A tutto gas, senza gas
di TELEBORSA (Guido Salerno Aletta)
Sostituire le forniture russe richiede tempo, investimenti e non azzera i rischi
Nel giro di pochi mesi, il panorama economico e politico mondiale è stato stravolto: ancora al G20 di Roma, in autunno, la priorità assoluta dei governi era quella di perseguire a tappe forzate la decarbonizzazione dell’economia, abbandonando il carbone ed il petrolio a favore delle fonti energetiche rinnovabili che non immettono CO2 nell’atmosfera, condizione indispensabile per contrastare l’aumento della temperatura terrestre, contenendolo entro 1,5°.
In questo contesto, con la parità tra emissioni ed assorbimenti di CO2 prevista intorno al 2050, il gas e l’energia nucleare sarebbero rimasti strumenti indispensabili per assicurare il fabbisogno durante questo trentennio di transizione.
La guerra in Ucraina e le sanzioni alla Russia hanno stravolto il quadro di riferimento già a breve termine, considerando che è stato decretato l’embargo delle importazioni di carbone e che si discute se imporre anche quello sul gas.
Mentre in Italia si stanno accelerando le procedure per le istallazioni di impianti fotovoltaici ed eolici, ci si muove alla ricerca di approvvigionamenti alternativi al gas che proviene dalla Russia: si cerca di aumentare i flussi provenienti dalla Algeria, di usare il pur costoso GNL proveniente via nave dagli Usa e dal Qatar, di verificare la possibilità di acquisirne dalla Nigeria.
Il dibattito politico, negli Usa ed in Europa, si muove tra due esigenze contrapposte: mentre per un verso si vuole aumentare il più rapidamente possibile la pressione sulla Russia, per danneggiarne l’economia e farle pagare il prezzo più elevato possibile per punirla della invasione della Ucraina, dall’altro occorre ridurre al minimo i danni che derivano alle economie europee da un possibile embargo a breve sulle forniture di gas, prima che si trovino fonti alternative.
Il fatto è che le fonti di gas alternative che si stanno cercando di acquisire diversificando le aree geopolitiche di provenienza per escludere la Russia, pongono nuovi rischi:
A) ALGERIA
Pur essendo legata all’Italia da legami assai forti anche per quanto riguarda le forniture energetiche, è rimasta estranea al quadro occidentale, visto che nonostante le gravi difficoltà economiche ha rifiutato un prestito del FMI per non dover soggiacere alle condizioni che sarebbero state poste in termini di liberalizzazione dell’economia.
Non va trascurato poi il fatto che la Sonatrach, l’Azienda petrolifera di Stato della Algeria, è partecipata al 40% dalla russa Gazprom.
I legami con la Russia e con la Cina si estendono alle forniture di armi e mettono in conto un forte attrito con il Marocco per via della influenza che quest’ultimo vuole esercitare sull’enorme area del Sahara Occidentale, contesa con l’Algeria dopo la decolonizzazione nei confronti della Spagna.
Gli Usa hanno appoggiato il Marocco in queste rivendicazioni, per via dei legami strettissimi che hanno da sempre con Rabat, la stessa Spagna cura in modo particolare il buon vicinato con il Marocco per evitare che dalle sue frontiere arrivino frotte di immigrati nella enclave di Ceuta. Questo comportamento del Marocco e della Spagna irrita la Algeria, che ha dismesso un gasdotto che alimentava il Marocco e poi transitava in Spagna. Rimane un altro gasdotto che collega direttamente l’Algeria alla Spagna, ma non è sufficiente per soddisfare il fabbisogno di quest’ultima che dipende esclusivamente dalla Algeria per le forniture di gas.
L’Italia non ha dato seguito alla realizzazione del gasdotto GALSI (Gasdotto Algeria, Sardegna, Italia) che avrebbe migliorato considerevolmente sia l’approvvigionamento energetico della Sardegna sia quello delle acciaierie di Piombino, terminale del gasdotto nella penisola italiana.
Le condizioni finanziarie della Algeria non le consentono gli investimenti necessari per la ricerca di nuovi pozzi, e comunque gran parte della maggiore produzione verrà riservata allo sviluppo della economia interna.
L’Algeria è interessata alla realizzazione di un gasdotto trans-sahariano, che la colleghi alla Nigeria (NigAl): l’area che viene attraversata è molto turbolenta, soggetta a razzie continue. Il Niger, Paese che verrebbe attraversato da questa infrastruttura, si è finora opposto chiedendo lauti compensi per l’attraversamento. In ogni caso, la endemica presenza di incontrollabili formazioni islamiche in tutta l’area, rende assai rischioso fare completo affidamento. Già oggi si ha notizia di prelievi non autorizzati dalle reti nigeriane, che alimentano il contrabbando, di entità eccezionalmente elevata: fatta pari a 100 la quantità di petrolio immesso, ne arriva a destinazione assai meno della metà, a volte appena il 20%.
B) QATAR
Si tratta di uno dei Paesi che ha le più grandi riserve di gas al mondo, per via di un immenso giacimento sottomarino sostanzialmente condiviso con l’Iran.
La proiezione del Qatar verso l’Europa, attraverso la realizzazione di un gasdotto che sarebbe passato attraverso la Siria per arrivare in Turchia e da qui alla Bulgaria, è stata fermata dalla guerra civile in Siria, così come si è bloccato per lo stesso motivo anche il gasdotto alimentato dal gas iraniano. E’ evidente che vi sono interessi fortissimi che hanno contrastato entrambi i progetti: la Russia, innanzitutto, che infatti ha realizzato il Turkish Stream che attraversa la Turchia per passare in Bulgaria; e sicuramente altri Paesi dell’Oriente mediterraneo, dall’Egitto ad Israele, che preferirebbero vendere il gas dei giacimenti rinvenuti di recente di fronte alle loro coste. A questo si aggiunge la ostilità statunitense nei confronti dell’Iran, soggetto a pesanti sanzioni per via della attività di arricchimento dell’uranio con ricadute militari,
Anche le relazioni tra il Qatar ed i confinanti, a cominciare dalla Arabia Saudita, sono spesso improntate alla ruvidità: nel 2017, ha subito un vero e proprio assedio terrestre alle sue frontiere. Le ragioni di questi conflitti sono ascrivibili alle iniziative politiche del Qatar, che sostiene finanziariamente in numerosi Paesi dell’area, dall’Egitto alla Libia, per non parlare della Turchia, la Fratellanza musulmana, un movimento politico che si contrappone alla storica e preponderante influenza sunnita della Arabia Saudita.
Il Qatar non è riuscito negli anni scorsi ad accedere al mercato europeo ed a quello italiano, essendo stati bloccati gli investimenti necessari per la realizzazione dei grandi rigassificatori in aree marine: ci sono problemi infrastrutturali e logistici estremamente complessi da affrontare, a prescindere del maggior costo implicato dal trasporto via nave e dai processi di liquefazione e rigassificazione.
Il Qatar ha dunque già indirizzato la propria strategia commerciale verso l’Oceano indiano, per approvvigionare il Pakistan e da lì l’Afghanistan. Non sono previsti, al momento, quantitativi disponibili anche tenuto conto delle clausole commerciali stabilite dal Qatar sui contratti a lungo termine: il gas così venduto e trasportato non può essere rivenduto durante il viaggio delle navi gasiere se non dopo l’approdo di queste al porto di destinazione concordato. In questo modo, il Qatar evita che il prezzo molto conveniente che pratica agli acquirenti che stipulano contratti a lungo termine sia utilizzato per guadagnare rivendendolo come forniture spot, che sono invece sempre molto più care. Il costo di far tornare indietro una nave che ha già percorso migliaia di miglia supera qualsiasi vantaggio di prezzo.
C) LIBIA
La situazione politico istituzionale è ancora in stallo: la Turchia appoggia il governo di Tripoli, la Russia la componente di Tobruk, mentre il Qatar sostiene la Città-Stato di Misurata.
Le componenti di Tobruk e di Misurata stanno esercitando enormi pressioni sul governo di Tripoli, affinché non abusi a loro danno del controllo diretto che Tripoli ha sulla NOC (National Oil Company), sulla CBL (Banca Centrale Libica) e sulla LIA (Lybian Investment Authority). In questi giorni, i disordini sono stati tali da procurare il blocco di pozzi e di terminali petroliferi.
E’ del tutto improbabile che la Russia e la Turchia accelerino la rimessa in funzione e lo sviluppo delle infrastrutture energetiche libiche, visto che si tratterebbe di forniture concorrenti. D’altra parte, anche in sede di OPEC+ c’è una grande attenzione ai prezzi ed all’aumento delle quote di produzione.
D) NIGERIA
Vale quanto si è detto per l’Algeria: il gasdotto NIGAL deve attraversare aree assai complesse dal punto di vista della sicurezza. Anche a voler superare queste questioni e la contrarietà fin qui espressa dal Niger, la realizzazione del NIGA richiederà diversi anni.
Non esistono soluzioni semplici ed immediate a problemi complessi come l’approvvigionamento energetico. Nonostante l’Italia abbia diversificato in modo considerevole, visto che ha collegamenti con la Algeria, la Libia, l’Azerbaijan e la Russia, da anni si trova in difficoltà con le forniture libiche. Rimpiazzare anche quelle della Russia sarà un processo lungo, complesso e costoso.
Fonte: https://www.teleborsa.it/Editoriali/2022/04/22/a-tutto-gas-senza-gas-1.html#.YmacOGTONPw
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