La Siria possibile specchio dell’Ucraina: USA e Russia inviano rinforzi a Nord-Est
di SICUREZZA INTERNAZIONALE (Piera Laurenza)
Le forze sia russe sia statunitensi hanno inviato rinforzi nel Nord-Est della Siria, una regione che si pensa possa essere teatro della competizione tra Russia e Stati Uniti.
A riportare la notizia è il quotidiano panarabo al-Araby al-Jadeed, il quale evidenzia che l’area Nord-orientale della Siria continua a essere controllata in buona parte dalle Syrian Democratic Forces (SDF), un’alleanza multi-etnica e multi-religiosa composta da curdi, arabi, turkmeni, armeni e ceceni, la quale, sin dal 2015, ha svolto un ruolo fondamentale nella lotta contro lo Stato Islamico, grazie anche al sostegno degli Stati Uniti. Ad oggi, circa il 25,64% dei territori siriani è controllato dalle Syrian Democratic Forces, la cui influenza si estende soprattutto su Deir Ezzor, Raqqa, al-Hasakah e su alcune zone di Aleppo, tra cui Tell Rifaat.
Nelle ultime settimane, riferisce il quotidiano, le regioni orientali siriane sono state teatro di una crescente mobilitazione di Mosca e Washington. Da un lato, gli USA sostengono di voler rafforzare la propria presenza per continuare a prestare sostegno alle SDF nella lotta contro l’ISIS, organizzazione tuttora attiva soprattutto nella regione desertica di Badia. Dall’altro lato, la Russia, alleata del presidente siriano, Bashar al-Assad, starebbe “corteggiando” i gruppi curdi con l’obiettivo di consolidare la propria influenza e favorire l’allontanamento degli Stati Uniti dai giacimenti petroliferi e dalle ricchezze agricole ospitate proprio dall’Est siriano.
Alla luce di tali considerazioni, il 24 febbraio, le forze russe hanno spostato aerei d’attacco, equipaggiamento militare e logistico e circa 65 combattenti del gruppo “Wagner” dalla base aerea di Hmeimim, situata nella provincia di Latakia, nel Nord-Ovest della Siria, a Qamishli, città siriana Nord-orientale, posta al confine con la Turchia. Secondo una fonte del quotidiano, tra i rinforzi vi sarebbero anche aerei da guerra Sukhoi Su-24. In realtà, già nel mese di gennaio scorso, 200 soldati russi con ingenti carichi di equipaggiamento e munizioni erano arrivati a Qamishli, nel quadro del maggiore trasferimento effettuato da Mosca verso tale località negli ultimi tempi.
L’ultimo trasferimento di Mosca, precisa al-Araby al-Jadeed, sarebbe stato effettuato circa 48 ore dopo l’arrivo all’aeroporto di Qamishli di rinforzi militari appartenenti alle cosiddette Guardie Rivoluzionarie iraniane. Uno degli osservatori dell’opposizione siriana, responsabile del monitoraggio del traffico aereo, ha affermato, in un’intervista ad Al-Araby al-Jadeed, che per cinque giorni sono decollati dalla base di Hmeimim, quotidianamente, oltre 13 aerei da guerra, utilizzati per effettuare raid contro le cellule dell’ISIS a Raqqa , Homs, Hama, Aleppo e Deir Ezzor.
Parallelamente, il 25 febbraio, il corrispondente di Al-Araby al-Jadeed nella Siria orientale ha affermato che le forze della coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti hanno inviato decine di camion carichi di attrezzature militari e logistiche, provenienti da Erbil, località del Nord dell’Iraq, verso le basi americane di Qamishli e al-Hasakah. Tra i mezzi inviati, vi sono 23 mezzi corazzati e trasportatori di equipaggiamento, 18 camion carichi di armi, munizioni e materiale logistico, e 5 cisterne.
Secondo al-Araby al-Jadeed, obiettivo di Washington sarebbe frenare indirettamente l’espansione militare russa, dopo che Mosca, dalla fine del 2021 si è dispiegata in un numero sempre maggiore di postazioni al triangolo tra Siria, Iraq e Turchia, presumibilmente per aiutare il governo di Damasco a sottrarre aree strategiche alle SDF. Di conseguenza, anche gli USA hanno creato nuove basi e piste di atterraggio nella Siria Nord-orientale. Pertanto, secondo analisti militari, non è da escludersi l’ipotesi secondo cui tale regione diventi terreno di scontro tra Mosca e Washington. Altri, invece, ritengono che gli USA abbiano interesse a consentire alla Russia di svolgere un ruolo nella Siria orientale così da contenere le mire espansionistiche della Turchia, a sua volta contraria alla presenza delle SDF.
Era stato un portavoce del Pentagono, John Kirby, a chiarire, l’8 febbraio 2021, che le truppe statunitensi stanziate in Siria, le quali includono circa 900 tra soldati e funzionari, distribuiti in circa 10 basi, hanno il solo obiettivo di proteggere i civili, ed è questo che giustifica la permanenza delle forze USA nelle regioni circostanti ai giacimenti petroliferi siriani. “La nostra missione è sconfiggere l’ISIS”, aveva affermato il portavoce. Come evidenziato da più parti, una dichiarazione simile aveva messo in luce un ulteriore cambiamento nella politica estera del presidente statunitense Joe Biden, rispetto a quella adottata dal suo predecessore, Donald Trump.
Proprio durante la precedente amministrazione, il 30 luglio 2020, una compagnia petrolifera statunitense, Delta Crescent Energy LLC, aveva siglato un accordo con le Syrian Democratic Forces per operazioni di modernizzazione nei giacimenti petroliferi già esistenti situati nel Nord-Est della Siria. Tuttavia, proprio il petrolio siriano ha spesso rappresentato un “argomento radioattivo”, viste le accuse rivolte da Damasco verso Washington di furto delle risorse petrolifere siriane.
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