Contro il greenwashing globale
di La Fionda (Paolo Chiappe)
Una premessa è necessaria. La termodinamica nega la possibilità di una crescita materiale illimitata in un sistema chiuso e l’energia solare che arriva sulla Terra non compensa l’entropia, cioè il degrado prodotto dai nostri rifiuti. Comprendiamo sempre meglio i limiti planetari che stiamo superando e la crisi della biosfera. Bisogna evitare di raggiungere i punti di non ritorno, ma il tempo a disposizione non è molto.
Condivisa questa premessa, vediamo la situazione dei mercati energetici in rapporto alla crisi ecologica.
I mercati energetici dell’Unione Europea, e non solo dell’UE, sono stati privatizzati artificialmente da trenta anni fa in poi, ma i meccanismi dei mercati privati non sono idonei a ridurre le emissioni di gas climalteranti. La produzione capitalistica tende a una crescita indefinita, anche in termini di quantità fisiche, e si contrae solo involontariamente in seguito alle crisi, mentre il pianeta ha bisogno di una sobrietà energetica strutturale, permanente, volontaria e pianificata.
Un altro motivo per cui i mercati capitalistici privati sono in conflitto con le soluzioni ambientali è che sono anarchici e guidati dai prezzi. Se il risparmio dell’energia sarà basato sui prezzi e non sulle quantità, vedremo consumare corrente elettrica magari per produrre neve artificiale e non per scaldare le famiglie, e in una certa misura questo già succede.
Le stesse tecnocrazie e élites politiche che hanno imposto la privatizzazione energetica si rendono conto in parte di queste contraddizioni, che cercano di tamponare restando nell’ambito dei sacri mercati privati.
Da qui la spinta a una continua e confusa regolamentazione post-liberista, che nell’Unione Europea si è manifestata, già prima della guerra e della crisi energetica attuale (iniziata nel 2021-22), soprattutto con i piani detti del Green Deal Europeo. Nei piani “verdi” UE l’industria e la finanza privata continuano a essere considerati soggetti protagonisti unici. La bandiera neoliberista della “sana concorrenza regolata” e quindi dei prezzi come meccanismi regolatori di riferimento è ancora sventolata oggi sulle borse del gas e sulle borse elettriche.
Nella realtà i gruppi economici energetici sono beneficiari protetti e garantiti in mille modi diretti e indiretti delle risorse pubbliche. E più ancora che in termini di denaro il guadagno è in termini di accesso a nuove forme di colonizzazione della natura e dei beni comuni, come le coste marine e i crinali che passano in mano privata.
L’industria automobilistica che venne favorita un tempo costruendo le autostrade a spese pubbliche e bloccando lo sviluppo delle ferrovie, ora viene favorita costruendo le colonnine elettriche sempre a spese pubbliche (quelli del PNRR sono soldi pubblici).
Al di là del fenomeno stesso di un capitalismo assistito, in sé non nuovo, si ha un progetto di rilancio generale dei profitti privati sulla spinta della giustificazione ambientale, fenomeno che possiamo definire come un greenwashing globale.
Il greenwashing globale non va confuso con il banale greenwashing commerciale e pubblicitario, quello delle finte autodichiarazioni di sostenibilità, un fenomeno ormai sfuggito al controllo e che, secondo la stessa UE, riguarda più della metà delle aziende e prodotti che si presentano come green.
Si delinea ormai una sorta di ragione di Stato o di regime di eccezione in materia energetica. La guerra stessa è un’occasione per imporre questo regime, anche se si tratta di un paradosso, perché nessuna transizione ecologica è possibile in clima di guerra.
La tendenza principale che si sta palesando dovunque in questo clima emergenziale e di guerra non è quella della sostituzione delle fonti rinnovabili alle fonti non rinnovabili -questa sostituzione viene mantenuta a livello narrativo e rimandata a un futuro post-emergenza- ma è quella dell’addizione di tutte le fonti disponibili.
Tra le fonti energetiche non dimentichiamolo vanno calcolate anche quelle incorporate nelle merci che si importano.
Stiamo usando allegramente legna + carbone + petrolio convenzionale + shale oil + gas + gas di scisto + nucleare + rinnovabili.
Ciò va avanti in un contesto di estrema complessità artificiale dei mercati in cui sguazzano le tecnocrazie legate a Bruxelles e gli investitori specializzati, non solo dell’industria, ma anche della finanza speculativa. Il funzionamento delle borse elettriche e del gas create dalla privatizzazione-liberalizzazione forzata dei mercati è al centro di questi meccanismi. Nei mercati energetici la complessità è al servizio dell’oligarchia.
Una parte del mondo ambientalista, che forse sperava di affidarsi a una sano pragmatismo, è stata attratta nella sfera di questa ragione di Stato energetica asservita al capitalismo privato.
La direzione da battere è invece quella di un sistema misto pubblico-privato-sociale con generazione pubblica dominante e prezzi amministrati dell’energia che soddisfi i diritti fondamentali, provveda alla sicurezza delle forniture e alla protezione dell’ambiente e anche realizzi la trasparenza. Inoltre la quantità e qualità degli impianti di energie rinnovabili di grande taglia da installare deve essere ottimizzata con il rispetto della biodiversità e del paesaggio e sottratta alla spinta per la privatizzazione dei beni comuni.
Su questa strada è possibile individuare obiettivi intermedi e di resistenza alla speculazione. Per esempio impedire lo smantellamento definitivo del settore di maggior tutela. Sembra un obiettivo umile, ma può mettere i bastoni tra le ruote al sistema di concorrenza di facciata, in realtà di mediazione parassitaria, costituito dai rivenditori al dettaglio di gas e corrente creato artificialmente per volontà UE.
Nel ritorno al criterio del servizio pubblico dominante certo non è pensabile un ripristino dell’ENEL vecchio tipo, che era strettamente collegato al sistema dei combustibili fossili, con le grandi centrali e le dorsali degli elettrodotti e la distribuzione poi a cascata.
E’ necessario invece integrare e valorizzare anche la generazione distribuita che coincide con i piccoli e medi impianti di energia rinnovabile .
Solo un’energia pianificata e generata dalla mano pubblica potrà attuare un piano di sobrietà come quello che è necessario per motivi ambientali e soprattutto una sobrietà energetica che non si basi sul meccanismo irrazionale e iniquo dei prezzi di mercato, ma su prezzi amministrati che riconoscano un piccolo guadagno rispetto ai costi di produzione, e si attui agendo sulle quantità e sulle destinazioni di uso.
Bibliografia
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Fonte: https://www.lafionda.org/2023/03/13/contro-il-greenwashing-globale/
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