L’Idiota senza Dostoevskij
da: BLOG IL SIMPLICISSIMUS (di Anna Lombroso)
A volte non so resistere alla tentazione dell’iperbole e dell’esagerazione.
Difatti giorni fa avevo scritto che dopo la messa al bando di direttori d’orchestra e cantanti russi che non sono disposti all’abiura, della cancellazione dai menù dell’insalata russa e del conferimento in discarica delle matrioske c’era da aspettarsi l’indice per infliggere il doveroso ostracismo a Tolstoj, Bulgakov e forse perfino Pasternak colpevole di ravvedimento tardivo, di sicuro a Majakovskij, che oggi incarnerebbe quello spirito indomabile che anima i fermenti dei margini.
Ma siccome la realtà malata supera la fantasia ecco che l’Università degli Studi di Milano Bicocca decide di cancellare un breve corso di sudi su Dostoevskij con una mail indirizzata al docente Paolo Nori: “Caro professore, il prorettore alla didattica ha comunicato la decisione presa con la rettrice di rimandare il percorso su Dostoevskij. Lo scopo è evitare qualsiasi forma di polemica, soprattutto interna, in questo momento di forte tensione».
Ora pare che la decisione improvvida del vertice accademico sia stata ritirata, ma non quella della Scala persuasa dal sindaco progressista delle virtù della censura, del Petruzzelli che cancella la tournée dell’orchestra moscovita, del festival di Fotografia di Reggio Emilia che revoca l’invito rivolto a Alexander Gronsky, del Bologna Children’s Book Fair, l’evento che si occupa di letteratura per ragazzi in programma a Bologna, dal 21 al 24 marzo, che ha annunciato di voler interrompere ogni relazione con le istituzioni russe.
I paragoni storici ormai sono interdetti anche grazie alla poderosa azione delle autorità che hanno accompagnato la campagna di discriminazione dei dissenzienti con la proibizione di fare raffronti molesti: quindi non ha diritto di cittadinanza il richiamo alla memoria di roghi di libri, di espulsione da accademie e esposizioni di artisti “degenerati”, che offenderebbe la morale politicamente corretta dei pacifisti che hanno ospitato delle piazze riconquistate grazia alla bonomia della ministra e all’eclissi del terrore epidemico le bandiere arcobaleno e quella dei neonazisti ucraini, aggiornamento iconografico del vessillo dei collaborazionisti delle SS.
Meno che mai siamo autorizzati a effettuare inappropriati parallelismi tra i docenti e i rettori in veste di solerti esecutori delle misure di discriminazione imposte dal lasciapassare “sanitario” e gli zelanti firmatari di altri precedenti “manifesti”, tutti ispirati dall’intento di proteggere la salute pubblica minacciata da nemici interni e dalle loro convinzioni velenose.
E che ha portato all’ostracismo di professori rei di non accodarsi alla manipolazione della memoria intesa a consolidare una pacificazione artificiale, caposaldo del progressismo neoliberista, alla ridicolizzazione di studiosi e filosofi di fama mondiale che hanno osato denunciare l’accelerazione del processo di conversione di una democrazia in sofferenza in regime grazie alla promulgazione di uno stato di eccezione, alla indegna pressione esercitata sugli studenti alcuni dei quali si sono prodigati per espletare le funzioni di kapò, controllando i compagni in cambio di una vergognosa mancetta.
Per anni le stesse cricche ci hanno raccontato che la fine delle ideologie che avevano insanguinato il secolo breve, ci avrebbe risparmiato da altre guerre e conflitti, che invece si consumavano grazie al dominio dei controvalori dell’ideologia che aveva preso il sopravvento, quella della correttezza politica nata come tutti le malattie globali nel laboratorio sperimentale dello stile di vita e del sogno americano, capace perfino dello stravolgimento semantico di definire esportazioni di democrazia e campagne umanitarie le più cruente imprese coloniali, l’occupazione di territori, l’esproprio di risorse, l’ascesa e la tirannia di despoti sanguinari.
Eppure non sono passati secoli dalle occupazioni delle facoltà da parte di ragazzi che gridavano fuori dalla Nato, dalle manifestazioni di compagni che avevano visto nella resistenza del Vietnam la possibilità concreta per i Davide della terra di opporti a Golia, di difendersi, di riscattare la propria dignità e riprendersi la propria autodeterminazione, da quando l’11 settembre era una data crudele da non dimenticare per il sacrificio di un presidente che in questi giorni tossici è stato paragonato al fantoccio neonazista insediatosi con il favore degli stessi burattinai del golpe cileno.
Sarebbe un buon esercizio per storici non posseduti dai demoni mainstream, stabilire la data nella quale non è valsa la pena scendere in piazza contro la partecipazione italiana alla guerra dell’ex Jugoslavia, contro le “missioni” militari per la cancellazione di identità nazionali e di sovranità in tutto il mondo, contro l’occupazione “pacifica” di porzioni di paesi indotti a prestarsi come basi, poligoni e rampe di lancio, siti sperimentali per armi micidiali.
Di sicuro ha fatto la sua parte l’abiura degli intellettuali di “sinistra”, ormai ripiegati nella comoda tana del ritiro ragionevole in assenza di una alternativa, o ormai arresi all’egemonia culturale e morale delle battaglie per la conquista di diritti magnanimamente concessi arbitrariamente in sostituzione di quelli fondamentali, alienati e soffocati. Anche quelle un prodotto che arriva sempre dalle stesse geografie, grazie alla cancel culture che dovrebbe emanciparci laicamente da pregiudizi e convinzioni aberranti. Con i doverosi distinguo però, quelli che obbediscono a precisi criteri dal no alla violenza a seconda da dove viene la mano che l’arma in modo da legittimare se agisce dall’alto, alla discriminazione tra discriminati che favorisce il riscatto reale, letterario, cinematografico dei neri ma fa arrivare i nostri a salvare il fortino dai pellerossa.
Fonte: https://ilsimplicissimus2.com/2022/03/02/lidiota-senza-dostoevskij-160232/
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