- In Europa, l’Italia sembra essere il Paese più avanzato nell’avanzata del tecnototalitarismo di stampo cinese. Ad esempio, si segnala che una prima fase di credito sociale è stata attuata dal Comune di Bologna. È anche qui che le politiche sanitarie pro “vaccino” sono state le più repressive. Il peggio è stato raggiunto dallo Stato Vaticano a Roma. Come spieghi questo fenomeno nel tuo paese?
La situazione italiana è paradossale.
Da un lato è il paese che più si è lasciato permeare dalle politiche autoritarie di sorveglianza digitale nei due anni della cosiddetta “emergenza sanitaria”. Ancora oggi il personale sanitario (medici, infermieri e impiegati delle EPHAD) deve essere vaccinato per poter lavorare, pena la sospensione dal lavoro senza stipendio. Inoltre, almeno fino alla fine dell’anno scolastico e i bambini dai sei anni in su saranno obbligati a portare la mascherina per tutta la loro permanenza a scuola. Sul fronte del credito sociale l’Italia si sta prestando ad esperimenti dove tramite la sorveglianza digitale al cittadino è attribuito un punteggio che vale come graduatoria per l’accesso a premi e facilitazioni. A Bologna e a Venezia sono già stati presentati dalle municipalità dei progetti in tal senso. A Fidenza, una città non lontana da Bologna, è stato introdotto un regolamento per gli inquilini titolari di alloggi pubblici che prevede una sorta di patente a punti, dove i cattivi comportamenti sono sanzionati con una detrazione di punti. In caso di azzeramento del punteggio scatta la sanzione dello sfratto per giusta causa. In questo caso non è così chiaro il nesso con la sorveglianza digitale ma permangono aspetti per così dire “tradizionali” del credito sociale, come la contabilizzazione del buon comportamento dei cittadini e la riduzione di ciò che fino a ieri era diritto del cittadino (e quindi dovere di tutela per lo stato) in una concessione che lo stato può decidere di dare o togliere.
Se è vero che la maggioranza degli italiani ha accettato senza protestare le politiche dell’emergenza è altrettanto vero che la cultura del popolo italiano è forse una delle più resistenti al nuovo ordine mondiale. Siamo un popolo che ha conservato forti i legami personali, dove è ancora normale riunire le famiglie attorno ad un tavolo le domeniche a pranzo, dove il senso comunitario è più duro a morire. Più degli altri popoli esitiamo ad abbandonare il contante come mezzo di pagamento o ad abituarci ad acquistare i pasti nelle grandi piattaforme digitali. Purtroppo questo aspetto della nostra cultura non è quasi mai vissuto con orgoglio ma piuttosto con un senso di colpa per essere “indietro” rispetto al progresso che avanza. E’ da questo senso di colpa che si sviluppa una forte accettazione per la trasformazione digitale in corso.
- Per resistere alla politica sanitaria, molti genitori italiani hanno creato scuole alternative. Non c’è il rischio di secessione della popolazione italiana di fronte all’attuale politica perseguita dal governo?
Il rischio di secessione di una parte della società italiana esiste anche se ora più che mai è difficile fare previsioni.
Le società industriali si sono sempre distinte per il bisogno di uniformare le culture e le appartenenze: la scuola, gestita dallo stato e obbligatoria per tutti, è da due secoli il principale motore di questa integrazione. Ora, per la prima volta, in Italia assistiamo ad un fenomeno piuttosto esteso di migliaia di famiglie che scelgono di organizzarsi autonomamente nell’istruzione dei propri figli, formando scuole informali gestite da un’assemblea di genitori (cosiddette scuole parentali o “homeschooling”). Una piccola frazione di obiettori radicali della società industriale è sempre esistita ma erano realtà composte solamente da individui considerati socialmente come emarginati. Oggi invece sono famiglie considerate “normali”, che conducono una vita per così dire borghese, a compiere una scelta di forte rottura con la società. Non è chiaro a quali conseguenze porterà questa secessione, quel che certo è che si tratta di un fatto inedito. Molto dipenderà dalla durata nel tempo di questi progetti di scuola in comune e dalle capacità di autogestione delle famiglie.
Quanto al giudizio sulle scuole parentali, mi pare sia un fenomeno da guardare con interesse e simpatia per due ordini di ragioni.
La prima è che nello stato attuale della società italiana è poco opportuno agire per un cambiamento dell’intera società. Molto più realistico difendere l’esistenza di un “resto” che custodisca i vecchi saperi e ne sviluppi di nuovi per essere pronti a ricostruire sopra le macerie. Come dall’esilio biblico a Babilonia il popolo d’Israele si è salvato grazie ad un suo resto rimasto devoto alla Legge così noi dovremmo sostenere un resto della società industriale per garantire un futuro oltre la catastrofe in corso.
Il secondo aspetto positivo è che in questo modo si può infrangere il tabù dell’autorità scolastica e della centralizzazione statale dell’educazione dei bambini. E’ un tabù finora riconosciuto e temuto quasi unanimemente, persino nell’ecologia politica, essendo pochi i pensieri pubblicati di una critica radicale all’istruzione di stato (un’eccezione di rilievo è rappresentato da Deschooling Society di Ivan Illich). Se è comune nell’ecologia politica sostenere il decentramento della produzione potrebbe essere altrettanto lecito pensare ad un decentramento della cultura e delle forme di educazione dei più piccoli. Se in tanti in Italia erano già pronti (almeno a parole) a sfidare le leggi dell’efficienza economica che centralizza la produzione ora se aggiungono altri pronti a sfidare il monopolio dell’educazione proprio delle istituzioni della società industriale. Una rivolta rischiosa che sarà accompagnata da molti insuccessi e fallimenti, ma benvenuta.
- L’Italia è ancor più della Francia posta sotto il dominio della tecnocrazia europea. Riusciranno gli italiani a riprendere il potere nel loro Paese? È possibile una forza politica attorno alle idee di decrescita?
Credo che l’Italia, in confronto con la Francia e con gli altri paesi dell’Europa occidentale, sia un paese politicamente molto debole e molto più soggetto di altri ad essere diretta dall’esterno. È un processo in corso già dagli anni ottanta e che tende ad aggravarsi con il peggioramento generale del contesto politico europeo. Gli ultimi dieci anni sono stati molto duri per noi e per il futuro tutto lascia intendere che la situazione peggiorerà.
Al momento non ci sono segnali di un’inversione di tendenza. La debolezza politica italiana produce una classe dirigente asservita agli interessi transnazionali, che a sua volta prende decisioni che indeboliscono ancora di più l’Italia. Esistono delle forze politiche di nuova costituzione che mirano a riportare le decisioni strategiche per gli italiani in Italia, ma si tratta di associazioni piccole e tra loro divise: non esiste ancora un’opposizione organizzata in grado di modificare il corso degli avvenimenti. L’ecologia politica e la decrescita non sono sviluppate come in Francia: è difficile immaginare nel futuro prossimo una forza politica istituzionale fatta per partecipare alle elezioni, riunita attorno alle idee della decrescita.
Molto spesso gli italiani vicini alle idee della decrescita hanno ritirato definitivamente la loro fiducia nel processo elettorale e nelle istituzioni statali che si legittimano a partire da esso. É molto più facile veder fiorire le idee della decrescita ai margini della società, nei progetti di autonomia scolastica e di vita in comune. Un certo numero di fallimenti in questi progetti sarà inevitabile, ma se questi saranno accompagnati anche da un buon numero di successi, da queste esperienze potrà nascere una soggettività politica vera, diffusa, efficace, che si esprimerà in forme nuove, probabilmente fuori dagli schemi elettorali di democrazia rappresentativa oggi presenti.
- Stai lavorando a una traduzione del capolavoro letterario di Bernard Charbonneau Je fus. Hai anche partecipato alla traduzione e alla distribuzione di altri autori francesi antiproduttivi come Jacques Ellul. L’Italia non ha generato tanti autori tecnocritici quanto la Francia?
Effettivamente in Italia non si sono sviluppate tradizioni culturali autoctone sulle quali poter fondare una critica come quella sviluppata nella vostra rivista. Oggi possiamo trovare numerosi autori italiani impegnati sulla critica del produttivismo tra tutti Maurizio Pallante, e delle tecnoscienze, in particolare il collettivo Resistenze al Nanomondo, anch’esso presente nella vostra rivista numero.
Fuori dall’attualità contemporanea in Italia solo Pier Paolo Pasolini e in campo artistico Giorgio Gaber sono stati autori di larga diffusione capaci con le loro opere di ispirare le generazioni future. Credo che una ragione si possa trovare nelle vicende storiche italiane. Rispetto alla Francia e ad altri stati europei l’Italia è un paese molto giovane, che ha avuto uno sviluppo industriale pieno solo a partire dal secondo dopoguerra. Lo sforzo intellettuale italiano nell’era contemporanea è stato di coniugare i nuovi valori espressi dall’industria con quelli ereditati dal cattolicesimo romano e dalla cultura tradizionale in genere. Durante “I trenta gloriosi”, quelli dove è stata scritta la maggior parte dell’opera di Ellul e Charbonneau la cultura italiana ha avuto scarso interesse sia per la cultura liberale classica, di stampo anglosassone, che stava forgiando le società occidentali a propria immagine e somiglianza , sia a maggior ragione per la loro critica radicale.
Nel 2022, dopo due anni di gestione tecnocratica dell’emergenza sanitaria e con un presidente del governo espressione esplicita delle elite finanziarie mondiali il tema della critica al produttivismo e alle tecno scienze si sta affermando con forza, avendo il potere tolto la maschera. Senza punti di riferimento culturali solidi è inevitabile scadere nel complottismo, rendendo gioco facile al potere di screditare ogni critica radicale dell’esistente, bollandola come ingenua e infantile. Il progetto di diffusione di Ellul e Charbonneau in Italia si inserisce in questo contesto, per dare spessore critico alla rivolta in corso.
- Un altro fenomeno ecologico che colpisce particolarmente l’Italia è la formazione di “cupole di calore” sempre più forti legate al riscaldamento globale. Come reagiscono gli italiani a questo altro disastro?
Gli italiani reagiscono al calore estivo … con l’aria condizionata! E l’effetto psicologico più negativo è che le persone passano l’estate rinchiudendosi in ambienti climatizzati dove gli spazi aperti diventano un luogo ostile, da evitare. Una situazione che pur nella sua ordinarietà ricorda i confinamenti della primavera e inverno 2020.
Di recente hanno fatto scalpore le parole del presidente del governo Mario Draghi pronunciate il 6 aprile scorso. Rispondendo direttamente ad un giornalista che chiedeva se il governo italiano era veramente intenzionato a disporre un embargo al gas russo ha chiesto: “lei preferisce la pace o il condizionatore acceso d’estate?”. La sobrietà nei consumi energetici è ora invocata dalle elite tecnocratiche in nome della guerra. Una beffa per noi sostenitori italiani della decrescita non facile da digerire.
Nella pianura del nord Italia dove vivo anche le persone più lontane dagli ambienti dell’ecologia riconoscono che il clima estivo è cambiato. Non solo dômes de chaleurs, ma anche temporali di tipo tropicale, con pioggia e vento di intensità mai vista in queste zone. Che le causa di queste variazioni sia attribuibile alle attività produttive dell’uomo è una constatazione di molti. Tuttavia non è ancora una ragione sufficiente per mettere in discussione l’assetto della società. Pare che la maggioranza delle persone, essendo diseducate alla libertà, attendano con impazienza una catastrofe per poter sentirsi autorizzate a cambiare idea: ma la decrescita dettata dalla necessità non ha nulla che a fare con la decrescita libertaria ispirata da Ellul e Charbonneau. Nulla tranne il nome.
Intervista da La Décroissance ad Alfeo Castorini
pubblicata sul numero della rivista 190, giugno 2022
http://www.ladecroissance.net/
Scusatemi, ma siete stolti su quanto riguarda il presunto cambiamento climatico?
Se nn riuscite a vedere come il clima viene manipolare con la geoingegneria,. Dovrei fidarmi di Voi. A meno che a parole dite una cosa e ne fate poi altro.
Qui nessuno è fesso.