due anni avete creato da nulla idoli e totem da idolatrare in veste di sacerdoti della incontestabile certezza scientifica, inviolata da dubbi e obiezioni, avete contribuito a identificare un nemico in casa più temibile del Covid in modo che fossimo pronti a scendere in armi per isolarlo, criminalizzarlo e escluderlo dalla società, vi siete assunti l’incarico morale di decidere chi meritava voce e ascolto e chi invece andava censurato e ridicolizzato, avete pubblicato statistiche farlocche, manomesse, manipolate, opinioni presentate come dati accertati, dichiarazioni prestigiose immediatamente smentite dall’autore in tempo reale, siete stati in prima linea nell’operazione di denigrazione di pensatori e clinici illustri e di fama internazionale favorendo la loro demolizione grazie all’istituzione di un tribunale speciale. E adesso ci confondete la Melato con la Vitti e viceversa, contando sul fatto che una era tristemente espropriata dal ricordo di sé e delle sue interpretazioni e che comunque tutte e due sono morte.
E dire che ambedue al momento sono state risparmiate dal quella tendenza medianica che resuscita celebrati defunti per metter loro in bocca dichiarazioni e confessioni vaccinali, suffragio entusiastico a referendum e manomissioni costituzionali, ed è un miracolo perché è aleatorio e discrezionale il rispetto per i morti soggetti anche loro a disuguaglianze a seconda della loro utilità sociale o dell’opportunità che cali un rigoroso silenzio su dipartite scorrette e incompatibili con la narrazione corrette che ha determinato gerarchie e graduatorie morali del lutto.
Con la stampa in questi mesi si era riprodotto quel misterioso fenomeno grazie al quale una condizione di emergenza, la cui portata è stata largamente esagerata per dimostrarne la tragica e incontrastabile fatalità, costringeva alla rinuncia a buonsenso, buoni sentimenti, buone regole di civile convivenza, persuade alla revisione di convinzioni e opinioni.
Così, ringhiosi affetti dal morbo dell’antipolitica, il cui slogan era er più pulito c’ha la rogna, accusati a torto o a ragione di irrazionale populismo, nauseati dal continuo ripetersi di casi di corruzione e malaffare, indignati dall’avvicendarsi sugli scranni del potere di mezze figure inadeguate quanto tracotanti e dalla loro inguaribile indole al neghittoso cambio di valori, casacca e collocazione, d’improvviso si sono affidati fiduciosamente ai diretti responsabili del problema, ceto politico che all’interno o da fuori ha demolito lo stato sociale, impoverito la sanità pubblica, umiliato il personale delle strutture ospedaliere persuadendolo della bontà della fuga vero i privati, svenduto la ricerca all’industria, favorito la conversione della missione delle rappresentanze sindacali in piazzisti del Welfare aziendale, direttamente o indirettamente gestito dalle imprese attraverso fondi e assicurazioni allo scopo di sfruttare due volte i lavoratori come dipendenti e come potenziali pazienti.
Due esecutivi fotocopia non solo per la presenza di ministri entrati e usciti dalle porte girevoli, accomunati della stessa appartenenza ideologica, addomesticati a eseguire ordini padronali impartiti attraverso un potere sovranazionale che vuole definitivamente espropriare la nazione dalla sovranità e cancellare quel poco che resta della democrazia, costringendola a un inesorabile indebitamento, hanno cancellato i danni che avevano prodotto alla loro reputazione grazie all’esercizio dispotico di autoritarismo, menzogna come sistema di governo, repressione di ogni opposizione, censura delle voci discordanti, assoldamento di tecnici da esibire come inconfutabili consulenti in nome di una scienza finalmente liberata dal suo caposaldo irrinunciabile, il dubbio, e largamente condizionata da industria e mercato.
E accidenti come ci sono riusciti bene! se abbiamo visto focosi antagonisti d’un tempo felicitarsi per l’affidamento della campagna vaccinale a uno pratico di potenza bellica praticata sotto l’egida della Nato, esibire il delicato cerottino a prova della conversione alla legalità tramite decreto, aderire entusiasticamente alla adozione di uno strumento di discriminazione e apartheid che promette di svilupparsi indefinitamente a sostegno della sorveglianza totale delle nostre vite. Sospesa la critica, sospesa la contestazione fino a quel ritorno alla normalità un tempo condannata e che sarebbe stata garantita da autorità che si prodigano per la salute pubblica.
Lo stesso è successo per la classe medica, per i medici di base, dei quali da anni giustamente si critica la retrocessione a scialbi burocrati che trattano i pazienti come numeri irrilevanti e che limitano la loro attività di sponsor e testimonial alla formulazione di diagnosi che seguono i trend imposti dalle industria, che richiedono accertamenti cui sottoporsi a pagamento e la prescrizione conseguente di farmaci suggeriti dalle major del settore. Repentinamente personale che si è fatto mortificare, addetti che lasciavano i pazienti di stato di vergognoso abbandono, clinici d’oro in odor di obiezione sono stati promossi a martiri ed eroi, giustificati se in attesa del magico vaccino si limitavano a tachipirina e vigile attesa suggeriti su Wathsapp come anticipazione dei fasti della telemedicina.
La responsabilità di questo processo va attribuita alla stampa, a quotidiani e editorialisti che hanno dismesso qualsiasi dovere di informare per convertirsi in passacarte degli scarni e opachi documenti ufficiali, intrattenitori televisivi trasformati in agenti di virologi e infettivologi di regime da far sfilare in passerella, avendo acquisito l’autorità morale di scegliere e dare spazio egemone a quelli indicati dai decisori e proponendo come gustose macchiette i rari eretici selezionati per accreditare la mesta barzelletta del pluralismo.
Anche loro fino a due anni fa avevano perso qualsiasi credibilità, un passante con il quotidiano sotto al braccio era più raro dei cinghiali a Roma, da tempo nessuno diceva, per confermare una notizia: l’ho sentito dal Tg, tutti contestavano l’onorabilità di media accentrati da proprietà impure, eppure oggetto di aiuti pubblici condizionanti.
Invece nel giro di qualche giorno proprio due anni fa eccoli riacquisire il ruolo di fonti ufficiali e credibili, addirittura confermato dal proseguimento dei finanziamenti statali e delle risorse investite dal governo per comprarsi la propaganda vaccinale e per fornire uno spazio inviolabile ai sacerdoti e ai mercanti dei templi della scienza.
Si è visto di tutto, il quotidiano comunista che prima ospita e promuove un appello di intellettuali a sostegno di un governo, poi sostiene con la stessa foga quello successivo esponendo a linciaggio e demolizione i dissidenti che osano contestare la leadership dell’irrinunciabile commissario liquidatore. Si è visto nella stessa paginata ospitare un parere e il parere contrario, riportare statistiche farlocche smentite dalle stesse autorità senza nemmeno un’ombra di vergogna, esibire reportage sulla situazione di paesi stranieri condotti dal desk del lavoro agile.
Si è visto ridurre il giornalismo investigativo già in disuso da noi, alla pubblicazione delle indagini di mercato sulla setta novax, sui suoi occulti finanziatori, sui suoi commerci con il fascismo, ma pure sulle abitudini alimentari del Presidente, sui suoi fornitori di carne da brasato, sugli sport in voga presso le candidate del Colle, in modo da riempire i fogliacci e gli spot del regime interrotti dall’emozione dalla pubblicità di immondizia, in modo che la discarica sia troppo colma per informaci sui delitti che si compiono nella cronaca nera dietro la narrazione pandemica.
Eh però quel che è troppo è troppo, non si era visto confondere Vitti e Melato.
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