Cambiamento climatico: cattive notizie su impatti, adattamento e vulnerabilità nel nuovo rapporto dell’IPCC
di SCIENZA IN RETE (Margherita Ghiara)
Working Group II e Sesto Assessment Report
L’IPCC ha presentato ieri in conferenza stampa il lavoro della 12° sessione del contributo del Working Group II al Sesto Assessment Report (AR6). Si tratta del secondo passo nella stesura dell’Assessment Report, nonché la continuazione del lavoro svolto dal Working Group I (WGI), che ha evidenziato come il cambiamento climatico sia diffuso, rapido e in aumento. Il lavoro del WGII, che ha riunito 67 Paesi diversi e un totale di 270 scienziati volontari, tra cui l’italiano Piero Lionello, rappresenta una chiara integrazione tra scienze naturali, sociali ed economiche ed evidenzia l’importanza e l’urgenza di un’azione immediata, necessaria per affrontare i rischi posti dall’aumento di temperatura.
Sono proprio i rischi, insieme a impatti, vulnerabilità e adattamento al cambiamento climatico, i temi principali analizzati dal Working Group II (WGII), che si occupa di raccontare la storia ricca e diversificata di come i luoghi in cui viviamo siano influenzati dai cambiamenti climatici, come ha ricordato il Copresidente del WGII, Debra Roberts.
Rischi e Impatti
Il rapporto del WGII definisce come rischio il potenziale di conseguenze negative per sistemi umani o ecologici, evidenziando come i rischi forniscano un quadro per comprendere gli impatti sempre più gravi, interconnessi e spesso irreversibili dei cambiamenti climatici. Alcuni impatti, come la perdita di biodiversità, risultano essere infatti in parte già irreversibili, mentre altri, come quelli derivanti dal ritiro dei ghiacciai, rappresentano chiari esempi di impatti prossimi all’irreversibilità.
Sono diversi gli impatti, sia globali che locali, analizzati dal WGII, ciascuno associato a un diverso grado di probabilità, da alto a basso. Scarsità d’acqua, impatti su allevamento pesca e malnutrizione sono alcuni esempi di impatti ad alta probabilità identificati per la regione mediterranea, a cui è stato dedicato per la prima volta un capitolo.
L’analisi di tali impatti ha permesso poi di comprendere, quindi evidenziare, un totale di 127 rischi derivanti da questi. In particolare, il rapporto presenta una suddivisione tra rischi a breve termine e rischi a medio/lungo termine, anche in questo caso associati a diversi gradi di probabilità, da basso a molto alto.
A livello globale, i rischi a breve termine interessano la perdita di biodiversità, la compromissione di ecosistemi e sistemi umani costieri e, anche se con una probabilità inferiore rispetto ai primi, la limitazione di particolari servizi, quali energia e acqua, nelle città, di particolare interesse in quanto ospitano più della metà della popolazione mondiale.
Per quanto riguarda il nostro continente, sono invece stati identificati quattro rischi principali a medio-lungo termine. Si tratta di rischi causati da ondate di calore su popolazioni ed ecosistemi terrestri e marini, rischi per la produzione agricola, scarsità di risorse idriche e maggiore frequenza e intensità di inondazioni costiere, fluviali e pluviali. Questi rischi prospettano, con una probabilità molto alta, un impatto moderato in presenza di un aumento di temperatura di 1,5°C e comporterebbero tutti un impatto marcatamente più alto in caso di un aumento di temperatura superiore ai 2°C.
Vulnerabilità, Adattamento e Maladattamento
Alla base dei rischi del cambiamento climatico si trova la vulnerabilità, nonché la predisposizione a subire gli impatti climatici. I rischi climatici possono infatti derivare dalle interazioni tra i rischi legati al clima, stabiliti dal WGI e l’esposizione e la vulnerabilità dei sistemi umani ed ecologici colpiti.
Il rapporto ha evidenziato molteplici fattori che rendono la regione mediterranea particolarmente vulnerabile al cambiamento climatico. Esempi di fattori di vulnerabilità sono la perdita di ecosistemi posti in pericolo o la grave e crescente carenza idrica, parallela a una crescente richiesta d’acqua da parte del settore agrario. Allo stesso tempo, anche l’elevata dipendenza economica dal turismo rappresenta un fattore determinante, a rischio non solo per l’aumento della temperatura, ma anche per politiche volte a ridurre l’emissione di gas serra e per politiche internazionali.
Ruolo chiave nel limitare l’esposizione e la vulnerabilità ai cambiamenti climatici è giocato dall’adattamento, concetto fortemente legato a quello di resilienza, definita come la capacità degli ecosistemi sociali ed economici di rispondere e far fronte a un disturbo, mantenendo funzione, identità e struttura del sistema. L’adattamento, quindi, non solo si riferisce a questa capacità di mantenere funzione, identità e strutture essenziali, ma comprende anche la capacità di trasformazione, particolarmente necessaria per far fronte ai rischi evidenziati.
Il rapporto, come descritto da Inger Andersen, sottolinea infatti l’urgenza di una trasformazione e di un ritorno alla natura. Sono diverse le strategie di adattamento individuate e i benefici che queste strategie si portano dietro, come il raggiungimento di diversi obiettivi di sviluppo sostenibile. A ogni modo è bene però ricordare anche la presenza di numerosi ostacoli che limitano le nostre capacità di adattamento, come le risorse limitate o la mancanza di leadership politica e di coinvolgimento del settore privato.
Altro ostacolo nel processo di adattamento è inoltre rappresentato dal cosiddetto maladattamento (maladaptation), ovvero l’attuazione di particolari soluzioni che portano benefici in un settore, producendo allo stesso tempo effetti negativi su altri ambiti. Un esempio di maladattamento relativo al rischio di siccità, di particolare rilevanza per la regione mediterranea, è dato dalla desalinizzazione, che permette infatti di aumentare le disponibilità della risorsa idrica per particolari settori, come quello agrario, consumando però allo stesso tempo grandi quantità di energia.
Verso un futuro di equità e giustizia climatica
Il risultato del WGII mette in evidenza l’importanza della collaborazione e dell’unione nell’affrontare problematiche di questa portata, ma anche la necessità di affrontare questioni relative a equità e giustizia climatica e sociale. L’inclusione di esempi concreti rende infatti più stridente la mancanza di azione e di impegno da parte dei Paesi maggiormente responsabili delle emissioni globali. Come descritto in termini drammatici dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, il rapporto rappresenta infatti un atlante della sofferenza umana e un atto d’accusa schiacciante contro la fallita leadership climatica.
E tra i Paesi con una leadership climatica debole si trova anche l’Italia. Sono infatti passati ormai quattro anni dall’elaborazione del Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC), ma il piano si trova da allora in attesa di approvazione della Valutazione Ambientale Strategica. Nonostante la nostra penisola sia un hot spot del cambiamento climatico, esposta quindi a un rischio climatico elevato caratterizzato da possibili inondazioni e ondate di calore più frequenti, la messa in opera di un piano di adattamento non sembra ancora imminente.
Non ci resta quindi che sperare che la pubblicazione della seconda parte dell’Assessment Report fornisca una volta per tutte la motivazione necessaria per un’azione solida, concreta e collettiva, sia a livello italiano che globale. La forte attenzione a temi economici e sociali del rapporto e l’ampio focus su scala regionale mirano proprio, infatti, a rendere tale contributo più accessibile e pertinente alla società in generale e a dare la spinta necessaria per lo sviluppo e l’attuazione di soluzioni.
Il lavoro del WGII sarà seguito ad aprile da un ulteriore contributo da parte del Working Group III, relativo alle azioni di mitigazione del cambiamento climatico. Complessivamente i contributi di ogni singolo Working Group formeranno il sesto Assessment Report, che fornirà quindi una panoramica indispensabile in vista della COP27 prevista per novembre e della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite (UNFCCC) del 2023.
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