Le vie strette della pace e lo spettro della guerra totale
di La Fionda (David Sabatino and L’indispensabile)
La minaccia nucleare è una minaccia che suona del tutto anacronistica. Eppure – ahinoi – è tragicamente presente. Il tempo per cercare una mediazione diplomatica e politica è stato impegnato per fomentare la guerra e per sollecitare gli istinti bellici-omicidi di tutti gli schieramenti in campo. Alla intimidazione dell’espansione della Nato ad Est, sta seguendo, oltre alla inaccettabile aggressione militare russa, l’allarme di una prossima ecatombe atomica. Il tutto nell’apparente “normalità” degli affari ordinari.
“L’orologio dell’apocalisse nucleare è a meno di cento secondi – scrive Franco Cardini – ed è adesso che bisogna fermare la guerra con la ragione, possibilmente salvando tutta l’Europa: Ucraina e Russia incluse”[1]. Ma nessuno Stato che a parole si dice “pacifista”, e che si fa vanto di battersi giorno e notte per i diritti umani, sembra convinto di potercela fare. Tutti ribadiscono rassegnati l’impossibilità di un’azione riparatrice, governativa o di semi-accordo (anche fosse al ribasso, per un primo momento, pur di evitare la distruzione totale). È come se secoli di dibattiti in punta di diritto internazionale sulla efficenza della diplomazia, non fossero valsi a nulla.
No, l’escalation deve continuare. La firma di Putin sui trattati per l’annessione di quattro regioni ucraine (Donetsk, Lugansk, Cherson e Zaporizhzhia), nonostante il disconoscimento da parte di Biden, dell’Europa e della nostra neo Presidente eletta Giorgia Meloni, segna un passo ulteriore nella direzioni di uno scontro militare mondiale. Dovremmo dunque attenderci “leggi marziali” anche nel nostro paese? Speriamo proprio di no. Anche se la notizia della pressione da parte di Zelensky affinché l’Ucraina entri subito a far parte della Nato – in modo esplicito – non è di certo un buon auspicio.
Lasciando da parte il terrore antico di Washington nei confronti di una possibile integrazione fra l’economia tedesca e l’economia russa (capitolo sempre aperto ed estremamente sottovalutato), anche l’esplosione del gasdotto nel Mar Baltico ha tutte le caratteristiche per essere una vera e propria provocazione. Degli americani? Chi può dirlo. Giustamente persino il Professor Orsini è molto cauto nel confermare tale ipotesi, ovvero che a sabotare il Nord Stream 1 e Nord Stream 2 siano stati proprio i nostri Alleati d’oltreoceano (magari tramite l’aiuto della Marina polacca, come dicono alcune fonti russe). La propaganda da entrambe le parti rende, di fatto, difficile confermare ogni ragionevole sospetto. Di sicuro – dice ancora Orsini – “se non interviene una trattativa fra gli Stati Uniti e la Russia – il Natale – sarà un inferno”[2]. E diciamo pure che fin ora ci ha sempre azzeccato.
Intanto noi cosa possiamo fare? Come possiamo vivere costantemente nel terrore, nell’ansia e nell’angoscia di finire presto o tardi dentro un tunnel di disastri economici, ambientali e bellici da fare impallidire la stagione pandemica appena trascorsa? La risposta non può che essere in parte soggettiva e in parte organizzativa. Ognuno di noi infatti potrebbe, se lo volesse, cominciare innanzitutto ad ammorbidire la propria rigidità fisica e mentale facendo, ad esempio, delle piccole pratiche quotidiane di respirazione consapevole e di alleggerimento della tensione muscolare ed emotiva. Abituarci a ragionare e a muoverci politicamente avendo prima silenziato il rumore di fondo dei pensieri reattivi, sta diventato un atto di vitale importanza. Dopodiché si potrebbe, sempre per fare un esempio, riscoprire il gusto della sana e lucida contestazione politica. Contestazione che, inoltre, ci viene garantita dall’articolo 21 della nostra Costituzione, ma che in pochi sembrano decisi ad esercitare consapevolmente.
Abbiamo bisogno di una denuncia antimilitarista compatta, ferma e inamovibile. Di un popolo ampio e trasversale che magari è stanco e indignato, ma che trova ancora la forza per gridare un secco no alla guerra in tutte le sue forme. Mantenere vigile la coscienza personale e collettiva non è un modo di dire: è esattamente ciò di cui ha bisogno una democrazia matura. Mobilitarsi e organizzare nuove forme di aggregazione pacifica e non violenta, ci permette di liberarci dall’alienazione del mondo social-digitale e di cominciare a costruire davvero le fondamenta della Città Nuova. Non sono affatto cose semplici, ne siamo tutti coscienti. Ma se pensiamo di rispondere alla sfida di quest’epoca replicando schemi e modelli preconfezionati, o confidando in soluzioni di basso profilo strategico e culturale, possiamo pure dare per certa una prossima sconfitta. Forse l’ultima. Il ruolo dell’Italia, nel bene e nel male, è decisivo. Infatti, pur essendo additato dal mainstream come paese “schiavo” del sistema debito europeo, resta comunque un interlocutore privilegiato, sia per un fronte che per l’altro. Occorre esserne sempre più consapevoli e dal punto di vista istituzionale e, soprattutto, dal punto di vista nostro, dell’opinione pubblica. Dobbiamo assolutamente frenare questa “galoppante eclissi della sovranità”[3] e recuperare immediatamente il baricentro costituzionale che esprime un netto ripudio nei confronti della guerra. Dobbiamo dire senza timore né alcun senso di colpa indotto che: è la pace l’unica via da perseguire! È la pace il nostro futuro!
Fonte: https://www.lafionda.org/2022/10/05/le-vie-strette-della-pace-e-lo-spettro-della-guerra-totale/
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